CONTATORE VISITE

♥-BENVENUTI IN CHAT-- CLICCATE SUL NIK CHE VI DA LA CHAT E INSERITE IL VOSTRO NOME , GRAZIE ♥

sabato 30 luglio 2011

CAUSE SPIRITUALI DELLE MALATTIE

 (domande e risposte )

1. cosa forma spiritualmente il corpo carnale?
Il corpo spirituale o perispirito è il corpo basilare, formato da materia lieve, su cui si forma il corpo carnale.
2. L'errore di un'incarnazione passata può influire sull'incarnazione presente e predisporre il corpo alle malattie? In che modo?
La causa profonda della maggior parte delle malattie risiede nella struttura semi-materiale del corpo spirituale. Se lo spirito ha commesso errori in qualche settore dell'esperienza evolutiva, indebolisce il corpospirituale con squilibri o disfunzioni che lo predispongono a contrarre malattie diverse, a seconda dell'organo colpito.
3. Quali sono i due aspetti della Giustizia?
La Giustizia sulla Terra punisce semplicemente la crudeltà palese, le cui conseguenze si manifestano in aree di interesse pubblico, danneggiano la vita e inducono al crimine; tuttavia questo è solo il suo aspetto esteriore, poiché la Giustizia è la manifestazione costante della legge Divina nei processi evolutivi e nelle attività della conscienza..
4. Qual è la relazione esistente tra le malattie e la Giustizia?
E imperioso osservare come la Giustizia si rivela, nell'evolversi delle infermità. con tutto il suo potere rigenerante per sanare i mali che noi alimentiamo.
5. Cosa fa lo spirito prima di reincarnarsi, in vista del proprio miglioramento?
Prima della reincarnazione noi stessi, sotto la nostra responsabilità, analizziamo i punti vulnerabili della nostra anima, e chiediamo che ci vengano concessi, per il nostro stesso bene, difetti fisici che ci rendano immuni dalla possibilità di ricadere negli errori già commessi in passato.

TRATO DAL LIBRO LEGGI D'AMORE

Conseguenti danni tanto immediati quanto remoti(fughe psicologiche)


L'abitudine di evitare responsabilità e doveri che sembrano insopportabile conduce l'individuo a una falsa situazione di comodo, evidenziata dalla condotta superficiale e infantile.
Tutti gli essere umani vivono per realizzare la crescita interiore, la propria identificazione.
Inutilmente si cerca di ingannare quanto imposto dal progresso, che è il ricorso atto alla conquista del Sé più profondo e di tutte le sue pontenzialità. Quando per qualche ragione ci si decide per l'accomodante già fatto o già conosciuto, ci viene meno l'energia vitalizzatrici e si impoverisce la nostra esistenza, che ha come fine precipuo il nostro arricchimento attraverso il sapere.
In questo modo i meccanismi di fuga psicologica quasi sempre candidano il paziente a uno stato di incongruenze morali, frutto della costante evasione dalla realtà verso un universo di fantasia, dove tutto si realizza magicamente, utopicamente. Questa immaturità emozionale fa perdere l'interesse per quei nobili ideali che hanno assoluta necessità di un atteggiamento adeguato e di lotta continua, non permettendo l'accesso a comportamenti alienanti o di discolpa.
La colpa ancestrale, fissata nell'inconscio dell'individuo, esercita una grande pressione sulla condotta attuale, incitando all'evasione dalla realtà, all'elusività dai grandi impegni, tormentando costantemente la sua vittima, e sempre in attesa di qualcosa che possa perturbala.
Ignorare la responsabilità, in un certo senso annullarla. Al contrario, è solo un differire di tempo e di luogo, verso future e inevitabili vicissitudini, verso situazioni dolorose dovute all'imposizione della reincarnazione.
Dal punto di vista psicologico, l'individuo stess perde l'autostima e si considera incapace di una qualsiasi realizzazione che comporti uno sforzo, abituato com'è ad arrendersi di fronte qualsiasi impiego di forze fisiche, moralio intellettuali.
Col tempo diventa sgradevole, ritenendosi non amato, sempre tradito dagli amici, tenuto fuori dalle imprese che si realizzano intorno a lui, accumulando così dispiaceri e dissapori assolutamente ingiustificabili.
Certamente la maggior parte delle persone non riesce a stabilire rapporti fraterni con quelli che diventano negligenti, con quelli sui quali non si può contare nei momenti difficili, che rimandano sempre le decisioni... Dopo un certo periodo di tolleranza, le persone si allontanano, cercando i loro simili in spiriti combattivi, coraggiosi e intraprendenti, ai quali si affezionano.
I primi sono tenuti in considerazione di infermi, più bisognosi di compassione che di amicizia, mentre i secondi sono ritenuti dei compagni, in quanto partecipi di compiti e convivenze di vario tenore.
La ricerca dell'armonia è inevitabile nell'essere umano. Pertanto goderne costituisce per lui un'impresa nella quale si deve impegnare con autentico sentimento.
Sapendo che si tratta di un beneficio di ampia portata, l'impegno di forze e di emozioni costituisce, senza dubbio, un fenomeno naturale che non può essere considerato un sacrificio.
Ogni eroe, anche quando cada in battaglia, in realtà non dovrebbe essere catalogato come vittima per il suo sacrificio. Il suo gesto di donare la vita è per lui motivo di gioia, è una conferma della nobiltà di ideali che vibra nel suo mondo intimo. Si narra che a Solone, a quel tempo il più grande sapiente della Grecia, durante un banchetto offertogli dal re Creso, a Sardi, capitale della Lidia, il monarca, considerato l'uomo più ricco del mondo in quel momento, avrebbe domandato chi fosse l'uomo più felice della Terra, secondo la sua opinione di illustre viaggiatore.
Senza scomporsi, il pensatore, dopo essere stato nella sala dei tesori reali, riferì di aver consciuto ad Atene un giovane di nome Telo che, dopo essersi preso cura della madre inferma fino alla sua morte, dedicò il resto dell'esistenza alla difesa della sua città.
Alquanto frustrato, il vanitoso re tornò alla carica chiedendogli chi fosse allora il secondo uomo più felice del pianeta, ricevendo un'altra risposta deludente allorché Solone affermò che aveva conosciuto ad Atene due giovani la cui esistenza era stata nobilitata dall'elevato livello morale e dalla grandezza dei sentimenti, essendosi esse immolati per difendere la loro città...
Sentendosi dunque sottovalutato, il re Creso, che confondeva il potere con l'armonia, intima propiziatrici di felicità, non nascose il disprezzo con cui prese atrattare l'ospite, avendolo sentito dire di non dimenticarsi mai del castigo del tempo, ossia della precarietà della vita, che altera comportamenti, avveniementi e circostanze in modo tanto sorprendente quanto inatteso.
... E Creso, nella sua tragica guerra contro Ciro, re dei Persiani, vide la sua città incendiata e i suoi tesori saccheggiati. Lui stesso, catturato e portato al rogo, accennò a Solone nell'esatto momento in cui passava il conquistatore che, simpatizzando per il filosofo, volle sapere il motivo per cui egli affermava che il saggio aveva ragione. creso gli spiegò ciò che era successo, e Ciro ebbe compassione del vinto e lo liberò, mentre esclamava disperare di ricevere, se un giorno si fosse trovato nella stessa situazione di Creso, la stessa indulgenza dal suo trionfatore.
Ciro lo nominò suo aiutante, e in tale veste Creso svolse rilevanti uffici e rimase in servizio presso la corte persiana anche dopo la morte di Ciro, quando gli succedette il figlio Cambise...
Il castigo del tempo è l'inesorabilità del progresso, delle trasformazioni incessanti a cui tutto e tutti sono sottoposti.
Pertanto, i meccanismi di fuga dalle responsabilità e dal dovere tormentano solamente coloro i quali vi si consegnano inermi, quando sarebbe più fattibile e appropriato lottare tenacemente, superando i limiti e imponendo la volontà di fronte a timori e conflitti. Attraverso questa condotta si travarebbe certamente l'autorealizzazione e la pace.

Tratto del libro conflitti esistenziali( Divaldo franco e joana de angelis)