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venerdì 29 aprile 2011

BEATI I PURI DI CUORE--Beati coloro che hanno gli occhi chiusi


Se ogni atto umano parte dal cuore, è ovvio che, per fare il bene, occorre avere un cuore buono. Gesù parla di cuore puro, di “puri di cuore”. Quand’è che il cuore è puro? Quando vuole e cerca tutto e solo il bene.
Non è puro un cuore che, invece di cercare il bene, va dietro al denaro, cerca il piacere, mette al primo posto il proprio “io”, con orgoglio ed egoismo.
La ricerca della purezza di cuore non va posta esclusivamente – come succede di solito nel linguaggio corrente – nel modo di vivere la dimensione sessuale. Non sono “atti impuri” solo quelli che vanno contro un retto uso della sessualità; sono impurità di cuore anche gli affetti disordinati (amare il cagnolino più che un proprio parente, amare abiti eleganti, da cambiare ogni giorno, cercare l’amicizia di persone influenti o importanti...). Sono impurità di cuore anche certi modi di vivere in famiglia con preferenze per uno e mugugni con un altro, oppure certi tipi di rapporti affettivi fondati sul “tu mi piaci” e non sul “faccio della mia vita un dono per te”.
Ma più che elencare le impurità di cuore, è meglio individuare le vie di una purezza generosa: educare al bene, onorare le persone rette, mettersi a disposizione con sacrificio, saper scoprire le virtù del prossimo.
Nei rapporti con il Signore: una preghiera è pura quando è generosa e disinteressata, quando accetta la croce dalle mani di Gesù e, nei momenti di sconforto, si abbandona alla sua grazia.
Insomma, il nostro cuore va educato, e tale educazione non possiamo attuarla se non imparando da Gesù “mite e umile di cuore” (Matteo 11,29).
Purezza vuol dire limpidezza, vuol dire chiarezza, e quindi sincerità. Attorno a questa virtù, forse, i cristiani riflettono poco, mentre Gesù ci ha insegnato: “La lampada del tuo corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è schietto, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Dunque, se la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tua tenebra!” (Matteo 6,22-23).
Cuore puro, cuore schietto. Cuore non puro, cuore tenebroso, menzognero, ipocrita. Se sappiamo mirare alla purezza, alla semplicità, alla trasparenza, alla luminosità, noi non solo vedremo Dio, ma, attraverso la nostra purezza, Dio si manifesterà ai nostri fratelli!
Don Rodolfo Reviglio

Beati coloro che hanno gli occhi chiusi (3)

20. Miei cari amici, voi mi avete chiamato, ma perché? È forse per farmi
imporre le mani sulla povera sofferente che è qui, e guarirla? Ah, che sofferenza, mio
Dio! Ha perduro la vista e per lei non ci sono che tenebre. Povera figlia! Preghi e speri:
io non sono capace di far dei miracoli, io, senza la volontà del buon Dio. Tutte le
guarigioni che ho potuto ottenere, e che voi conoscete, attribuitele soltanto a colui che è
il nostro Padre comune. Nelle vostre afflizioni, dunque, guardate sempre verso il cielo e
dite nel profondo del vostro cuore: “Padre mio, guaritemi, ma fate che la mia anima
ammalata sia guarita insieme alle infermità del mio corpo; che la mia carne sia castigata
se occorre, purché la mia anima s’innalzi verso voi con il candore che aveva quando
l’avete creata”. Miei buoni amici, dopo questa preghiera che il buon Dio ascolteri
sempre, vi saranno dati la forza e il coraggio, e forse anche quella guarigione che voi
non avrete domandata che timidamente, a ricompensa della vostra abnegazione.
Ma poiché sono qui, in questa assemblea in cui si tratta prima di ogni cosa di
studiare, vi dirò che coloro che sono privati della vista dovrebbero considerarsi come i
beati dell’espiazione. Ricordatevi che Cristo ha detto che bisognava cavare il vostro
occhio, se era malvagio, e gettarlo nel fuoco, piuttosto che fosse la causa della vostra
dannazione. Ahimé! Quanti ve ne sono sulla vostra terra che un giorno, nelle tenebre,
malediranno di aver visto la luce! Oh! sí, come sono felice coloro che, nell’espiazione,
sono colpiti nella vista! il loro occhio non sarà per loro ragione di scandalo e di caduta,
possono vivere interamente la vita delle anime, possono vedere più di quanto vedete voi
che avete la vista... Quando Dio mi permette di andare a sollevare le palpebre di
qualcuno di questi poveri sofferenti e di rendergli la luce, mi dico: Anima cara, perché
non conosci le delizie dello Spirito che vive di contemplazione e di amore? Tu non
domanderesti di vedere delle immagini meno pure e meno soavi di quelle che ti è dato
d’intravedere nella tua cecità.
Oh sí! Beato il cieco che vuol vivere con Dio; più felice di voi che siete qui,
sente la felicità, la tocca, vede le anime e può slanciarsi con esse nelle sfere che i
predestinati della vostra stessa terra, non vedono. L’occhio aperto è sempre pronto a far
peccare l’anima, l’occhio chiuso, invece, è sempre pron-to a condurla verso Dio.
Credetemi davvero, miei buoni e cari amici, la cecità degli occhi è spesso la vera luce
del cuore, mentre la vista è sovente l’angelo tentatore che vi guida verso la morte.
E adesso, qualche parola per te, mia povera sofferente: spera e abbi coraggio! Se
io ti dicessi, figlia mia, i tuoi occhi rivedranno, adesso, quanto saresti felice! E chi sa se
questa gioia non sarebbe la tua perdita? Abbi fiducia nel buon Dio che ha fatto la felicità
ed ha permesso la tristezza! Farò per te tutto ciò che mi sarà permesso, ma tu, a tua
volta, prega, e soprattutto rifletti a ciò che ti ho detto ora.
Prima che io me ne vada, voi tutti che siete quí, riceverete la mia benedizione.
(VIANNEY, curato d’Ars, Parigi, 1863).

21. Osservazione. Quando un’afflizione non è una conseguenza delle azioni
della vita presente, occorre cercarne la causa in una vita anteriore. Quelli che si
chiamano i capricci del fato, non sono altro che i risultati della giustizia di Dio. Dio non
infligge mai punizioni arbitrarie, vuole sempre che fra la colpa e la punizione vi sia
correlazione. Se, nella bontà, ha posto un velo sopra le nostre azioni passate, ci dà
tuttavia una indicazione dicendo: “Chi di spada ferisce, di spada perisce”, parole che si
possono tradurre cosí: “Si è sempre puniti là dove si è peccato”. Se, dunque, qualcuno è
afflitto dalla perdita della vista, vuol dire che la vista è stata per lui la causa del fallo.
Forse è stato lui la causa della perdita della vista di un altro; forse qualcuno è diventato
cieco a causa dell’eccesso di lavoro che gli è stato imposto, o dei cattivi trattamenti,
della mancanza di cure, ecc... Allora egli subisce la pena analoga. Può darsi che lui
stesso, nel suo pentimento, abbia scelto questa espiazione, applicando a se stesso questa
parola di Gesù: “Se il tuo occhio ti è di scandalo, cavalo e gettalo via da te”.

(1) Le parole “questa generazione infedele e perversa”, nella traduzione francese
usata da Kardec suonano cosí: “questa razza adultera e peccatrice” Ecco perché Kardec
parla di adulterío e non di infedeltà. Ma il senso non cambia. (N.D.T.)
(2) Le parole fra parentesi in corsivo, non esistono nel Vangelo di San Matteo in
edizione italiana. Lo precisiamo a scanso di equivoci. (N.d.T.).
(3) Questa comunicazione è stata data a proposito di una persona cieca per la
quale era stato evocato lo Spirito di J. B. Vianney, curato di Ars.

IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI  (Allan Kardec) 

SCANDALI --- Se la tua mano ti e di scandalo , Tagliala


11. Ma se qualcuno scandalizzasse uno di questi piccoli, che credono in me,
sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina da asino e venisse
sommerso nel fondo del mare.
Guai al mondo per gli scandali! È necessario, però, che vi siano degli scandali;
ma guai a quell’uomo per cui avviene lo scandalo!
Se la tua mano o il tuo piede ti è di scandalo, tagliali e gettali via da te: è meglio
per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani e due piedi, ed essere
gettato nel fuoco eterno. E se l’occhio tuo ti è di scandalo, cavalo, e gettalo via da te: è
meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato
nella Geenna del fuoco.
Guardatevi di non disprezzare nessuno di questi piccoli, perché io vi dico che i
loro Angeli nei cieli vedono continuamente la faccia del Padre mio che è nei cieli
(perché il Figlio dell’uomo è venuto a salvare ciò che era perduto). (San Mat-teo, Cap.
XVIII, versetti da 6 a 10; Cap. V, versetti 29 e 30) (2).

12. Si chiama scandalo in genere ogni azione che urta la morale o la decenza in
modo evidente. Lo scandalo non consiste nell’azione ma nel rumore che essa può
suscitare. La parola scandalo implica sempre l’idea di una vasta eco. Molte persone si
accontentano di evitare lo scandalo per ragioni di orgoglio e perché ne deriverebbe una
diminuzione della considerazione di cui godono fra gli uomini; per loro è sufficiente che
le loro turpitudini siano ignorate, perché la loro coscienza non li rimproveri. Sono,
secondo !e parole di Gesù, “dei se-polcri imbiancati di fuori ma dentro pieni di
putredine: dei vasi puliti di fuori e sporchi dentro”.
Ma nel senso evangelico, l’accezione della parola scandalo che è impiegata tanto
spesso, è assai più ampia: ecco perché non se ne comprende il significato in alcuni casi.
Non si tratta più soltanto di ciò che offende la coscienza degli altri, ma del risultato dei
vizi e delle imperfezioni degli uomini, di ogni reazione malvagia da individuo a
individuo, è l’efleuivo risultato del male morale.
13. È necessario però che vi siano degli scandali, ha detto Gesù, perché gli
uomini sulla terra essendo imperfetti, sono portati a fare il male, e l’albero cattivo dà
frutti cattivi. Queste parole indicano dunque che il male è una conseguenza della
imperfezione degli uomini, e non che essi siano obbligati a farlo.
14. È necessario che lo scandalo accada, perché gli uomini: essendo in
espiazione sulla terra, si puniscano da loro stessi col contatto con i loro vizi di cui sono
le prime vittime, e di cui finiscono per capire i danni. Quando saranno stanchi di soffrire
a causa del male, cercheranno il rimedio nel bene. La reazione a questi vizi serve,
quindi, agli uni da castigo ed agli altri da prova: cosí Dio fa nascere il bene dal male,
anche se gli uomini stessi utilizzano ciò che è cattivo o di scarto.
15. Se le cose stanno cosí, si dirà, il male è necessario e durerà sempre, perché se
scomparisse, Dio sarebbe privato di un potente mezzo di castigo per i colpevoli. Allora
è inutile cercar di migliorare gli uomini. Ma se non ci fossero più colpevoli non ci
sarebbe piú necessità di castighi. Supponiamo che l’umanità sia trasformata tutta in
uomini dabbene, allora nessuno cercherà più di fare del male al suo prossimo e tutti
sarebbero felici perché sarebbero buoni. Questo è, in realtà, lo stato dei mondi
progrediti, nei quali il male è escluso; tale sarà lo stato della terra quando sarà
sufficientemente progredita. Ma, mentre taluni mondi progrediscono, se ne formano
altri, popolati da Spiriti primitivi, e che servono anche da abitazione, da esilio o di
luoghi d’espiazione per gli Spiriti imperfetti, ribelli, pervicaci nel male e che sono
respinti da quei mondi che sono diventati felici.
16. Ma guai a quell’uomo per cui avviene lo scandalo: ossia il male essendo
sempre male, colui che serve a sua insaputa da strumento per la giustizia divina, che ne
ha utilizzato i cattivi istinti, ha fatto lo stesso il male e deve essere punito. Cosí per
esempio, un figlio ingrato è una punizione per il padre che ne soffre, perché questo
padre è forse stato anche lui un cativo figlio che ha fatto soffrire suo padre, e subisce
cosí la pena del taglione. Cionondimeno il figlio non ne è più scusabile, e dovrà soffrire
a sua volta, nei suoi figli o in altro modo.
17. Se la tua mano ti è di scandalo, tagliala; energica metafora che sarebbe
assurdo prendere alla lettera e che significa semplicemente che bisogna distruggere in se
stessi ogni causa di scandalo, ossia il male. Occorre strappare dal proprio cuore ogni
sentimento impuro, ogni principio vizioso; il che vuol dire che se la sua mano fosse per
lui lo strumento di una cattiva azione, sarebbe meglio che gli fosse stata tagliata, che
fosse stato privato della vista, se i suoi occhi gli avessero fatto avere cattivi pensieri. Per
chi comprende il senso allegorico profondo delle sue parole, Gesù non ha detto nulla di
assurdo: ma molte cose non si possono capire se non con la chiave che ne dà lo
spiritismo.

IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI   (Allan Kardec)

PECCATI DI PENSIERO -- ADULTERIO


5. Voi sapete che è stato detto: Non commettere adulterio. Ma io vi dico che
chiunque avrà guardato una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei,
nel suo cuore. San Matteo, Cap. V, versetti 27 e 28).

6. La parola adulterio non deve qui essere intesa nel senso esclusivo della sua
normale accezione, ma in un senso più generale: Gesù l’ha impiegata spesso per
designare il male, il peccato ed ogni cattivo pensiero come, per esempio, in questo
passaggio: “Poiché chi si vergognera di me e delle mie parole, in mezzo a questa
generazione infedele e perversa, il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà
nella gloria del suo Padre con gli Angeli santi”. (San Marco, Cap. VIII, versetto 38) (1).
La vera purezza non è soltanto negli atti, ma è anche nel pensiero, perché colui
che ha il cuore puro non pensa al male: è questo che ha voluto dire Gesù, condannando
il peccato anche nel pensiero perché è un segno d’impurità.
Questo principio fa sorgere naturalmente un altro interrogativo: Si subiscono le
conseguenze di un cattivo pensiero, anche se non è seguito da atti?
Bisogna fare qui un’importante distinzione. A misura che anima, che era entrata
nella cattiva via, avanza verso la vita spirituale, si illumina e si spoglia a poco a poco
delle sue imperfezioni, a seconda della maggiore o minore buona volontà che impiega,
seguendo il suo libero arbitrio. Ogni pensiero cativo è, dunque, il risultato della
imperfezione dell’anima: ma a cagione del desiderio che essa ha concepito di
purificarsi, questo cattivo pensiero stesso diviene per lei un’occasione di progresso,
poiché lo respinge energicamente. È l’indizio di una macchia che si sforza di cancellare:
se si offre l’occasione di soddisfare um desiderio peccaminoso, non cederà, e dopo che
avrà resistito, si sentirà più forte e lieta della sua vittoria.
Al contrario, l’anima che non ha preso buone risoluzioni, cerca l’occasione, e se
non compie l’atto peccaminoso non è a causa della sua volontà, ma del fatto che le è
mancata l’occasione: è dunque altrettanto colpevole come se avesse com-messo l’atto.
In sintesi: nella persona che non concepisce nemmeno l’idea del male, il
progresso è già compiuto; in quella cui questo pensiero viene ma è respinto, il progresso
si sta compiendo; in quella, invece, che di questo pensiero si compiace, il male ha
ancora tutta la sua forza. Nell’una il lavoro è già fatto, nell’altra è ancora da fare. Dio,
che è giusto, tiene conto di tutte queste sfumature nel vagliare la responsabilità delle
azioni e dei pensieri dell’uomo.

IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI   (Allan Kardec)

SEMPLICITA' E PUREZZA DI CUORE



1. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. (San Mateo, -Cap. V, versetto 8).

2. E gli conducevano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli sgridavano
quelli che glieli presentavano. Gesù, veduto questo, s’indignò e disse loro: “Lasciate
venire a me i bambini e non glielo impedite: perché il regno di Dio è di quelli che son
simili a loro. In verità vi dico, chi non rieverà il regno di Dio come un fanciullo, non
c’entrerà”. Poi li abbracciò e li benedisse, imponendo loro le mani. (San Marco. Cap. X,
versetti da 13 a 16).

3. La purezza di cuore è inseparabile dalla semplicità e dall’umiltà. Essa esclude
ogni pensiero d’egoismo e d’orgoglio: perciò Gesù prende l’infanzia quale emblema di
questa pureza, come l’ha presa per emblema dell’umiltà.
Questo paragone potrebbe non sembrare giusto se si considera che lo Spirito del
bambino può essere antichissimo e che, rinascendo alla vita corporea, porta con sé le
imperfezione di cui non si è liberato nelle sue precedenti esistenze: solo uno Spirito
arrivato alla perfezione potrebbe costituire il tipo della vera purezza. Ma è giusto dal
punto di vista della vita presente, perché il fanciullo, non avendo potuto ancora
manifestare nessuna tendenza perversa, ci offre l’immagine dell’innocenza e del
candore. Cosí Gesù non dice affatto che il regno di Dio è per loro, ma per coloro che
sono simili a loro.
4. Dato che lo Spirito del bambino è già vissuto, perché, fin dalla nascita, non si
mostra quale è? Tutto è saggio nelle opere di Dio. Il bambino ha bisogno delle delicate
cure che solo la tenerezza materna può avere per lui, e questa tenerezza è accresciuta
dalla debolezza e dall’ingenuità che egli ha. Per una madre, suo figlio è sempre um
angelo, e doveva essere cosí per accattivarsi la sua sollecitudine; la madre non avrebbe
potuto avere per lui lo stesso abbandono se, invece della ingenua grazia, avesse trovato
in lui, con lineamenti infantili, un carattere virile, e le idee di un adulto. Meno ancora, se
avesse conosciuto il suo passato.
D’altronde, bisognava che l’attività del principio intelligente fosse proporzionata
alla debolezza del corpo che non avrebbe potuto resistere ad una eccessiva attività dello
Spirito, come appare chiaro dai soggetti troppo precoci. È per questo che, fin dall’inizio
dell’incarnazione, lo Spirito, entrando in un periodo di turbamento, perde a poco a poco
la coscienza di sé: in questo periodo è come in una specie di sonno, durante il quale le
sue facoltà restano allo stato latente. Questo state transitorio è necessario per dare allo
Spirito un nuovo punto di partenza e fargii dimenticare, nella sua nuova esistenza
terrestre, le cose che avrebbero potttto ostacolarlo. Il suo passato, tuttavia, reagisce in
lui; rinascerà alla vita più grande, più forte, moralmente e intellettualmente, sostenuto
ed assecondato dall’intuizione che conserva dell’esperienza acquisita.
A cominciare dalla nascita, gradualmente, le sue idee riprendono il loro slancio
sviluppandosi in pari tempo allo sviluppo degli organi: si può dire, quindi, che durante i
primi anni di vita lo Spirito è veramente infantile perché le idee che formeranno il fondo
del suo carattere sono ancora assopite. Nel tempo in cui i suoi istinti sonnecchiano, è più
agile e, in conseguenza, più accessibile alle impressioni che possono modificare la sua
natura e farlo progredire, il che rende più facile il loro compito ai genitori.
Per un certo tempo lo Spirito riveste dunque l’abito dell’innocenza, e Gesù è nel
vero quando, malgrado il fatto che l’anima abbia già vissuto, prende il bambino a
emblema della purezza e della semplicità.

IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI   (Allan Kardec)

CHE COSA BISOGNA INTENDERE PER BEATI I POVERI DI SPIRITO


1. Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli! (San Matteo, Cap.
V, versetto 3).

2. L’incredulità si è divertita con questa massima: “Beati i poveri in spirito”,
come con molte altre cose, senza capirle. Per poveri in spirito, Gesù non intendeva gli
uomini di scarsa intelligenza, ma gli umili: egli dice che il regno dei cieli è loro e non
degli orgogliosi.
Quelli che, secondo il mondo, sono uomini di scienza e di spirito, hanno
un’opinione cosí alla di loro stessi e della loro superiorità che considerano le cose
divine come indegne della loro attenzione: i loro sguardi, concentrati sulla loro persona,
non possono elevarsi fino a Dio. Questa tendenza a giudicarsi al di sopra di tutto, troppo
spesso li porta a negare ciò che, essendo al di sopra di loro, potrebbe abbassarli, a
negare perfino la Divinità. O, se accettano di ammetterla, vogliono con-testare alla
Divinità una delle sue più belle attribuzioni, la sua azione provvidenziale sulle cose di
questo mondo, poiché sono persuasi che bastano loro a governarlo bene. Prendono la
loro intelligenza per la misura dell’intelligenza universale e si ritengono atti a capire
tutto, cosí non riescono a credere alla possibilità di ciò che non capiscono: quando è
pronunciato, il loro giudizio é senza appello.
Se si rifiutano d’ammettere il mondo invisibile e una potenza extraumana, non è
tuttavia che questo sia al di sopra della loro portata, ma é che il loro orgoglio si rivolta
all’idea di qualcosa al di sopra della quale non possono collocarsi e che li farebbe
discendere dal loro piedistallo. Ecco perché non hanno che sorrisi di disprezzo per tutto
ciò che non appartiene al mondo visibile e tangibile: si attribuiscono troppo intelletto e
troppa scienza per credere a cose che, secondo loro, valgono soltanto per le persone
semplici e giudicano coloro che le prendono sul serio come dei poveri di spirito.
Qualsiasi cosa ne dicano, ciononostante, dovranno pur entrare come tutti in
questo mondo invisibile che deridono: allora i loro occhi saranno aperti ed essi
riconosceranno il loro errore. Ma Dio, che é giusto, non può ricevere con eguale favore
colui che ha misconosciuto la sua potenza e colui che si è umilmente sottomesso alle
sue leggi, né può far loro lo stesso trattamento.
Dicendo che il regno dei cieli è per i semplici, Gesù vuol dire che nessuno vi
può essere ammesso senza la semp!icità del cuore e l’umiltà dello spirito; che
l’ignorante che possiede questa qualità sarà preferito al sapiente che crede più in se
stesso che in Dio. In ogni circostanza, Gesù pone l’umiltà nel novero di quelle virtù che
avvicinano a Dio e l’orgoglio fra i vizi che allontanano da Dio. E questo per una ragione
naturalissima: che l’umiltà é un atto di sottomissione a Dio, mentre l’orgoglio è una
ríbellione a lui. Per la felicità dell’uomo, dunque, è molto meglio essere poveri in
spirito, nel senso mondano, e ricchi in qualità morali.

IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI (Allan Kardec)

PROVE VOLONTARIE -- Il vero ciclo



26. Voi domandate se è permesso di mitigare le proprie prove: è una domanda
simile a questa: è permesso a chi sta annegando di cercare di salvarsi? a chi ha una spina
nel piede, di tentare di toglieria? a chi è ammalato di chiamare il medico? Le prove
hanno lo scopo di esercitare l’intelligenza, tanto quanto la pazienza e la rassegnazione:
un uomo può nascere in una posizione penosa e imbarazzante, proprio per obbligarlo a
cercare i mezzi per vincere le difficoltà. Il merito consiste nel sopportare senza lagnarsi
le conseguenze dei mali che non si possono evitare, nel perseverare nella lotta, nel non
disperarsi se non si riesce; non nel lasciar correre, perché più che virtù sarebbe pigrizia.
Questa domanda ne comporta naturalmente un’altra. Poiché Gesù ha detto:
“Beati gli afflitti”, c’è del merito nel cercare le afflizioni, aggravando le prove con delle
sofferenze volontarie? Vi risponderò molte chiaramente: sí, vi è un gran merito quando
sofferenze e privazioni hanno il fine del bene del prossimo, perché allora è carità fatta
per mezzo del sacrificio; non v’è nessun merito quando non hanno altro scopo che se
stessi, perché allora non è che fanatico egoismo.
Occorre fare qui una profonda distinzione: per voi, personalmente,
accontentatevi delle prove che vi manda Dio e non aumentatene il peso che è già,
talvolta, cosí greve; accettatele senza lagnarvi e con fede, è tutto ciò che egli vi chiede.
Non indebolite il vostro corpo con privazioni inutili e macerazioni senza scopo, perché
avete bisogno di tutte le vostre forze per compiere la vostra missione che è il vostro
lavoro sulla terra. Torturare e martirizzare voluntariamente il vostro corpo è
contravvenire alla legge di Dio, che vi dà i mezzi per sostenerlo e fortificarlo;
indebolirlo senza necessità è un vero suicidio. Usate, ma non abusate: questa è la legge:
l’abuso, anche delle cose migliori, comporta una punizione a causa delle sue inevitabili
conseguenze.
Tutt’altro è ciò che riguarda le sofferenze che ci si impone per alleviarne il
prossimo. Se voi sopportate il freddo e la fame per riscaldare e nutrire chi ne ha
bisogno, e se il vostro corpo ne soffre, ecco che questo sacrificio è benedetto da Dio.
Voi che abbandonate i vostri salotti profumati per recarvi a portare consolazioni negli
abbaini graveolenti; voi che insudiciate le vostre mani delicate curando le piaghe; voi
che vi private del sonno per vegliare al capezzale di un ammalato che non è vostro
fratello che in Dio; voi, infine, che consumate la vostra salute nell’esercizio delle opere
buone, ecco il vostro cilicio. Un vero cilicio di benedizione, perché le gioie del mondo
non hanno affatto reso insensibile il vostro cuore; non vi siete lasciati cullare dalle
snervanti voluttà della fortuna, ma avete voluto essere gli angeli consolatori dei poveri
diseredati.
Ma voi, che vi ritirate dal mondo per evitarne le seduzioni e vivere
nell’isolamento, quale è la vostra utilità sulla terra? dove è il vostro coraggio nelle
prove, visto che fuggite la lotta e disertate il combattimento? Se volete un cilicio,
applicatelo alla vostra anima e non al vostro corpo; mortificate il vostro Spirito e non la
vostra carne; fustigate il vostro orgoglio; ricevete le umiliazioni senza lamentarvi;
calpestate il vostro amor proprio; irrigidirevi contro il dolore dell’ingiuria e della
calunnia, più acuto dei dolori fisici. Ecco il vero cilicio in cui piaghe vi saranno contate
come meriti, poiché saranno la dimostrazione del vostro coraggio e della vostra
sottomissione ai voleri di Dio. (UN ANGELO CUSTODE, Parigi, 1863).

27. Si deve porre un termine alle prove del prossimo, quando si può, o, per
rispetto ai disegni di Dio, bisogna lasciarle seguire il loro corso?
Abbiamo detto e ripetuto spesso che siete su questa terra d’espiazione per
compiere le vostre prove, e che tutto quello che vi succede è una conseguenza delle
esistenze anteriori, è l’interesse del debito che dovete pagare. Ma questo pensiero
provoca presso certuni delle riflessioni che è necessario interrompere perché potrebbero
avere funeste conseguenze.
Alcuni pensano che, dal momento che si è sulla terra per espiare, bisogna che le
prove facciano il loro corso. Ce ne sono perfino di quelli che arrivano a credere che non
soltanto non si deve far nulla per attenuarle, ma che, al contrario, bisogna contribuire
affinché dovengano più utili rendendole più energiche. È un grave errore. Sí, le vostre
prove debbono seguire il corso tracciato da Dio, ma, questo corso, voi lo conoscete?
Sapete fino a qual ponto debbano giungere, e se il vostro Padre misericordioso non ha
detto alla sofferenza di questo o quello dei vostri fratelli: “Tu non andrai più oltre”?
Sapete se la sua provvidenza vi ha scelti non come strumento de supplizio per aggravare
le sofferenze del colpevole, ma come balsamo di consolazione per cicatrizzare le piaghe
che la sua giustizia aveva aperte? Quando vedete uno dei vostri fratelli colpito dalla
sofferenza, non ditevi dunque: È la giustizia di Dio che deve fare il suo corso. Ditevi al
contrario: Vediamo quali mezzi il nostro Padre misericordioso ha posto in mio potere
per alleviare la sofferenza del mio fratello. Vediamo se il mio conforto morale, il mio
aiuto materiale, i miei consigli, potranno aiutarlo a superare questa prova con maggiore
forza, più pazienza e più rassegnazione. Vediamo anche se Dio non ha messo nelle mie
mani il mezzo per far cessare questa sofferenza: se non è stato concesso a me, sia pure
come prova, forse come espiazione, di fermare il male e di sostituirlo con la pace.
Aiutatevi dunque sempre nelle vostre prove rispettive e non vi considerate mai
come strumenti di tortura: un simile pensiero deve ripugnare ad ogni uomo di cuore, e
soprattutto ad ogni spiritista: perché lo spiritista, più di ogni altro, deve comprendere
l’estensione infinita della bontà di Dio. Lo spiritista deve pensare che tutta la sua vita
deve essere un atto damore e di abnegazione: che qualsiasi cosa egli possa fare per
opporsi alle decisioni del Signore, la sua giustizia avrà corso egualmente. Può, dunque,
senza nessun timore compiere tutti i suoi sforzi per alleviare l’amarezza della
espiazione, ma è Dio soltanto che può arrestarla o prolungarla come giudica opportuno.
Non ci sarebbe un immenso orgoglio nell’uomo che si credesse in diritto, per
cosí dire, di rigirare l’arma nella piaga? di aumentare la dose di veleno nell’animo di
colui che soffre, col pretesto che questa è la sua espiazione? Oh! consideratevi sempre
come l’istrumento scelto per farla cessare! Riassumendo: voi siete sulla terra per
espiare, ma tutti, senza eccezioni, dovete fare ogni sforzo per addolcire l’espiazione dei
vostri fratelli, secondo la legge d’amore e di carità. (BERNARDIN, Spirito protettore,
Bordeaux, 1863).

28. Un uomo è in agonia, in preda a crudeli sofferenze; si sa che il suo stato è
senza speranza; è permesso di risparmiargli qualche momento d’angoscia, affrettando la
sua fine?
Chi vi ha dato, dunque, il diritto di giudicare voi, prima che si mostrino, i
disegni di Dio? Non può forse condurre un uomo sull’orlo della tomba, per poi ritrarlo,
al fine di farlo ritornare in sé e di indurlo ad altri pensieri? Qualunque sia la condizione
di un moribondo, anche all’estremo, nessuno può dire con certezza che la sua ultima ora
è giunta. La scienza stessa non si è mai ingannata nelle sue previsioni?
So bene che vi sono dei casi che si possono considerare come disperati, ma
anche se non vi può essere nessuna speranza di un ritorno definitivo alla vita ed alla
salute, esistono innumerevoli esempi di malati che, al momento di rendere l’ultimo
respiro, si sono rianimati ed hanno recuperato per qualche momento le loro facoltà!
Ebbene, quest’ora di grazia che viene accordata, può avere per loro la massima
importanza; perché voi ignorate quali riflessioni ha potuto fare il suo Spirito nelle
convulsioni dell’agonia, e non sapete che tormenti gli possono essere risparmiati da un
lampo di pentimento.
Il materialista che non vede che il corpo e non fa nessun conto dell’anima, non
può capire queste cose; ma lo spiritista, che conosce quello che accade al di là della
tomba, sa bene quanto sia alto il prezzo dell’ultimo pensiero. Alleviate per quanto
potete le ultime sofferenze, ma guardatevi dall’idea di abbreviare la vita, anche di un
solo minuto, perché questo minuto può far risparmiare nell’avvenire molte lagri-me.
(SAN LUIGI, Parigi, 1860).

29. Colui che è disgustato della vita, ma non vuole togliersela, è colpevole se
cerca la morte su un campo di battaglia, con l’intento di rendere utile la sua morte?
Che l’uomo si dia la morte o che se la faccia dare da altri, il suo scopo è sempre
quello di abbreviare la sua vita, e, in conseguenza, si tratta egualmente di suicidio; se
non di fatto, certamente d’intenzione. Il pensiero che la sua morte si renda utile a
qualche cosa, è illusorio; non è che un pretesto per abbellire la sua azione e renderla
scusabile ai suoi occhi stessi. Se avesse veramente il desiderio di essere utile al suo
paese, lo difenderebbe ma cercherebbe di vivere e non di morire, perché una volta che
fosse morto non gli servirebbe più a nulla. La vera abnegazione consiste nel non temere
la morte quando è il momento di rendersi utile, nello sfidare il pericolo, nell’essere
disposti a fare il sacrificio della propria vita senza rimpianti, se è necessario; ma
l’intenzione premeditata di cercate la morte esponendosi al pericolo, anche per essere
utile, annulla il merito dell’azione. (SAN LUIGI, Parigi, 1860).

30. Un uomo si espone ad un pericolo imminente per salvare la vita ad uno dei
suoi simili, sapendo che soccomberà egli stesso: questa azione può essere considerata
come un suicidio?
Poiché non vi è intenzione di cercare la morte, non è suicidio, ma sacrificio ed
abnegazione, anche se si avesse la certezza di perire. Ma chi può avere questa certezza?
Chi può dire se la Provvidenza non ha in riserva un mezzo insperato di salvezza proprio
nel momento più critico? Non può forse salvare anche colui che è legato alla bocca di
un cannone? Spesso vuol portare la prova della rassegnazione fino all’ultimo limite, e
solo allora una circostanza inattesa allontana il colpo fatale. (SAN LUIGI, Parigi, 1860).
31. Coloro che accettano le loro sofferenze con rassegnazione sottomessi alla
volontà di Dio e pensando alla loro futura felicità, non si occupano che di loro stessi,
possono rendere le loro sofferenze vantaggiose per altri?
Queste sofferenze possono essere vantaggiose per altri, materialmente e
moralmente. Materialmente se, con il lavoro, le privazioni ed i sacrifici che
s’impongono, contribuiscono al benessere materiale del loro prossimo; moralmente
grazie all’esempio che danno della loro sottomissione alla volontà di Dio. Questo
esempio della potenza della fede spiritista può indurre i disgraziati alla rassegnazione,
può salvarli dalla disperazione e dalle sue funeste conseguenze nell’avvenire. (SAN
LUIGI, Pa-rigi, 1860).
(1) Oggi diremmo “shock”


IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI (Allan Kardec)

LA MALINCONIA


. Sapete perché una vaga tristezza si impadronisce talvolta dei vostri cuori e vi
fa trovare la vita tanto amara? È il vostro Spirito che aspira alla felicità ed alla libertà, e
che, legato al corpo che gli serve da prigione, si esaurisce in vani sforzi per uscirne. Ma,
vedendo che i suei sforzi non ottengono il loro scopo, finisce per cadere nello
scoraggiamento e, siccome il corpo subisce la sua influenza, il languore, lo scoramento
ed una specie di apatia s’impadroniscono di voi, facendovi sentire infelice.
Ascoltatemi; resistete energicamente a queste impressioni che indeboliscono la
vostra volontà. Queste aspirazioni ad una vita migliore sono innate in tutti gli uomini,
ma non cercate di realizzarle quaggiù. Adesso che Dio vi manda i suoi Spiriti per
istruirvi circa la felicità che vi riserva, aspettate con pazienza l’angelo della liberazione
che vi aiuterà a rompere i legami che tengono prigioniero il vostro Spirito. Pensate che,
durante il vostro periodo di prova sulla terra, voi dovete compiere una missione che
ignorate vi sia stata affidata, cosi dedicandovi alla vostra famiglia con l’adempiere tutti i
diversi compiti di cui Dio vi ha incaricati. E se, durante tale prova e assolvendo i vostri
impegni, vi vedrete colpiti dagli affanni, dalle inquietudini, dai dolori, siate forti e
coraggiosi per sopportarli. Affrontateli decisamente; sono di breve durata e dovranno
condurvi presso gli amici che voi piangete, che si rallegreranno del vostro arrivo fra loro
e vi apriranno le braccia per condurvi in un luogo in cui non possono accedere i dolori
della terra. (FRANÇOIS DE GENÈVE, Bordeaux).

IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI (Allan Kardec)

SE FOSSE STATO UN UOMO DABBENE, SAREBBE MORTO


 Voi dite spesso, parlando di un malvagio che riesce a sfuggire ad un
pericolo: “Se fosse stato un uomo dabbene, sarebbe morto”. Ebbene, dicendo cosí siete
nel vero, perché effettivamente succede molto spesso che Dio accordi a uno Spirito
giovane, ancora sulla via del progresso, una prova più lunga che a uno Spirito già
buono, che, in ricompensa dei suoi meriti, otterrà il favore che la sua prova sia tanto
breve quanto è possibile. Cosí, dunque, quando voi vi servite di questo assioma non
dubitate affatto di pronunziare un blasfema.
Se muore un uomo dabbene e a fianco della sua casa vi sia quella di un
malvagio, voi vi affrettate a dire: Sarebbe stato meglio che fosse toccato a quello lí.
Commettete cosí un grande errore, perché quello che è partito ha terminato il suo
compito e quello che è rimasto forse non lo ha ancora cominciato. Perché vorreste,
dunque, che il malvagio non abbia il tempo di compierlo, e che l’altro resti qui, sulla
gleba terrena? Che direste d’un prigioniero che, avendo scontata la sua pena, fosse
trattenuto in prigione, mentre si desse la libertà a un altro che non ne aveva diritto?
Sappiate, dunque, che la vera libertà consiste nella liberazione dai legami del corpo, e
che fino a che siete sulla terra siete in cattività.
Abituatevi a non biasimare ciò che non potete capire, e sappiate che Dio è giusto
in tutto; spesso ciò che vi sembra un male è in realtà un bene. Ma le vostre facoltà sono
tanto limitate che l’insieme del grande tutto non può essere compreso dai vostri sensi
ottusi. Sforzatevi di evadere col pensiero dalla vostra sfera ristretta, e man mano che vi
eleverete, l’importanza della vita materiale diminuirà ai vostri occhi, perché essa non vi
apparirà che come un incidente nella infinita durata della vostra esistenza spirituale, la
sola esistenza che sia veramente valida. (FÉNELON, Sens, 1861).

IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI (Allan Kardec)

LA FELICITA' NON E IN QUESTO MONDO


. Io non sono felice! La felicità non è fatta per me! grida generalmente l’uomo
in tutte le situazioni sociali. Miei cari figlioli, questo prova più di qualsiasi
ragionamento la verità di questa massima dell’Ecclesiaste: “La felicità non è di questo
mondo”. Infatti né la fortuna, né il potere, e nemmeno la fiorente giovinezza, sono
condizioni essenziali della felicità. Dirò di più, non lo è nemmeno il coincidere di
queste tre condizioni tanto invidiate, poiché sempre, anche fra le classi più privilegiate,
si sentono persone che si lamentano amaramente della loro condizione di vita.
Di fronte a questi fatti è inconcepibile che le classi laboriose militanti invidino
con tanta bramosia la posizione di coloro che la fortuna sembra aver favoriti. Quaggiú,
qualsiasi cosa faccia, ognuno ha la sua parte di fatica e di miseria, la sua parte di
sofferenza e di delusioni. E da tutto ciò è facile comprendere che la terra è un mondo di
prove e di espiazione.
Perció coloro che predicano che la terra è il solo soggiorno dell’uomo, e che
saltanto sulla terra e in una sola esistenza gli è consentito di raggiungere il più alto
grado di felicità che la sua natura comparti, s’ingannano e ingannano coloro che li
ascoltano. È dimostrato da un’esperienza ultra secolare che questo globo non riunisce
che eccezionalmente le condizioni necessarie alla completa felicità dell’individuo.
Come tesi generale si può affermare che la felicità è un’uto-pia alla cui ricerca le
generazioni si lanciano, l’una dopo l’altra, senza poterla mai ottenere; perché se è vero
che l’uomo saggio è, quaggiù, una rarità, è anche verissimo che l’uomo completamente
felice è altrettanto raro quanto il saggio.
Ciò in cui consiste la felicità sulla terra è cosa talmente effimera per colui che
non è guidato dalla saggezza, che per un anno, un mese, una settimana di piena
soddisfazione, tutto il resto del tempo si svolgerà in un seguito di amarezza e di
delusioni; e notate, miei cari figlioli, che io sto parlando dei felici della terra, di quelli
che sana invidiati da tutte le folle.
In conseguenza, se il soggiorno terrestre è destinato alle prove ed alla
espiazione, è necessario ammettere che esistono altrove dei soggiorni più favoriti in cui
lo Spirito dell’uomo, ancora imprigionato in una carne materiale, godrà nella loro
pienezza tutte le gioie che la vita umana può accordare. È per questo che Dio ha
seminato nel vostro turbine quei pianeti superiori verso i quali i vostri sforzi e le vostre
tendenze vi condurranno un giorno, quando sarete abbastanza purificati e perfezionati.
Non dovete dedurre, tuttavia, dalle mie parole che la terra sia destinata per
sempre ad essere un soggiorno penitenziario. Certamente no. Dai progressi già compiuti
voi potete facilmente intravedere i progressi futuri, e dai miglioramenti sociali ottenuti i
nuovi e ancor più fecondi miglioramenti a venire. È questo l’immenso compito affidato
alla nuova dottrina che gli Spiriti vi hanno rivelata.
Fate dunque, miei cari figli, che una santa emulazione vi animi e che ognuno di
voi si spogli energicamente del vecchio uomo. Dovete tutti consacrarvi alla diffusione
di questo spiritismo che ha già iniziato la vostra stessa rigenerazione. Avete il dovere di
far partecipare i vostri fratelli allo splendore della luce sacra. Al lavoro, dunque, miei
carissimi figli! Che in questa solenne riunione tutti i vostri cuori aspirino alla
realizzazione di questo scopo grandioso di preparare alle generazioni future un mondo
in cui la felicità non sia più una parola vana-. (FRANÇOIS-NICOLAS-MADELEINE,
cardinale MORLOT, Parigi, 1863).

IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI - (Allan Kardec)

venerdì 22 aprile 2011

L'ANIMA HA LA COSCIENZA



163 - L’anima ha la coscienza di sé immediatamente appena lasciato il corpo?
Risposta: «Immediatamente no; essa rimane per qualche tempo in una specie di turbamento».
164 - Provano tutti gli Spiriti, e nello stesso grado e per la stessa durata, il turbamento che segue alla
separazione dell’anima dal corpo?
Risposta: «No: questo dipende dalla diversa loro elevatezza. L’uomo virtuoso si riconosce quasi immediatamente,
perché si è già emancipato dalla materia durante la vita del corpo, mentre l’uomo sensuale, la cui coscienza non è pura, serba più a lungo l’impressione di essa».
165 - La conoscenza dello Spiritismo ha qualche peso sulla durata più o meno lunga del turbamento?
Risposta: «Peso grandissimo, poiché lo Spirito conosceva già prima la sua futura condizione; ma, più di ogni altra cosa, abbreviano questa durata una pura coscienza e la pratica del bene».

Kardec: Nel momento del trapasso tutto è confuso, e all’anima occorre qualche tempo per
riconoscersi; essa è come stordita, e nello stato di chi esce da un profondo sonno, e
cerca di rendersi conto della sua condizione. La lucidezza delle idee e la memoria del
passato le ritornano a seconda che si cancella la influenza della materia, da cui si è
sciolta, e si dissipa quella specie di nebbia che ne vela i pensieri.
La durata del turbamento, che segue alla morte, è variabilissima: può essere di qualche
ora, come di più mesi, ed anche di più anni. Esso è meno lungo per quelli che già in
vita si sono apparecchiati allo stato futuro, poiché, appena vi sono, lo comprendono
immediatamente.
Il turbamento spiritico offre circostanze particolari, secondo il carattere delle
persone, e soprattutto secondo il genere della morte. In quelle violente, per suicidio,
per supplizio, per accidente, per apoplessia, per ferite, e simili, lo Spirito è
sorpreso, stupito, non crede di essere fra i morti, e lo nega con ostinazione; vede il
suo corpo, sa che è il suo e non capisce di esserne separato; va presso le persone che
ama, parla loro, e non si sa dare ragione del perché non lo ascoltino. Questa illusione
dura fino al perfetto distacco del perispirito. Solo allora lo spirito si riconosce, e
comprende che non fa più parte dei vivi.. Un tale fenomeno si spiega facilmente.
Sorpreso ad un tratto dalla morte, lo Spirito è stordito del brusco cambiamento
operatosi in lui. Egli come d’ordinario suole avvenire, credeva che morte fosse
sinonimo di distruzione, di annientamento: ora siccome egli pensa, vede, sente, non
comprende di essere morto. Ne accresce inoltre l’inganno il vedersi un corpo simile al
precedente nella forma, e la cui natura eterea egli non ha avuto ancora tempo di
studiare; egli lo crede solido e compatto come il primo; e, quando qualche cosa
richiama la sua attenzione su questo punto, si meraviglia di non potersi toccare.
Questo fenomeno è analogo a quello dei sonnambuli, i quali da principio non credono di
dormire. Per loro il sonno equivale a sospensione delle facoltà: ora, poiché pensano
liberamente, e vedono, sono persuasi di non dormire. Alcuni Spiriti presentano questa
particolarità, quantunque la morte non li abbia colti improvvisamente; ma essa è più
comune in quelli che, sebbene malati, non pensavano di morire. Si vede allora il
singolare spettacolo di uno spirito, che assiste ai suoi funerali come a quelli di un
estraneo, e ne discorre come di cosa che non lo riguarda, fino a che viene a
comprendere la verità.
Il turbamento che segue alla morte non ha nulla di penoso per l’uomo dabbene: è sereno
e in tutto simile a quello che accompagna un placido svegliarsi. Per il malvagio, al
contrario, è pieno di ansietà e di angosce, le quali aumentano a mano a mano che egli
acquista la cognizione di se stesso.
Nei casi di morte collettiva si è osservato che non tutti coloro i quali muoiono
insieme si riveggono sempre subito. Nel turbamento che segue al trapasso, ciascuno va
per la sua strada, o si cura solamente di quelli che gli sono più cari.

IL LIBRO DEGLI SPIRITI di Allan Kardec

TRASMIGRAZIONE PROGRESSIVA


(domande e risposte)

189 - Gode lo Spirito la pienezza delle sue facoltà sin dal suo principio?
Risposta: «No, giacché anche lui, come l’uomo, ha la sua infanzia. Gli Spiriti, in origine, hanno una esistenza istintiva, e poca coscienza di sé e dei propri atti. Solo a poco a poco si svolge in essi l’intelligenza».
190 - Qual è lo stato dell’anima nella sua prima incarnazione?
Risposta: «Quello che è l’infanzia per la vita corporea l’intelligenza è sul destarsi, e si prova a vivere».
191 - Quelle dei nostri selvaggi sono anime nello stato dell’infanzia?
Risposta: «D’infanzia relativa; ma sono già sviluppate, perché hanno passioni».
Domanda: - Dunque le passioni sono segno di sviluppo?
Risposta: «Di sviluppo sì, ma non di perfezione: sono segno di attività e di coscienza dell’io,
mentre nell’anima primitiva l’intelligenza e la vita sono allo stato di germe».

Kardec: La vita dello Spirito, nel suo insieme, percorre le medesime fasi che quelle
del corpo; egli passa gradatamente dallo stato di embrione a quello dell’infanzia, e
giunge poi, per una successione di periodi, a quello di adulto, cioè della perfezione,
con tali differenze, che la vita spiritica non ha vecchiaia né decrepitezza; ch’essa
ebbe un principio, ma non avrà mai fine; che le bisogna un tempo immenso per passare
dall’infanzia allo sviluppo completo, e che il suo progresso si compie non sopra una
sola sfera, ma sopra parecchie. Così la vita dello Spirito si compone di una serie di
esistenze corporee, ciascuna delle quali gli è occasione di progresso, come ogni
esistenza corporea si compone di una serie di giorni, in ciascuno dei quali l’uomo fa
un passo in esperienza e in istruzione. Ma come nella vita dell’uomo passano giorni
senza frutto, in quella dello Spirito passano esistenze corporee senza risultato,
perché egli non ha saputo avvalersene.

192 - Si può, con un portamento irreprensibile in questa vita terrena, balzare al sommo della scala,
e divenire Spirito puro senza passare per i gradi intermedi?
Risposta: «No, poiché ciò che l’uomo quaggiù crede perfetto è ancora molto lontano dalla perfezione: ci sono qualità che egli non conosce, e non potrebbe comprendere. Egli non può essere più perfetto di quanto comporta la sua natura terrestre; ma da questa perfezione a quella a cui deve giungere c’è una grande differenza. Il fanciullo, per quanto si sviluppi assai precocemente, deve passare per la giovinezza prima di raggiungere l’età matura; l’ammalato, siano pur fenomenali i suoi progressi nella guarigione, deve passare per la convalescenza prima di recuperare la perfetta sanità.
E poi lo Spirito deve progredire così in scienza come in moralità, e, se non ha progredito che in una di queste due cose,bisogna, per toccare la sommità della scala, che progredisca anche nell’altra; tuttavia, quanto più l’uomo progredisce in questa vita, tanto più brevi e meno penose saranno le sue prove future».
Domanda: - Può l’uomo, almeno in questa vita, assicurarsi un’esistenza futura meno sparsa di amarezze e di
tribolazioni?
Risposta: «Certamente; può diminuire la lunghezza e le difficoltà del cammino. Solo l’infingardo si trova sempre allo stesso punto».
193 - Può l’uomo, nelle sue nuove esistenze, discendere più in basso di quello che era?
Risposta: «Come uomo, per “condizione sociale”, sì; come Spirito, no».
194 - Può lo Spirito, che fu quello di un uomo dabbene, in una successiva incarnazione animare il corpo di uno scellerato?
Risposta: «No, perché non può tralignare».
Domanda: - Può l’anima di un perverso diventare quella di un uomo dabbene?
Risposta: «Sì, se egli si pente, poiché questa sarebbe una ricompensa».

Kardec: Il cammino degli Spiriti è progressivo, non mai retrogrado; essi si elevano
gradatamente nella gerarchia, ma non discendono dal grado a cui sono pervenuti. Nelle
diverse esistenze corporee possono scendere in basso come uomini, ma non come Spiriti.
E’ per questo che lo Spirito di un potente della terra vi potrà più tardi animare il
più umile artigiano, o viceversa, poiché le condizioni sociali fra gli uomini sono
spesso in ragione inversa della elevatezza dei sentimenti morali. Erode era monarca,Gesù falegname.

195 - La possibilità di migliorarsi in un’altra esistenza non può indurre qualcuno a perseverare nella via cattiva, pensando che si potrà sempre correggere più tardi?
Risposta: «Chi pensa così, non crede a nulla, e però la minaccia di un castigo eterno non lo trattiene maggiormente, perché la sua ragione vi si ribella, e questa idea lo conduce alla piena incredulità. Se per guidare gli uomini si fossero sempre adoperati mezzi razionali, non vi sarebbero tanti scettici. Uno Spirito imperfetto può pensare cose assurde durante la sua vita corporea; ma, sciolto che sia dalla materia, cambia idea, poiché si avvede subito che si è ingannato,e porta seco in una nuova esistenza sentimenti contrari. In tal modo si compie il progresso; ed ecco la ragione per la quale vedete sulla terra una parte degli uomini più progredita dell’altra: quelli hanno già una esperienza, che questi ancora non hanno, ma che certo acquisteranno a poco a poco. Da voi soli dipende l’affrettare il vostro progresso, o il ritardarlo indefinitivamente».

Kardec: L’uomo, che si trova in cattiva condizione, desidera naturalmente di uscirne il
più presto che può. Chi sia fermamente persuaso che le tribolazioni di questa vita sono
la conseguenza dei suoi difetti, cercherà di assicurarsi una nuova esistenza meno
penosa, e questa convinzione lo distoglierà dalla via del male più agevolmente che
quella del fuoco eterno, a cui non crede.

196 - Poiché gli Spiriti non si possono migliorare senza le tribolazioni della vita corporea, parrebbe che questa sia una specie di trafila o di purgatorio, per cui devono passare gli esseri del mondo spirituale allo scopo di giungere alla perfezione?
Risposta: «Proprio così. Essi migliorano per mezzo di quelle prove con l’evitare il male e praticare il bene,
e solo dopo molte incarnazioni ed epurazioni successive raggiungono, in un tempo più o meno lungo, secondo i loro sforzi, lo scopo a cui mirano».
Domanda: - E’ il corpo che, per migliorarlo, agisce sullo Spirito, o è lo Spirito, che, per migliorarsi,
agisce sul corpo?
Risposta: «Lo Spirito è tutto; il corpo è una veste, che si scioglie in putredine».

Kardec: Simbolo materiale dei diversi gradi di purificazione dell’anima è il succo
della vite. Esso contiene il liquore dello spirito od alcool; ma questo, affievolito da
grande quantità di materie estranee, che ne alterano l’essenza, non giunge alla purezza
assoluta che dopo molte distillazioni, in ciascuna delle quali si spoglia di qualche
impurità. Il lambicco è il corpo, in cui deve entrare per purificarsi; le materie
estranee sono come il perispirito, che si purifica anch’esso a mano a mano che lo
Spirito si avvicina alla perfezione.

IL LIBRO DEGLI SPIRITI di Allan Kardec  

SAGGIO TEORICO SULLE SENSAZIONI DEGLI SPIRITI


- Il corpo, oltre che lo strumento del dolore, ne è se non la causa prima, almeno
la causa immediata. L’anima ha sensazione di questo dolore: e questa sensazione è
l’effetto. Il ricordo che essa ne serba, può essere molto penoso, ma non esercitare
azione fisica. Infatti, né‚ il freddo né‚ il caldo possono dissolvere i tessuti
dell’anima: la quale non può né‚ gelare né bruciarsi. Ma non vediamo noi tutti i giorni
il ricordo o l’apprensione di un male produrre l’effetto della realtà, e causare anche
la morte? Tutti sanno che le persone amputate possono sentire dolori nelle membra che
non esistono più, e quindi non può essere certamente né la sede del dolore, né il suo
punto di partenza: il cervello ne ha conservato l’impressione, ecco tutto. Ora, perché‚
non avrebbe qualche analogia con questo il fenomeno dei patimenti dello Spirito dopo la
morte del corpo? Uno studio più profondo del perispirito, che ha essenzialissima parte
in tutti i fenomeni spiritici; le apparizioni vaporose o tangibili; lo stato dello
Spirito al momento della morte, l’idea così frequente in esso di essere ancora vivo;
l’orribile quadro dei suicidi, dei giustiziati, di coloro che si erano immersi nei
piaceri materiali, e molti altri fatti, sono venuti a gettare luce su questo argomento,
ed hanno dato luogo ad ampi schiarimenti, che qui dobbiamo riepilogare.
Il perispirito è il legame che unisce lo Spirito con la materia del corpo. Esso viene
attinto dall’ambiente dal fluido magnetico e, sino a un certo punto, dalla materia
inerte. Si potrebbe dire che sia la quintessenza della materia: esso è il principio
della vita organica, come lo Spirito è quello della vita intellettiva e morale e perciò
l’agente delle sensazioni esterne. Nel corpo, queste sensazioni sono rese locali dagli
organi, che servono loro da veicoli. Distrutto che sia il corpo, le sensazioni
diventano generali. Ecco perché‚ gli Spiriti non dicono di soffrire piuttosto al capo
che ai piedi. Si avverta però di non confondere le sensazioni del perispirito libero
con quelle del corpo: prendiamo queste ultime come termine di paragone, e non come
analogia. Lo Spirito può soffrire anche dopo sciolto dal corpo. Ma che sofferenza è la
sua? Non corporale, ma nemmeno esclusivamente morale come il rimorso, giacché‚ si
lagna, ad esempio, del freddo e del caldo. E tuttavia egli non patisce più nell’inverno
che nell’estate poiché‚ può stare fra i geli o passare attraverso le fiamme senza la
minima pena: dunque, non riceve alcuna impressione dalle intemperie. Per conseguenza, i
dolori che sente non sono dolori fisici propriamente detti, ma vaghe sensazioni intime,
di cui egli stesso non si sa rendere sempre ragione, appunto perché‚ non sono locali,
né‚ sono prodotti da agenti esterni: essi sono, anziché‚ realtà, dei ricordi
altrettanto penosi. Tuttavia, qualche volta sono più che un ricordo; ed ecco in qual
modo. L’esperienza ci insegna che al momento del trapasso il perispirito si scioglie
più o meno lentamente dal corpo, e per qualche tempo lo Spirito non si spiega il
proprio stato: non crede di essere morto, perché‚ sente di vivere, ma vede il suo corpo
abbandonato, sa che è suo, e non comprende di esserne separato: e tale stato dura fino
a tanto che esiste un legame fra il corpo e il perispirito. Un suicida ci diceva: «No,
io non sono morto!»; ed aggiungeva: «nondimeno sento i vermi, che mi rodono». Ora i
vermi non rodevano certamente il perispirito, ed ancor meno lo Spirito: rodevano il
corpo. Ma siccome la separazione del corpo e del perispirito non era perfetta, ne
risultava una specie di ripercussione morale, che trasmetteva allo spirito la
sensazione di ciò che avveniva nel corpo. Si badi però, che ripercussione non è il
termine proprio, poiché‚ potrebbe far credere a un effetto troppo materiale: lo
adoperiamo in mancanza di meglio, per significare come la vista di ciò che succedeva
nel suo corpo, a cui lo univa ancora il perispirito, produceva in lui un’illusione, che
egli prendeva per realtà. Dunque il soffrire dello Spirito non era per rimembranza,
poiché‚ in vita sua egli non era mai stato roso dai vermi, ma era la percezione di un
fatto a lui presente. Vediamo ora quali deduzioni si possono trarre da fatti così
attentamente osservati.
Durante la vita, il corpo riceve le impressioni esterne, e le trasmette allo Spirito
per mezzo del perispirito, che probabilmente è ciò che viene detto fluido nervoso. Il
corpo morto non sente nulla, perché‚ non vi è più né Spirito, né perispirito. Il
perispirito, sciolto o quasi dal corpo, prova la sensazione; ma, siccome tale
sensazione non gli viene più per mezzo di un organo determinato, essa è generale. Ora,
poiché‚ il perispirito in realtà non è che un agente di trasmissione, giacché è il solo
Spirito che ha la coscienza, ne segue che, se potesse esistere un perispirito senza
Spirito, esso non risentirebbe affatto più del corpo esanime, alla stessa maniera che
se lo Spirito non avesse il perispirito, o ne avesse uno per eccellenza etereo, sarebbe
inaccessibile ad ogni sensazione penosa, come avviene negli Spiriti puri. Sappiamo
infatti che, quanto più si purificano, tanto più eterea diviene la natura del loro
perispirito, il che vuol dire che l’influenza della materia diminuisce a mano a mano
che lo Spirito progredisce, cioè che il suo perispirito diventa meno grossolano.
Ma si obietterà: le sensazioni piacevoli sono trasmesse allo Spirito per mezzo del
perispirito come le penose: ora, se lo Spirito puro è inaccessibile alle une, deve
esserlo ugualmente alle altre. Sì, senza dubbio, lo Spirito puro è insensibile alle
sensazioni gradite che derivano dall’influenza di quella materia che noi conosciamo. Il
suono dei nostri strumenti, il profumo dei nostri fiori non lo impressionano affatto:
ma egli è capace di intime sensazioni di attrattiva ineffabile, di cui non ci possiamo
formare alcuna idea, giacché noi rispetto a loro siamo come i ciechi nati rispetto alla
luce. Sappiamo che tali sensazioni esistono, ma in qual modo? La nostra scienza non
procede più in là. Sappiamo che hanno sensazioni, udito, vista, e che queste facoltà
sono attributi di tutto l’essere, e non già, come nell’uomo, funzioni di un organo: ma,
ripetiamo, di quale mezzo essi si servono? Buio impenetrabile. Gli Spiriti stessi non
ce ne possono dare cognizione, poiché‚ il nostro linguaggio non è fatto per esprimere
idee che non abbiamo, come quello dei selvaggi non ha termini per significare le nostre
arti, le nostre scienze, le nostre dottrine filosofiche.
Dicendo che gli Spiriti sono inaccessibili alle impressioni della nostra materia,
intendiamo parlare degli altissimi, il cui involucro etereo non ha nulla di simile
quaggiù. Gli altri, nei quali il perispirito è più denso, sentono i nostri suoni e i
nostri odori, ma non più per mezzo di un determinato organo del loro essere, come
quando erano vivi. Potrebbe dirsi che le vibrazioni molecolari si facciano sentire in
tutto il loro essere, e giungano così al loro sensorium commune, che è lo Spirito
stesso, sebbene in differente maniera, e forse ancora con impressione differente, ciò
che produrrebbe una modificazione nelle impressioni. Essi odono il suono della nostra
voce, ma ci comprendono senza il soccorso della parola, per la sola trasmissione del
pensiero, e ciò che avvalora di più quello che affermano, si è che questa intuizione è
tanto più facile, quanto più lo Spirito si è staccato dalla materia. Quanto poi alla
vista, essa è indipendente dalla nostra luce. La facoltà di vedere è un attributo
essenziale dell’anima, per la quale non vi è oscurità, anche quella è tanto più estesa
ed acuta, quanto questa è più pura. L’anima o Spirito ha dunque in sé‚ la facoltà di
tutte le sensazioni: nella vita corporea esse sono affievolite dalla rozzezza degli
organi, e nella vita libera di meno in meno, a seconda che si assottigli l’involucro
semimateriale.
Questo involucro, tratto dal mezzo ambiente, varia secondo la natura dei globi. Nel
passare da un mondo all’altro gli Spiriti mutano involucro, come noi gli abiti passando
dall’inverno all’estate, o dai poli all’equatore. Gli Spiriti, anche i più elevati
quando vengono da noi, rivestono dunque il perispirito terrestre, e da quel momento,
hanno le sensazioni come gl’inferiori ma con la differenza che possono renderle attive
o nulle a volontà. Quanto all’udito in generale, gli Spiriti possono non udire se così
loro piace, le parole degli inferiori, mentre all’opposto devono sempre intendere
quelle dei superiori. Lo stesso accade riguardo alla vista, poiché‚ con analoga legge
si possono occultare gli uni agli altri, sicché‚ ogni Spirito, a qualunque grado
appartenga, può sempre ad arbitrio rendersi invisibile agli inferiori, ma non si può
mai sottrarre agli sguardi dei superiori. Nei primi istanti dopo la morte, la vista
dello Spirito è sempre torbida e confusa: essa si chiarisce a mano a mano che si
effettua la sua liberazione, e giunge fino a penetrare i corpi che per noi sono opachi.
Quanto alla sua estensione attraverso lo spazio infinito, nell’avvenire e nel passato,
essa dipende dal grado di elevatezza e purità dello Spirito.
Tutta questa teoria, diranno molti, non è fatta per rassicurare: noi credevamo che,
spogliato il grossolano involucro, strumento dei nostri dolori, non avremmo più
sofferto, ed ecco che venite ad annunziarci che soffriremo ancora, poiché, in una
maniera o in un’altra, è sempre il dolore che ci attende. Purtroppo e così, possiamo
soffrire ancora, e molto, ed a lungo; ma possiamo anche non soffrire più sin
dall’istante in cui lasciamo questa vita corporea.
Le sofferenze di quaggiù spesso, è vero, non dipendono da noi; ma in massima parte sono
gli effetti della nostra volontà. Risaliamo alla sorgente, e vedremo come poche di esse
non siano conseguenze di cause che avremmo potuto evitare. Quanti mali, quante
infermità non deve l’uomo ai suoi eccessi, alle sue passioni? Se vivesse una vita
sobria, se non abusasse di nulla, se fosse semplice nei suoi gusti e moderato nei suoi
desideri, si risparmierebbe molte tribolazioni.
Lo stesso avviene allo Spirito, le cui sofferenze sono sempre gli effetti della
condotta che ha tenuto sulla terra; certamente egli non avrà più la podagra o i
reumatismi, ma proverà altri dolori, che non saranno meno penosi. Abbiamo veduto, però,
che le sue sofferenze sono cagionate dai legami che esistono ancora fra lui e la
materia, vale a dire, che quanto più egli si sarà sottratto all’influenza di questa,
tanto meno avrà sensazioni penose. Ora, da lui solo dipende l’emanciparsene già in
questa vita. Dotato di libero arbitrio, ha la scelta tra il fare e il non fare: domi le
sue passioni animalesche; non nutra né odio, né invidia, né gelosia, né orgoglio; non
si lasci dominare dall’egoismo, purifichi l’anima coi sentimenti virtuosi; faccia
sempre ed in tutto il bene; non dia alle cose di questo mondo importanza maggiore di
quel che meritano, ed allora, mentre ancora alberga nel corpo, sarà purificato, avrà
scosso il giogo della materia, e, quando lascerà alla terra il suo involucro, non ne
subirà più l’influenza, e dei suoi patimenti fisici non gli rimarranno impressioni
dolorose, perché esse avranno torturato il solo corpo: lo Spirito incolume sarà
contento di esserne liberato, e la tranquillità della sua coscienza lo esimerà da ogni
sofferenza morale. Noi ne abbiamo interrogati migliaia, che erano appartenuti a tutti i
ceti e a tutte le condizioni sociali; li abbiamo studiati in tutti i periodi della loro
vita spiritica, dal momento in cui avevano abbandonato il corpo; li abbiamo seguiti
passo passo nella vita d’oltretomba, per osservare i cambiamenti che si operavano in
essi nelle loro idee, nelle loro sensazioni, e su questo argomento anche gli Spiriti
degli uomini più volgari ci hanno fornito elementi di studio assai preziosi. Ora
abbiamo sempre veduto che le sofferenze dello Spirito sono in rapporto con la sua vita
terrena, di cui subisce le conseguenze, e che quella nuova esistenza è fonte
d’ineffabile felicità, per coloro che hanno battuto la buona via: donde segue che chi
vi soffre, soffre perché‚ lo ha voluto, e non ne deve incolpare che se stesso, così
nell’altro mondo come in questo.

IL LIBRO DEGLI SPIRITI di Allan Kardec

domenica 10 aprile 2011

ABUSI DELLA POTENZA MEDIANICA


In prima linea fra gli abusi che dobbiamo segnalare, dobbiamo mettere le frodi e gli inganni.
le frodi sono, o coscienti e volute, oppure incoscienti; in quest’ultimo caso, sono provocate, sia dall’azione di spiriti malefici, sia dalle suggestioni esercitate sul medium dagli sperimentatori e dai presenti.
le frodi coscienti provengono, ora da falsi medium, ora da veri medium, ma sleali, che della loro facoltà hanno fatto una sorgente di profitti materiali. misconoscendo la nobiltà e l’importanza della loro missione, di una qualità preziosa essi ne fanno un mezzo d’industria e non temono, se il fenomeno non avviene, di simularlo con artifizi.di falsi medium se ne incontrano un po’ dappertutto. alcuni non sono altro che motteggiatori cattivi i quali si divertono a spese del volgo e si tradiscono da se stessi, presto o tardi.
ve ne sono altri, industriosi e abili, per i quali lo spiritismo non è altro che un traffico; essi si ingegnano ad imitare le manifestazioni in vista del guadagno da realizzare. molti sono stati smascherati in piena seduta, alcuni sono stati la causa di clamorosi processi. in quest’ordine di fatti si sono viste produrre le più audaci furberie.
certi uomini, prendendosi giuoco della buona fede di coloro che li consultano, non hanno esitato a profanare i più sacri sentimenti, ed a gettare il sospetto in una scienza ed in dottrine che possono essere un mezzo di rigenerazione. il sentimento della loro responsabilità sfugge loro molto spesso, ma la via d’oltretomba riserva ad essi delle sorprese molto spiacevoli.
il male che questi furbi hanno fatto alla verità è incalcolabile. le loro manovre hanno frastornato molti pensatori
dello studio serio dello spiritismo. perciò è dovere di ogni uomo onesto di smascherarli e di calpestarli. il disprezzo in questo mondo e il rimorso e la vergogna nell’altro, ecco quel che li aspetta. perché noi sappiamo che tutto si paga, ed il male ricade sempre su coloro che l’hanno causato.
non c’è niente di più vile e di più spregevole che quello di far moneta con il dolore degli altri, e di contraffare per denaro, gli amici e gli esseri cari che noi rimpiangiamo, di fare della morte stessa una speculazione sfrontata, ed un oggetto di falsificazione.
lo spiritismo non potrebbe essere reso responsabile di un tale modo d’agire. l’abuso o l’imitazione di una cosa non può pregiudicare la cosa stessa. non vediamo anche i fenomeni della fisica, frequentemente imitati dai falsatori di giro?
e questo dimostra forse qualcosa contro la vera scienza? l’investigatore intelligente deve tenersi in guardia e fare un uso costante della sua ragione. se vi è qualche ambiente in cui, sotto pretesto di manifestazioni, gli esseri si danno ad un traffico odioso, vi sono numerosi circoli composti di persone il cui carattere, la posizione, e l’onoratezza, sono altrettante garanzie di sincerità e dove non potrebbe entrare alcun sospetto di ciarlataneria.le frodi inconsce, abbiamo detto, si spiegano con la suggestione. i medium sono sensibilissimi all’azione suggestiva,tanto dei vivi che dei morti. lo stato di spirito delle persone partecipanti alle esperienze reagisce sopra di loro ed esercita un’influenza di cui non hanno coscienza, ma che è talvolta considerevole. quando queste persone sono ostili e credono che la furberia è la sola in giuoco, i loro pensieri possono spingere il sensitivo a movimenti fraudolenti.
alcuni medium perfettamente onesti e disinteressati confessano di essere spinti a truffare, in certi centri, da una
forza occulta. per la maggior parte resistono a quelle suggestioni e preferirebbero rinunciare all’esercizio della loro facoltà piuttosto che sdrucciolare per quella china. alcuni si lasciano andare a quegli influssi; e basterebbe un istante di debolezza per mettere il dubbio su tutte le esperienze alle quali essi hanno partecipato.
la maggior parte delle frodi, più o meno constatate, in eusapia, nella d’esperance, in anna rothe, ecc., deve essere attribuita a suggestioni esteriori, sia umane, sia spiritiche. talvolta, le due influenze si combinano e si aiutano una con l’altra. gli scettici malintenzionati sono aiutati dagli ausiliari dell’altro mondo. allora la potenza suggestiva sarà tanto più irresistibile quanto più il medium sarà sensibile, quanto più profondamente sarà addormentato ed insufficientemente protetto. si vede a quanti pericoli esso è esposto; in certe sedute mal composte e mal dirette, può divenire la vittima delle forze esteriori combinate. sono stati veduti dei malevoli sperimentatori, dopo avere provocato mentalmente la frode, denunciare pubblicamente il medium e l’assistente, proclamare altamente la scaltrezza e la perspicacia di questi abili sperimentatori.
accade che il medium, soprattutto il medium scrittore, si suggestioni da sé e con un movimento automatico, tracci comunicazioni che esso attribuisce abusivamente a spiriti disincarnati. questa suggestione è come un invito dell’io normale all’io subcosciente che non è un essere distinto, come l’abbiamo visto precedentemente, ma una forma più estesa della personalità. in tal caso, con la più gran fede del mondo, il medium risponde alle sue stesse domande;esterna i suoi pensieri nascosti, i suoi propri ragionamenti, i prodotti di una vita psichica più profonda e più intensa.
allan kardec, davis, hudson, tuttle, aksakoff, ecc.. hanno parlato nelle loro opere di questa categoria di medium che il sig. delaune chiama automatisti.
«l’automatismo della scrittura» egli dice, «l’oblío immediato delle idee enunciate che dà allo scrittore l’illusione di essere sotto l’influsso di una volontà estranea, la personificazione delle idee che giacciono nella memoria latente, le impressioni sensorie incoscienti, tutti questi fatti si comprendono e si spiegano con ragioni tratte dallo studio più completo dell’intelligenza umana e non suppongono in alcun modo la necessità dell’intervento degli spiriti».la credulità senza limiti, ’oblío di ogni principio elementare di controllo che regnano in certi ambienti, favoriscono ed intrattengono questi abusi. esistono in paesi diversi, dei gruppi di spiritisti benevoli, dove degli pseudo-medium autonomi scrivono vaste elucubrazioni sotto l’ispirazione di s. antonio da padova, di s. giuseppe e della vergine. oppure essi incarneranno socrate e maometto, e questi, in linguaggio volgare, spacceranno mille assurdità agli uditori meravigliati, proibendo loro di leggere e di istruirsi, al fine di sottrarli ad ogni influsso illuminato, ad ogni controllo serio.
in questi ambienti, le manifestazioni sono innumerevoli. ho conosciuto un bravo giardiniere che essendo stato
consigliato da uno spirito, andava a scavare a mezzanotte una buca profonda, in un luogo deserto, alla ricerca di un tesoro immaginario. una signora di 55 anni, devotissima, moglie di un ufficiale in pensione, spingeva l’ingenuità fino al punto di preparare il corredino di un bambino, che come dicevano i suoi istruttori invisibili, essa doveva mettere al mondo e che sarebbe stato la reincarnazione di cristo. alcuni vedono in tutto l’intervento degli spiriti, fin nei fatti più materiali. altri consultano gli invisibili sui minimi dettagli della loro esistenza, nelle loro iniziative commerciali e le loro operazioni di borsa.
queste aberrazioni si attribuiscono specialmente agli spiriti ingannatori. certo, le mistificazioni d’oltretomba sono frequenti. esse si spiegano facilmente col fatto che si domandano agli spiriti delle cose che essi non possono o non vogliono dire. si fa dello spiritismo un mezzo di divinazione e si attirano gli spiriti leggeri. ma spesso, la suggestione mentale ha una gran parte in questi errori.
perciò, in questo dominio difficile e talvolta oscuro della sperimentazione, importa molto esaminare, e analizzare le cose con giudizio posato, con una grande circospezione, e ammettere ciò che si presenta con un carattere di autenticità ben distinto.
la nostra cognizione delle condizioni della vita futura e lo spiritismo intero riposano sui fenomeni medianici.
bisogna studiarli seriamente ed eliminare con rigore tutto quel che non porta il segno di una origine extra-umana. non si deve, sotto pretesto del progresso, rimpiazzare l’incredulità sistematica con una cieca confidenza, e con una crudeltà ridicola, ma dividere con cura l’artificio dalla realtà. cominciamo adesso una questione estremamente delicata; quella della potenza medianica professionale. può questa venire retribuita, o deve essere esercitata con assoluto disinteresse?
osserviamo dapprima che la facoltà medianica è cosa variabile mobile, ed intermittente di sua natura. gli spiriti non essendo agli ordini né ai capricci di nessuno, non si può essere mai sicuri prima, del risultato delle sedute.
il medium può essere mal disposto, mal guidato; e l’assistenza mai composta dal punto di vista psichico. d’altra parte, la protezione degli spiriti eletti non combina con uno spiritismo messo a prezzo. così il medium professionale, il quale si è abituato a vivere del prodotto delle sedute, si espone a molte delusioni. come farà del denaro da una cosa, la cui produzione non è mai certa?
come soddisferà i curiosi, quando gli spiriti non risponderanno al suo invito? non sarà egli tentato un giorno o
l’altro, quando il gruppo di coloro che assistono sarà numeroso e la prospettiva del guadagno seducente, di provocare i fenomeni fraudolenti? quando si è sdrucciolati per quel pendio, è difficile risalirvi. si arriva ad usare l’inganno abitualmente e si cade a poco a poco nella più sfrontata ciarlataneria.
i delegati americani al congresso spiritico del 1900, a parigi, fra i quali la signora addi-balou, hanno dichiarato che la potenza medianica di professione e le frodi che porta con sé sono state da qualche anno la causa del regresso e del discredito dello spiritismo negli stati uniti.
la maggior garanzia di sincerità che possa offrire un medium, è il disinteresse. e’ questo il mezzo più sicuro per
ottenere l’appoggio dell’alto.per conservare il suo prestigio morale, e per produrre frutti di verità, la potenza medianica deve essere praticata con elevazione e distacco; senza di che essa diviene una sorgente di abusi e lo strumento della contraddizione e dei disturbo di cui si serviranno le entità malefiche. il medium venale è come il cattivo prete che introduce nel santuario le sue passioni egoiste ed i suoi interessi materiali. il paragone non è fuor di posto, perché la potenza medianica è anch’essa una specie di sacerdozio. ogni essere umano impresso da questo segno deve prepararsi a sacrificare il suo riposo, i suoi interessi ed anche la sua felicità terrena; ma operando così, otterrà la soddisfazione della sua coscienza e si avvicinerà alle sue guide spirituali.
fare commercio della potenza medianica, è disporre di una cosa di cui non si è padroni; è un abusare del buon
volere dei morti e sottoporli ad un’opera indegna di loro; è un frastornare lo spiritismo dal suo scopo provvidenziale. e’ nel mondo invisibile di léon denis preferibile per un medium che cerchi altrove i suoi mezzi di sussistenza e non consacri alle sedute che il tempo di cui potrà disporre. vi guadagnerà in stima ed in considerazione.
tuttavia, si deve riconoscere che anche i medium pubblici e retribuiti hanno reso dei veri servigi. le persone che non hanno beni di fortuna non possono sempre rispondere agli inviti dei dotti, spostarsi, intraprendere viaggi, come lo esige l’interesse della causa che servono.
ecco quel che ne dice stainton moses, il quale era uno sperimentatore coscienzioso e buon giudice in materia.
«tra i medium pubblici, alcuni non vedono altro che benefici da realizzarsi e non sempre
indietreggiano dinanzi alle frodi per raggiungere il loro scopo.
«peraltro ve ne sono molti dei quali non può dirsi che bene, e che sono utilissimi. nove volte su
dieci, coloro che vanno da essi in gran numero, ed incapaci di comprendere e seguire un esperimento
scientifico, domandano che per dieci lire si faccia loro la prova dell’immortalità. la molta gente
esaurisce presto le facoltà del medium, il quale per non restare a mezzo, cede alla tentazione di
ricorrere alla frode. malgrado queste condizioni detestabili, io sono stato spesso sorpreso dei risultati
ottenuti e delle prove palpabili che hanno fornito».
che dedurre da ciò? che vi è una giusta misura che il medium dotato di coscienza ed illuminato sul valore della sua missione, può facilmente osservare. se in certi casi, egli è costretto ad accettare un compenso per il tempo perduto e per i gli spostamenti che ha dovuto effettuare, che ciò sia fatto in modo da non compromettere la sua dignità in questo mondo e la sua situazione nell’altro. l’uso della facoltà medianica deve rimanere un atto grave e religioso, fuori di ogni carattere di mercato, e da tutto quel che potrebbe diminuirlo ed abbassarlo.

( Nel mondo invisibile di Léon Denis )

IPOTESI E OBIEZIONI ---- LE LARVE ---- I DEMONI



Noi abbiamo indicato i pericoli reali che l’uso della potenza medianica incontra: ve ne sono poi di quelli
immaginari, inventati a piacere e segnalati con grande strepito dagli avversari dello spiritismo. essi si riferiscono a due teorie principali che noi esamineremo, quella delle larve od elementari, e quella dei demoni.
le manifestazioni spiritiche, dicono giornalmente certe riviste cattoliche, quando non provengono da una maniera,cosciente od incosciente, del medium o di coloro che assistono, sono opera del demonio.
noi ritroviamo qui il solito argomento della chiesa, lo strumento principale del suo regno, che le permette di
resistere a tutte le innovazioni, che mantiene sotto il terrore il gregge dei fedeli ed assicura il suo dominio attraverso i secoli.anche quando gli spiriti ci parlano di dio, di preghiera, di virtù, di dovere, noi dobbiamo vederci l’intervento del demonio, dicono i teologi, poiché satana, il padre della menzogna, sa rivestire tutte le forme, parlare tutte le lingue,fornire tutte le prove, e quando noi crediamo di essere in presenza delle anime dei nostri parenti, dei nostri amici, di una sposa, o di un bambino defunti, è sempre il grande impostore che si traveste per abusare di noi.si è veduto, essi assicurano, lo spirito del male rivestire le apparenze più ingannatrici ed anche quelle della vergine e dei santi per meglio ingannare. ciò lo afferma il canonico brettes, nella rivista del mondo invisibile, del 15 febbraio 1902, dopo uno studio di mons. méric sulle materializzazioni dei fantasmi. «i risultati» egli dice, «mi sembrano concludere in favore dell’opinione la quale sostiene che tutto è diabolico nelle apparizioni di tilly. se queste deduzioni sono vere, è il diavolo che si presenta sotto la forma della ss.ma vergine, e che riceve gli omaggi che si indirizzano alla madre di dio».
altri critici ci obiettano che l’uomo, nei suoi rapporti con il mondo invisibile, non comunica soltanto con le anime dei morti, ma anche con vane apparenze di anime, con larve, forme fluidiche animate da una specie di vibrazione morente del pensiero dei defunti. da un altro lato, è colpevole, dicono essi, è quasi sacrilego, evocare le anime dei morti, perché queste lasciando la terra, guadagnano le regioni superiori, ed ogni ritorno quaggiù è uno sforzo ed una sofferenza per esse. «il metodo spiritico», dice un teosofo insigne, «presenta il grande inconveniente di essere pregiudizievole ai morti ai quali impastoia l’evoluzione».
abbiamo veduto, con numerosi esempi e prove di identità, che l’ipotesi delle larve non è affatto giustificata; i fatti dimostrano al contrario, che noi abbiamo a che fare con anime di uomini che hanno vissuto sulla terra, quanto alla seconda obiezione, non ha maggior consistenza. come potrebbe essere colpevole, questa comunione del cielo con la terra, da cui l’anima umana esce illuminata, fortificata, ed attratta da tutti gli inviti, e da tutte le ispirazioni che le vengono dall’alto? le pratiche spiritiche hanno consolato e rialzato molti esseri curvi sotto la prova della separazione;esse hanno reso la pace agli afflitti provando loro che quelli che essi credevano perduti erano soltanto nascosti per qualche tempo ai loro occhi. e quale influenza morale su tutta la nostra vita, in quel pensiero che degli esseri cari, degli esseri invisibili ci seguono e ci osservano, che pesano e giudicano le nostre azioni, che i nostri cari sono spesso presso di noi, si associano ai nostri progressi, rattristandosi delle nostre cadute e sostenendoci nelle ore difficili! chi mai avendo perduto un essere caro potrebbe restare indifferente ad un tale pensiero? lungi dall’impastoiare l’evoluzione delle anime disincarnate, noi sappiamo, al contrario, che i nostri inviti la favoriscono in molti casi.
non si tratta di evocazioni imperiose come si vorrebbe insinuare. gli spiriti sono liberi e rispondono se a loro piace.ed infatti, che cosa è l’evocazione presa in se stessa? e’ la debole parola umana che cerca di balbettare il sublime linguaggio del pensiero; è la balbuzie dell’anima che entra nella comunione universale e divina!
l’esperienza lo dimostra ogni giorno: grazie ai consigli degli umani, molte anime basse ed oscure hanno potuto
conoscersi ed orientarsi nella loro nuova vita. la maggior parte dei materialisti traversano il fenomeno della morte senza rendersene conto. essi credono di vivere ancora della vita terrena molto tempo dopo la loro morte. gli spiriti eletti sono senza azione sopra di essi a causa delle differenze di densità fluidica; mentre gli inviti, gli avvertimenti e le spiegazioni che essi ricevono nei gruppi spiritici li scuotono dal loro torpore, e dal loro stato d’incoscienza e facilitano il loro slancio, invece d’impastoiarlo. tanto per noi come per i defunti, la comunione delle due umanità è salutare,quando si effettua in condizioni serie. e’ un mutuo insegnamento dato dagli spiriti avanzati dei due ambienti,lavorando ad illuminare, consolare e moralizzare le anime sofferenti o tardive dei due ordini.
le teorie dei teosofi e degli occultisti, tanto giusti in quel che concerne la legge del karma o delle reincarnazioni,
sono pienamente in difetto sul punto che ci riguarda. frastornando il ricercatore dal metodo sperimentale per
confinarlo nel campo della pura metafisica esse sopprimerebbero la sola base positiva di ogni vera filosofia.
e’ grazie alle prove sperimentali che l’immortalità, finora puro concetto e vaga speranza dello spirito umano, diviene una vivente realtà. e per essa, molte anime scettiche e disilluse si sentono rivivere alla vista dei destini che sono loro aperti. invece di disprezzarle, sappiamo dunque rendere giustizia a quelle pratiche spiritiche che hanno asciugato tante lacrime, mitigato tanti dolori e sparso tanti raggi nella notte degli intelletti ritorniamo alla teoria del demonio e consideriamo una cosa. se lo spirito maligno, come lo pretendono i teologi, ha la facilità di riprodurre tutte le forme e tutte le figure, di rivelare le cose nascoste, di tenere i discorsi più sublimi; se ci insegna il bene, la carità e l’amore, si possono ugualmente attribuirgli le apparizioni menzionate nei libri santi, credere che è lui che parla a mosè, agli altri profeti ed anche a gesù e che tutta l’azione spirituale occulta sia opera sua!il diavolo, sapendo e potendo tutto, giungendo fino ad essere spirito saggio e virtuoso, può benissimo aver preso la parte di guida religiosa e, sotto la salvaguardia della chiesa, condurci a perdizione. infatti, la storia ci dimostra con logica stringente che la chiesa non è stata sempre l’ispirata da dio. in molte circostanze, i suoi atti sono stati in completa contraddizione con gli attributi dei quali ci piace rivestire la divinità. la chiesa è un albero gigantesco, i cui frutti non sempre sono stati i migliori, ed il diavolo, poiché è abile, ha potuto benissimo rifugiarsi all’ombra sua. se noi dobbiamo ammettere come i teologi, che iddio abbia permesso, in ogni tempo ed in ogni luogo, le più odiose soverchierie, il mondo ci sembrerà un’immensa impostura, e noi non avremmo alcuna garanzia di non essere ingannati, tanto dalla chiesa quanto dallo spiritismo.
la chiesa lo riconosce, essa non possiede, in ciò che riguarda quel che essa chiama il «soprannaturale diabolico o divino», altro che un criterio di certezza puramente morale. dunque, con basi di apprezzamento così ristrette,essendo dato il talento d’imitazione che essa presta al nemico del genere umano, quale credito potremmo accordarle in ogni materia? così l’argomento del demonio, simile ad un’arma a doppio taglio, può rivolgersi contro quelli che l’hanno fabbricato!noi possiamo domandarci se vi sia veramente da parte del diavolo tanta abilità come lo pretendono i nostri contraddittori. nelle sedute spiritiche, noi lo vedremmo convincere i materialisti sulla sopravvivenza dell’anima e sulla responsabilità delle azioni, distogliere gli scettici dal dubbio, dalla negazione e da tutte le sue conseguenze, predire ai gaudenti delle dure verità, costringerli a rientrare in se stessi ed orientarsi verso il bene. dove ci sarebbe per satana,vantaggio in tutto questo? il compito dello spirito delle tenebre non sarebbe, al contrario, quello di incoraggiare nelle loro idee i materialisti, gli atei, gli scettici ed i sensuali?e’ veramente puerile attribuire al demonio l’insegnamento morale che ci prodigano gli spiriti superiori. credere che satana si ingegni a distogliere gli uomini dal male, mentre che lasciandoli sdrucciolare sulla china delle passioni essi diverrebbero fatalmente sua preda, credere che esso possa insegnare loro ad amare, a pregare ed a servire dio, fino al punto di dettare loro preghiere, è attribuirgli un compito ridicolo e troppo maldestro.
se il diavolo è abile, gli si possono attribuire le risposte schiette, rozze ed intelligenti ottenute dagli ambienti dove si esperimenta a torto ed a traverso? e le manifestazioni oscene? non sono esse fatte piuttosto per distoglierci dallo spiritismo che attirarci a lui? mentre ammettendo l’intervento degli spiriti di tutti i gradi, dal più basso fino al più alto,si spiega tutto razionalmente. gli spiriti malefici non sono di natura diabolica, ma di natura semplicemente umana.non vi sono sulla terra anime perverse, incarnate fra noi, che si potrebbero considerare come demoni? quando esse ritornano nello spazio vi continuano lo stesso compito fino a che non saranno rigenerate dalle prove, soggiogate dalla sofferenza. spetta agli investigatori saggi di mettersi in guardia contro questi esseri funesti e di reagire contro la loro influenza. nella maggior parte dei circoli di esperimento invece di procedere con prudenza e rispetto, si disinteressano dei consigli di coloro che ci hanno preceduto nella via, delle ricerche. con esigenze intempestive e maniere sconvenienti, si allontanano gli influssi armonici e si attirano a sé individualità perverse e spiriti bassi. da ciò provengono tante incoerenze, disinganni ed ossessioni, che hanno potuto far credere all’esistenza dei demoni ed hanno gettato il ridicolo ed il discredito sopra lo spiritismo di basso grado.in breve, la teoria del demonio non è né positiva né scientifica. e’ un argomento comodo, che si presta a tutte le spiegazioni, permettendo di ricusare tutte le prove, tutti i casi d’identità e di fare tabula rasa delle testimonianze più autorizzate, ma poco concludenti ed assolutamente in contraddizione con la natura dei fatti.la credenza nel demonio e nell’inferno è stata combattuta con ragioni talmente perentorie che c’è da stupirsi nel vedere delle intelligenze illuminate attenervisi ancora oggi. come non capire che opponendo sempre satana a dio, ed attribuendogli sul mondo e sulle anime un potere che cresce ogni giorno, si diminuisce tanto più l’impero di dio, si rimpiccolisce la sua potenza, si rovina la sua autorità; e si mette in dubbio la saggezza, la bontà e la preveggenza del creatore! dio essendo giusto e buono, come lo dichiara l’insegnamento cattolico, non ha potuto creare un essere dotato di tutta la scienza dei male, di tutta l’arte della seduzione e dargli un potere assoluto sull’uomo debole ed inerme.
o satana è eterno, o non lo è. se lo è. dio non è più unico; vi sono due dio, quello del bene e quello del male. oppure satana è una creatura di dio; ed allora dio viene responsabile di tutto il male causato da lui; poiché, creandolo, egli sapeva e vedeva tutte le conseguenze della sua opera. e l’inferno popolato dall’immensa maggioranza delle anime cadute nella dannazione per la loro debolezza originale verso il peccato, sarà opera di dio, voluta e preveduta da lui!tali sono le conseguenze della teoria di satana e dell’inferno. ci sarà da stupirsi se essa ha prodotto tanti atei e materialisti? ed è in nome di cristo, del suo insegnamento d’amore, di carità, e di perdono, che si vantano queste dottrine! non è più conforme al vero spirito delle scritture quella rivelazione spiritica che ci mostra, dopo il riscatto e la riparazione delle loro colpe, nelle vite di prove, le anime che proseguono la loro ascensione verso la luce? così ha detto l’apostolo: «iddio non vuole che perisca nessun uomo ma che tutti vengano alla penitenza».
quelli che si dicono demoni, abbiamo visto che sono semplicemente gli spiriti inferiori, ancora proclivi al male, ma sottomessi, come tutte le anime, alla legge del progresso. non vi sono molte categorie di anime destinate, le une alla felicità, le altre alla disgrazia eterna. tutte si innalzano coi lavoro, lo studio e la sofferenza. l’unità perfetta e l’armonia regnano nell’universo. cessiamo dunque di profanare l’idea di dio con dei concetti indegni della grandezza e della bontà infinita, sappiamo spogliarla dalle misere passioni terrene che le si attribuiscono. la religione vi guadagnerà in prestigio;e mettendola in armonia con il progresso dello spirito umano, la si renderà più vivente.
agitare lo spettro di satana, e tutta la fantasmagoria dell’inferno, in un’epoca in cui l’umanità non crede più ai miti nei quali si è cullata la sua infanzia, è commettere un anacronismo; ed un esporsi a far ridere di sé. satana non spaventa più nessuno, e quelli che ne parlano di più, sono forse quelli che vi credono di meno.
si può deplorare lo sfacelo di una chimera produttiva, della quale si è lungamente abusato e spargere a tutti i venti la notizia del suo crollo. davanti a queste recriminazioni di un’altra età, il pensatore disinteressato sorride e passa. noi non crediamo più a un dio di collera e di vendetta; ma a un dio di giustizia e di misericordia infinita. lo jehovah sanguinoso e terribile ha fatto il suo tempo. il terribile inferno è chiuso per sempre. con la nuova rivelazione, discende dal cielo in terra la consolazione a tutti i dolori, il perdono a tutte le debolezze, ed il riscatto a tutti i delitti, con l’espiazione ed il pentimento.

(Nel mondo invisibile di Léon Denis)