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venerdì 22 aprile 2011

L'ANIMA HA LA COSCIENZA



163 - L’anima ha la coscienza di sé immediatamente appena lasciato il corpo?
Risposta: «Immediatamente no; essa rimane per qualche tempo in una specie di turbamento».
164 - Provano tutti gli Spiriti, e nello stesso grado e per la stessa durata, il turbamento che segue alla
separazione dell’anima dal corpo?
Risposta: «No: questo dipende dalla diversa loro elevatezza. L’uomo virtuoso si riconosce quasi immediatamente,
perché si è già emancipato dalla materia durante la vita del corpo, mentre l’uomo sensuale, la cui coscienza non è pura, serba più a lungo l’impressione di essa».
165 - La conoscenza dello Spiritismo ha qualche peso sulla durata più o meno lunga del turbamento?
Risposta: «Peso grandissimo, poiché lo Spirito conosceva già prima la sua futura condizione; ma, più di ogni altra cosa, abbreviano questa durata una pura coscienza e la pratica del bene».

Kardec: Nel momento del trapasso tutto è confuso, e all’anima occorre qualche tempo per
riconoscersi; essa è come stordita, e nello stato di chi esce da un profondo sonno, e
cerca di rendersi conto della sua condizione. La lucidezza delle idee e la memoria del
passato le ritornano a seconda che si cancella la influenza della materia, da cui si è
sciolta, e si dissipa quella specie di nebbia che ne vela i pensieri.
La durata del turbamento, che segue alla morte, è variabilissima: può essere di qualche
ora, come di più mesi, ed anche di più anni. Esso è meno lungo per quelli che già in
vita si sono apparecchiati allo stato futuro, poiché, appena vi sono, lo comprendono
immediatamente.
Il turbamento spiritico offre circostanze particolari, secondo il carattere delle
persone, e soprattutto secondo il genere della morte. In quelle violente, per suicidio,
per supplizio, per accidente, per apoplessia, per ferite, e simili, lo Spirito è
sorpreso, stupito, non crede di essere fra i morti, e lo nega con ostinazione; vede il
suo corpo, sa che è il suo e non capisce di esserne separato; va presso le persone che
ama, parla loro, e non si sa dare ragione del perché non lo ascoltino. Questa illusione
dura fino al perfetto distacco del perispirito. Solo allora lo spirito si riconosce, e
comprende che non fa più parte dei vivi.. Un tale fenomeno si spiega facilmente.
Sorpreso ad un tratto dalla morte, lo Spirito è stordito del brusco cambiamento
operatosi in lui. Egli come d’ordinario suole avvenire, credeva che morte fosse
sinonimo di distruzione, di annientamento: ora siccome egli pensa, vede, sente, non
comprende di essere morto. Ne accresce inoltre l’inganno il vedersi un corpo simile al
precedente nella forma, e la cui natura eterea egli non ha avuto ancora tempo di
studiare; egli lo crede solido e compatto come il primo; e, quando qualche cosa
richiama la sua attenzione su questo punto, si meraviglia di non potersi toccare.
Questo fenomeno è analogo a quello dei sonnambuli, i quali da principio non credono di
dormire. Per loro il sonno equivale a sospensione delle facoltà: ora, poiché pensano
liberamente, e vedono, sono persuasi di non dormire. Alcuni Spiriti presentano questa
particolarità, quantunque la morte non li abbia colti improvvisamente; ma essa è più
comune in quelli che, sebbene malati, non pensavano di morire. Si vede allora il
singolare spettacolo di uno spirito, che assiste ai suoi funerali come a quelli di un
estraneo, e ne discorre come di cosa che non lo riguarda, fino a che viene a
comprendere la verità.
Il turbamento che segue alla morte non ha nulla di penoso per l’uomo dabbene: è sereno
e in tutto simile a quello che accompagna un placido svegliarsi. Per il malvagio, al
contrario, è pieno di ansietà e di angosce, le quali aumentano a mano a mano che egli
acquista la cognizione di se stesso.
Nei casi di morte collettiva si è osservato che non tutti coloro i quali muoiono
insieme si riveggono sempre subito. Nel turbamento che segue al trapasso, ciascuno va
per la sua strada, o si cura solamente di quelli che gli sono più cari.

IL LIBRO DEGLI SPIRITI di Allan Kardec

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