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domenica 20 marzo 2011

IL MALE E IL RIMEDIO


19. La vostra terra è dunque un soggiorno di gioia, un paradiso di delizie? La
voce del profeta non risuona dunque più alle vostre orecchie? Non ricordate che egli ha
detto che vi sarebbero stati pianti e stridor di denti per coloro che nascessero in questa
valle di lacrime? Vai che venite a vivere qui, aspettatevi dunque lacrime cocenti e pene
amare, e più i dolori saranno acuti e profondi più volgetevi a guardare il cielo e benedite
il Signore per le prove che vi manda!... O uomini, voi non riconoscerete, dunque, la
potenza del vostro Signore che quando avrà guarito le piaghe del vostro corpo e
coronato i vostri giorni con beatitudini e gioie! Non riconoscerete, dunque, il suo amore
che quando avrà adornato il vostro corpo con tutte le glorie e gli avrà restituito il suo
splendore e la sua bianchezza! Imitate quegli che vi fu dato ad esempio: arrivato
all’estremo dell’abiezione e della miseria, egli è steso su un letamaio e dice a Dio:
“Signore! ho conosciuto tutte le gioie dell’opulenza e voi mi avete ridotto alla più
profonda miseria: grazie, grazie, mio Dio, di aver voluto mettere alla prova fino in
fondo il vostro servitore!”. Fino a quando i vostri sguardi si arresteranno agli orizzonti
segnati dalla morte? Quando la vostra anima vorrà lanciarsi al di là dei limiti della
tomba? Ma anche se doveste piangere e soffrire per tutta la vita, che cosa è essa a
confronto con l’eternità di gloria che spetterà a colui che avrà subito la prova con fede,
amore e rassegnazione? Cercate, dunque, le consolazioni ai vostri mali nell’avvenire
che Dio vi prepara, e la causa dei vostri mali nel vostro passato, e voi che più soffrite,
consideratevi come i beati della terra.
Nello stato di disincarnati, quando eravate nello spazio avete scelto la vostra
prova perché vi siete creduti abbastanza forti per sopportarla: perché adesso mormorate?
Voi che avete chiesto la fortuna e la gloria, lo avete fatto per lottare contro la tentazione
e vincerla. Voi che avete domandato di dover lottare con lo spirito e col corpo contro il
male morale e fisico, lo avete fatto perché sapevate che quanto più la prova sarebbe
stata dura tanto più la vittoria sarebbe stata gloriosa, e che se voi ne foste usciti
trionfatori, anche se la vostra carne doveva essere gettata in un letamaio, al momento
della morte essa avrebbe emanato un’anima di un candore splendido e tornata pura
grazie al battesimo dell’espiazione e della sofferenza.
Quale è, dunque, il rimedio che si può offrire a quanti sono colpiti da crudeli
ossessioni e da mali cocenti? Solo un è infallibile: la fede e lo sguardo volto al cielo. Se
nel momento delle vostre sofferenze più crudeli, la vostra voce inneggerà al Signore,
l’angelo al vostro capezzale vi indicherà con la mano il segno della salute ed il luogo
che occuperete un giorno... La fede è il sicuro rimedio alla sofferenza: essa vi fa scorge
sempre gli orizzonti dell’infinito davanti ai qualli scompaiono i pochi giorni bui del
presente. Non chiedetevi più, dunque, quale rimedio si debba impiegare per guarire
questa o quella ulcera, questa o quella piaga, o tentazione o prova: ricordatevi che colui
che crede ha la forza del rimedio nella fede, e che colui che dubita un solo istante della
efficacia è subito punito perché nello stesso istante è colpito dalle pungenti angosce dell’afflizione.
Il Signore ha segnato con il suo suggello tutti coloro che credono in lui. Cristo ci
ha detto che è la fede che muove le montagne, ed io vi dico che colui che sofre ma è
sostenuto dalla fede sarà posto sotto la sua egida e non soffrirà più. I momenti di
maggiori dolori suoneranno per lui come le prime note di gioia dell’eternità. La sua
anima si distaccherà tanto dal suo corpo che mentre questo si torcerà nelle convulsioni,
essa si librerà nelle regioni celesti cantando con gli angeli gli inni di riconoscenza e di
gloria al Signore.
Felici coloro che soffrono e che piangono! Che le loro anime esultino nella
gioia, perché Dio le colmerà di doni.
(SANT’AGOSTINO, Parigi, 1863).

IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI (Allan Kardec)

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