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domenica 22 gennaio 2012

AMARE E ACCETTARE SE STESSI



Quando comincerete ad amarvi e ad apprezzarvi di più per l'unicità della vostra bellezza, del vostro talento e della vostra forza, rimarrete sorpresi costatando quanto sia diverso il modo in cui la gente si rapporta a voi.

Cominceranno a scoprire delle cose che apprezzavano in voi e che prima non avevano mai notato, e questo perché voi proiettate una diversa auto - immagine, che dice "Si sono effettivamente una persona meravigliosa, una miniera di qualità uniche e preziose come l'amore, la simpatia, la compassione e la forza. Ho stima di me, mi considero un essere umano completo".

Voi non siete il vostro corpo, il vostro corpo è semplicemente una parte di voi. Molte persone sono giunte a considerare il loro corpo come qualcosa di ornamentale, invece che lo strumento che permette loro di agire, di sentire e di vivere.

Questi uomini e donne credono che il loro valore personale dipenda dal fatto di essere fisicamente attraenti, e se il loro corpo non corrisponde ai canoni estetici della nostra cultura, che in ogni caso sono arbitrari e in costante evoluzione, hanno l'impressione di perdere valore come individui.

Osservate la gente per strada e notate quanti rispecchiano quella che essenzialmente è la moda culturale che ci vorrebbe sottili come giunchi o palestrati, vita stretta e spalle larghe. Il fatto che in un mondo geneticamente variegato tutti desideriamo assomigliare ai- alle top model costituisce davvero il trionfo del marketing e della pubblicità.

Susan Kano, afferma: "E solo attraverso un condizionamento ampio e continuo che un umano intelligente comincia a vedersi come un oggetto ornamentale, la cui priorità assoluta è il raggiungimento di un corpo snello, invece che come un essere umano completo che ha una miriadi di altri interessi e un potenziale illimitato".

Queste parole di grande efficacia servono a ricordarci quanta attenzione e energia abbiano convogliato sull'idea del corpo perfetto invece che sul conseguimento di un esistenza equilibrata.

Ognuno di noi può rimediare a questo stato di cose smettendo di usare il peso e la forma del corpo come misura del valore personale, sia per quanto riguarda noi stessi che gli altri.

La bellezza non è solo ciò che la società definisci tale, ed esistono vari modi per imparare ad apprezzare se stessi in quanto individui: escogitatele voi stessi, apprezzatevi per quello che siete, basandovi sulle vostre risorse e i vostri punti di forza.

Il fatto di sentirvi bene con voi stessi è qualcosa che deve assolutamente venire dall'interno: infatti, per quanto riusciate ad essere perfetti, se la vostra autostima si basa solo sul vostro aspetto esteriore, il semplice fatto di invecchiare vi distruggerà.

Molte persone hanno l'impressione che accettarsi così come sono adesso significhi in un certo senso arrendersi o rassegnarsi a rimanere grasse per sempre. "Se mi accetto così come sono -dicono- cosa mi spingerà a cambiare? Sarò solo più compiacente".

Quasi tutti vogliono evitare di sentirsi così perché già in passato si sono arresi, ritrovandosi poi a fare i conti con un senso di inadeguatezza e disperazione.

L'esperienza di accettazione di sé di queste persone è partita da circostanze negative, caratterizzate da un atteggiamento rinunciatario che le ha indotte ad accettare le cose come stavano, senza speranza di cambiare né gli strumenti per farlo. In genere, a causa degli insuccessi passati, provano anche sentimenti di odio verso di se stesse, e lì finiscono i loro tentativi di migliorare.

Quando ci si arrende, si pensa in modo rassegnato "la situazione è questa e non cambierà mai". Pensare in questo modo significa davvero rassegnarsi al ruolo di vittima. La rassegnazione è una forma di disperazione dovuta alla certezza che il futuro sarà uguale al passato.

E se invece riusciste a pensare diversamente, a credere che andate bene così come siete, anche se forse non è questo il corpo che desiderate avere? In tal caso qualsiasi cambiamento diventa qualcosa che voi avete deciso di fare, un avventura e una sfida che nascono da desideri relativi a voi stessi, ai vostri valori e a ciò che più vi sta a cuore.

Pensare che andate bene così come siete e desiderare cambiare le cose, già di per sé costituisce un nuovo contesto rispetto al modo in cui vi rapportate a voi stessi. Potreste pensare che l'autoaccettazione sta semplicemente nel riconoscere la realtà dell'attuale situazione, senza esprimere giudizi.

Ovvero avete il corpo che avete, e certe cose hanno contribuito a determinare questo stato di cose; non è né giusto né sbagliato, si dà solo il caso che sia così. E questo non significa che debba restare così per sempre. Se riuscirete a liberarvi del senso di vergogna e di delusione rispetto a voi stessi, vedrete che il solo fatto di accettare quella realtà vi permetterà di cominciare a cambiare partendo da una diversa prospettiva; vi considererete in fase di trasformazione, e quest'idea impedirà che vi sentiate bloccati dalle vostre debolezze.

Esteriormente potreste non vedere ancora i risultati di un calo ponderale, ma il cambiamento in corso parte dall'interno e il primo passo consiste nell'avere pensieri positivi riguardo a sé. Se la negatività fosse una buona fonte di motivazione, le persone più pessimiste sarebbero anche quelle di maggior successo, cosa che invece non accade.

Cominciate ad affrontare ogni sfida con un nuovo atteggiamento positivo, aspettandovi che le cose si risolvano per il meglio, e vedrete che questo vi aiuterà a modificare il vostro rapporto con il corpo. Siate consapevoli del fatto che il vostro corpo vi rende un servizio e cominciate a volervi bene per questo. Riuscirete così ad avere più fiducia nella vostra capacità di raggiungere la forma fisica ideale.

Non aspettatevi di conquistare in un battibaleno un assoluta capacità di amore e accettazione di sé, perché i messaggi negativi che per tanto tempo vi siete trasmessi sono potenti e hanno avuto modo di sedimentarsi in voi. Cercate solo di ricordarvi che le abitudini si possono modificare con l'esercizio della consapevolezza delle proprie azioni; abituatevi gradualmente a entrare in una dimensione di maggiore accettazione.

Cominciate spostando l'accento delle frasi che vi sentite pronunciare. Invece di "odio il mio corpo, mi faccio schifo, sono brutto", dite "va bene così, il mio corpo adesso è così e voglio prendermi cura di me stesso, cominciare a lavorare su di me per cambiare", oppure "mi piace tutto del mio corpo, sono bello dalla testa ai piedi, ho un aspetto fantastico, che fortuna avere un corpo sano in cui vivere".

Tratto da : SUONO DI LUCE 

sabato 14 gennaio 2012

Il Padre nostro è un meraviglioso esempio di Beatitudine, di Benessere, di Amore incondizionato.



Lascia i suoi figli liberi di scegliere le proprie esperienze e, nella fattispecie della dimensione della Terra, nei due aspetti di bene e male, di luce e di ombra, di gioia e di sofferenza. Ma, se guardate bene con maggiore attenzione, vi accorgete che non c'è solo il vile metallo nella vostra vita ma anche lo splendore dell'oro. E c’è di più: quanto più si è fermi, focalizzati nel cosiddetto negativo, tanto più si assiste a una crescita esponenziale di tale aspetto della vita.
“Ma allora - qualcuno potrà dire - bisogna ignorare il male, far finta di niente, far finta che non esiste?” Non è questa la domanda giusta. La vostra vita va vista con un maggiore ridimensionamento dei concetti basilari, la vita è esperienza e l'esperienza è di per sé senza una connotazione positiva o negativa. Diventa poi un'esperienza negativa quando essa va affrontata senza consapevolezza e senza la relativa riflessione. È proprio la riflessione che fa diventare l'esperienza un curriculum prezioso da portare con sé come propedeutico per tutte le successive esperienze, nella carne e non.
La vita, dunque, va vista non come una punizione, un allontanamento dallo stato di grazia, dallo stato ideale di puro spirito; va vista come una scelta eroica, una scelta degna di lode in merito a quanto si dovrà affrontare in sofferenza, in patimenti ma anche in gioie e soddisfazioni.
La diversità tra una vita e l'altra, tra un essere e un altro, può essere dunque considerata come un abito che, temporaneamente, quella creatura sta indossando, prezioso o meno prezioso, sgargiante o opaco, ma è un abito fatto su misura, scelto dalla creatura, e perciò non può essere scambiato con quello di un'altra persona, di un'altra creatura.
Questo fardello pesante dell'incarnazione consente, però, anche di trovare soluzioni, di trovare rimedi per alleggerirne il peso.
Prima di tutto la considerazione che ogni esperienza che si fa nella carne, e non, è attribuita, ascritta nel Piano di Dio ed è contemplata nella legge dell'Universo: la Legge di causa-effetto.
In secondo luogo, ogni esperienza nella carne ha un valore intrinseco che non rientra nei canoni stabiliti dalla legge umana e, infine, la considerazione che all'umanità è dato di sapere sulla sua origine e sulla sua destinazione.
Il mistero, dunque - come dicono i cattolici, “mistero della fede” - è solo per gli esseri inconsapevoli, è solo per chi non vuole cimentarsi nella ricerca affannosa e senza fine della verità. Anche la cosiddetta morte della parte pesante, della parte corruttibile, non ci è stata assegnata da Dio, dal Nostro Creatore.
Ciò che appartiene alla Terra ne segue le leggi ma ciò che non è della Terra ha una sua eternità. I nostri spiriti continuano a vivere in altre dimensioni e nel rispetto dell'eternità della Vita!
Così come ha lasciato detto il Cristo Gesù - ritornando all'enunciato: “Il male che incontrate sul vostro cammino diventa necessario per individuare il bene” e “Senza le tenebre non apprezzereste la luce”. Ma quando le coscienze sono pronte per superare questa dicotomia - perché non occorre più questo tipo di insegnamento - tutto diventa bene, tutto diventa luce, tutto è perfetto e immutabile.
Lasciate agli altri, a quelli che non sono sul cammino, le crisi di disperazione, di avvilimento, di annichilimento perché voi non potreste più seguire questi modi di vivere e di concepire la vita.
Quanta serenità colgo nei vostri cuori, quanta accettazione consapevole delle storture che incontrate sul cammino! Nonostante i vostri cuori siano votati alla giustizia, ricevete sempre colpi bassi ma il vostro animo è forte e provato, fortificato dalle grandi tempeste.
Come un albero maestro di una grande barca, sapete navigare tra le onde senza rovesciarvi, senza soccombere!
Il Grande Consolatore è un vostro alleato e lo sentirete sempre vicino a voi, soprattutto nei momenti di bisogno.
Il Grande Consolatore versa balsamo sulle vostre ferite e stringe un patto d'alleanza con ognuno di voi.
Così sia e così è.

dal: CERCHIO DI CATANIA 

La Luce sia con voi, fratelli, la luce che rischiara il cammino e rende sicuri i vostri passi.


Rivolgete la vostra attenzione alla fiamma che si è prodotta al centro di questo cerchio, si muove ondeggiando e crescendo in potenza.
- Si muove ondeggiando e lambisce le vostre persone, attraversa tutti i vostri corpi, da quelli più pesanti a quelli più sottili.
- Prende possesso di tutti i vostri corpi affinché siano sempre pieni di energia e di luce e la bellezza dei vostri esseri non passi mai inosservata.
- Si impossessa del vostro cuore fisico ed energetico, lo rifocilla, lo nutre, vi nutre.
- Si insinua nelle vostre viscere, nel chakra delle emozioni, le addolcisce e le pianifica e affinché tutti gli organi, tutti gli apparati e i chakra corrispondenti si rinforzino, si rinsaldino e si armonizzino tra di loro.
Quando c'è armonia ogni organo esplica la propria funzione, in assetto e in risonanza con gli altri organi, con gli altri apparati. In tal modo la distribuzione dell'energia riesce equilibrata e l'insieme dei vostri corpi riceve la giusta dose.
Ogni eccesso e ogni deficienza vengono banditi, allontanati come cattive abitudini che vanno dimenticate per riproporre questa nuova composizione dinamica ed equilibrata dell'energia affinché voi possiate dare il meglio di voi stessi nell'operatività e potenziare al massimo la capacità intuitiva attraverso il riequilibrio di tutti i vostri sensi interiori. I sensi interiori, di cui il Creatore vi ha fatto, ci ha fatto dono risentono espressamente del buono o del cattivo funzionamento dei vari settori o siti costituiti.
Pertanto, è importantissimo che tutti vostri corpi, da quello più pesante a quello più sottile funzionino in armonia e l'interazione, che diventa sempre più salda, più stabile, fa sviluppare, o meglio permette che si risveglino i cosiddetti poteri paranormali.
Il lungo apprendistato durante il quale vi abbiamo condotto per mano porta a degli epiloghi, produce degli effetti ed uno di questi è quello a cui sopra si è accennato.
Anche in questo settore dell'extra sensorialità si procede pian piano e con metodo perché ogni risveglio precoce o esagerato potrebbe portarvi nocumento.
Più di uno di voi è già in grado di leggere nel pensiero dell'altro, di sentire le sue emozioni; qualcun altro, attraverso le proprie mani, sul corpo di un fratello sente la presenza di una malattia, di una disfunzione; qualcun altro riceve insegnamenti e profezie nei sogni della notte.
Tutto questo è molto bello ed è un crescendo che va controllato con molto scrupolo!
C'è tanta saggezza in voi, fratelli, per capire intimamente le mie parole, le mie raccomandazioni affinché non si facciano voli pindarici o delle conseguenti cadute rovinose. Seguite, se potete, i nostri consigli affinché la rosa che è in voi apra i suoi petali armoniosamente e delicatamente cosicché il profumo che essa emanerà rimarrà persistente e penetrante e la freschezza dei suoi petali non si spegnerà rapidamente.
Ora vi insegniamo, vi suggeriamo un approccio un po' diverso dalle consuetudini, un approccio alla luce che il vostro spirito emette come se fosse tutto concentrato in una scatola e poi, aprendo questa scatola, la luce assumerà una dimensione infinita
espandendosi a raggiera. Allora portate sempre con voi questa scatola preziosa come un bagaglio appresso, di estrema necessità, di grande utilità. Come fate voi donne, introducetela nelle vostre borsetta assieme alle cose indispensabili, agli oggetti cui non facilmente rinuncereste. Una scatola delle meraviglie che può produrre tutti gli effetti che desiderate. Ora la stiamo utilizzando per irrorare il vostro mondo di meravigliosa energia vivificante e trasformatrice di tutti i mali della Terra; essa raddoppia il suo volume e si espande oltre i confini di questo Pianeta, si mescola all'energia dell'Universo, innalza la sua potenza vibratoria, si arricchisce di ulteriore amore e ritorna sulla Terra come pioggia benefica; anche sui vostri corpi, fratelli, sulle vostre case, sui vostri familiari. Vi dona l'humus giusto, l'humus necessario alle vostre attività. Dopodiché richiudetela di nuovo in questa scatola, sarà sempre pronta lì a servirvi, ad esservi di aiuto.

dal : CERCHIO DI CATANIA 

domenica 8 gennaio 2012

CAMBIAMENTO – interiore – in meglio –


Se non vi rendete idonei, ricettivi alla ricerca e interessati all’individuazione dei cambiamenti in meglio
della vostra vita, tutto vi apparirà ineluttabile. Invece, in ogni accadimento, in ogni circostanza
e ad ogni incontro apparentemente casuale, è prevista la possibilità del cambiamento.
La trasformazione della vostra vita, per quello che vi è possibile, è nelle vostre mani. Per molti di voi è
più comodo non credere in queste verità e restare fermi a compiangersi o, addirittura, a maledire la vita.
Così facendo, quel grande potere che è contenuto nel gene spirituale di ognuno diventa un mero accessorio della vostra esistenza. Se invece si puntasse tutta la propria energia, tutta la capacità del pensiero su questo
elemento, se cioè si fosse fermamente convinti di essere in potenza una divinità in brevissimo tempo
tutti i problemi dell’uomo diverrebbero un’inezia e non se ne creerebbero altri e altri ancora, per appesantire la vostra esistenza.
Vi abbiamo esortato in passato a fare in modo di diminuire la pressione dolorosa della vostra
esistenza, affrontando i fatti della vita, della quotidianità, immediatamente e uno per volta,
evitando di farli accumulare irrisolti e di diventare macigni sul vostro cuore... 14.7.96
A nostro avviso, si impone un lavoro su se stessi. Questo lavoro dovrà essere continuo e senza
sosta, non ritenendosi mai di avere raggiunto quell'apice di perfezione che, pur essendo compreso nel vostro agire, non potrà essere raggiunto subito da tutti. Scarnendo ogni giorno la vostra interiorità dagli elementi intrusivi, dagli elementi egoistici, si può trovare e riconoscere l'essenza del proprio essere. Tutte queste essenze, coniugandosi ognuna con la propria peculiarità, producono un frutto speciale: l'avvento della Coscienza cristica circolante e operante tra l'umanità.
Ognuno di voi e di noi fratelli è un Cristo in potenza e, pur nel vanto di questo riconoscimento, c'è
l'assunzione di grandi rischi, quali quelli di essere fraintesi, ridicolizzati o, addirittura, perseguitati.
Chi è certo delle proprie convinzioni, assume la forza e la fermezza di una roccia che non teme
la violenza del vento e della tempesta.
Per voi tutti, fratelli, ci saranno - come è inevitabile - delusioni e contrasti da parte di coloro che non
si sentono vicini al vostro stesso anelito, ma siate certi che il contrasto non potrà mai venire da chi è
sveglio e consapevole della Verità di Dio.
Fate in modo che nel vostro cuore non vacilli mai questa certezza e la volontà si adegui a questa
convinzione. Se a volte essa è debole ai tanti allettamenti della materia che vi costringe ad essere
imbrigliati in essa, sta a voi farla crescere e farla diventare resistente, attraverso il dominio del vostro
spirito su di essa.
Facendo tutto questo con amore e con la dolcezza della convinzione, porterete la vostra volontà a
seguire le vostre direttive.
C'è ancora molto lavoro da espletare, ma non è il tempo quello che conta, piuttosto è quella auspicata
apertura di cuore e di mente che per voi uomini della Terra è un traguardo e per noi
Fratelli nello Spirito è l'espletamento del nostro compito… 27.12.96

Messaggi dal CERCHIO DI CATANIA

IL PASSAGGIO (dopo la morte)



1 - La fede nell’esistenza futura non esclude i timori per il passaggio da questa
all’altra vita. Molti non temono la morte di per se stessa; ciò che temono è il
momento della transizione. Si soffre o non si soffre nella traversata? E’ questo
ciò che li inquieta; e ciò è tanto più vero in quanto nessuno può sottrarvisi. Si
può rinunciare a un viaggio terreno: ma qui, ricchi e poveri debbono
egualmente compiere questo passo, e se è doloroso, né il rango, né la fortuna
possono addolcirne l’amarezza.
2 - Quando si vede la serenità di certe morti, e le terribili convulsioni Di
agonia di certe altre, si può già comprendere che le sensazioni non sono
sempre le stesse: ma chi può illuminarci a questo proposito? Chi ci descriverà
il fenomeno fisiologico della separazione dell’anima dal corpo? Chi ci dirà le
impressioni di quell’istante supremo? Su questo punto, la scienza e la
religione tacciono.
E perché? Perché ad entrambe manca la conoscenza delle leggi che regolano i
rapporti tra spirito e materia; la prima si arresta sulla soglia della vita
spirituale, la seconda sulla soglia della vita materiale. Lo Spiritismo è l’anello
di congiunzione tra loro; è il solo che può dire come si opera la transizione, sia grazie alle nozioni più positive che esso dà circa la natura dell’anima, sia
grazie al racconto di coloro che hanno lasciato la vita. La conoscenza del
legame fluidico che unisce anima e corpo è la chiave di questo fenomeno,
come pure di molti altri.
3 - La materia inerte è insensibile: questo è un fatto positivo; solo l’anima
prova le sensazioni del piacere e del dolore. In vita, ogni disgregazione della
materia si ripercuote sull’anima, che ne riceve un’impressione più o meno
dolorosa. E’ l’anima che soffre, non il corpo; questo è soltanto lo strumento
del dolore; l’anima è il paziente. Dopo la morte, poiché è separato dall’anima,
il corpo può essere impunemente mutilato, poiché non sente nulla; l’anima,
poiché è isolata, non risente la disorganizzazione del corpo; ha sensazioni
proprie, la cui origine non è nella materia tangibile.
Il perispirito è l’involucro fluidico dell’anima, dalla quale non è separato né
prima né dopo la morte, e con la quale forma, per così dire, un tutto unico,
poiché non è possibile concepire l’uno senza l’altra. Durante la vita, il fluido
perispiritico penetra il corpo in tutte le sue parti, e serve da veicolo alle
sensazioni fisiche dell’anima: è appunto attraverso questo intermediario che
l’anima agisce sul corpo e ne dirige i movimenti.
4 - L’estinzione della vita organica porta alla separazione dell’anima dal corpo
mediante la rottura del legame fluidico che li univa; ma questa separazione
non è mai brusca; il fluido perispiritico si libera a poco a poco da tutti gli
organi, in modo che la separazione non è completa e assoluta finché un solo
atomo del perispirito rimane unito a una molecola del corpo. La sensazione
dolorosa che l’anima prova in quel momento è proporzionale ai
punti di contatto che esistono tra il corpo e il perispirito e alla
difficoltà più o meno grande che la separazione presenta.
Non ci si deve quindi nascondere che, a seconda delle circostanze, la morte
può essere più o meno dolorosa. Sono appunto queste diverse circostanze che
intendiamo esaminare.
5 - Innanzi tutto, prendiamo i quattro casi seguenti, che si possono
considerare come situazioni estreme, tra le quali esistono innumerevoli
sfumature:
1°. Se al momento dell’estinzione della vita organica, il distacco del perispirito
si fosse compiuto completamente, l’anima non sentirebbe assolutamente
nulla;
2°. se in quel momento la coesione dei due elementi si presenta in tutta la sua
forza, si produce una specie di lacerazione forzata, che si ripercuote
dolorosamente sull’anima;
3°. se la coesione è debole, la separazione e facile e si realizza senza scosse;
4°. se, dopo la cessazione completa della vita organica, esistono ancora
numerosi punti di contatto tra il corpo e il perispirito, l’anima potrà risentire
gli effetti della decomposizione del corpo fino a quando il legame non sarà
completamente spezzato.
Ne consegue che la sofferenza che accompagna la morte è subordinata alla
forza di coesione che unisce il corpo e il perispirito; che quanto può
contribuire alla diminuzione di questa forza e alla rapidità del distacco rende
il trapasso meno difficile; infine, che se il distacco si opera senza alcuna
difficoltà, l’anima non prova alcuna sensazione sgradevole.
6 - Nel passaggio dalla vita corporale alla vita spirituale, si produce anche un
altro fenomeno di importanza capitale: quello del turbamento. In
quell’istante, l’anima prova un torpore che paralizza momentaneamente le
sue facoltà e neutralizza, almeno in parte, le sensazioni; l’anima, per così dire,
cade in catalessi, in modo che quasi mai è testimone cosciente dell’ultimo
respiro. Diciamo quasi mai perché vi è un caso in cui può averne coscienza,
come vedremo tra poco. Il turbamento può essere quindi considerato come lo
stato normale all’istante della morte: ha una durata indeterminata, che varia
da poche ore a diversi anni. Via via che si dissipa, l’anima si trova nella
situazione di un uomo che si desta da un sonno profondo; le idee sono
confuse, vaghe e incerte; si vede come attraverso una nebbia; a poco a poco la
vista si schiarisce, la memoria ritorna, secondo gli individui. Negli uni è
serena e procura una sensazione deliziosa, e permette di riconoscersi; ma
questo risveglio è ben diverso in altri: è pieno di terrore e di ansietà, e
produce l’effetto di un incubo spaventoso.
7 - Il momento dell’ultimo respiro non è, quindi, il più doloroso, perché, di
solito, l’anima non ha coscienza di sé; ma prima soffre per la disaggregazione
dalla materia, durante le convulsioni dell’agonia, e dopo per le angosce del
turbamento. Diciamo subito che non si tratta di una situazione generale.
L’intensità e la durata della sofferenza sono, come abbiamo detto, in rapporto
con l’affinità che esiste tra il corpo e il perispirito; più è grande tale affinità, e
più lunghi e dolorosi sono gli sforzi che lo Spirito compie per distaccarsi dai
suoi legami; ma vi sono persone in cui la coesione è così debole che il distacco
si opera da solo, naturalmente. Lo Spirito si separa dal corpo come un frutto
maturo si distacca dal ramo: è il caso delle morti serene e dei lieti risvegli.
8 - Lo stato morale dell’anima è la causa principale che influisce sulla
maggiore o minore facilità del distacco. L’affinità tra il corpo e il perispirito è
proporzionale all’attaccamento che lo Spirito prova per la materia: è massima
nell’uomo che concentra tutte le sue preoccupazioni sulla vita e sulle gioie
materiali; è quasi nulla in colui la cui anima purificata si è identificata,
attraverso l’anticipazione, con la vita spirituale. Poiché la lentezza e la
difficoltà della separazione sono in rapporto diretto con il grado di
purificazione e di dematerializzazione dell’anima, spetta ad ognuno rendere il
trapasso più o meno facile o faticoso, piacevole o doloroso.
Stabilito questo, sia in teoria che come risultato dell’osservazione, ci rimane
da esaminare l’influenza del tipo di morte sulle sensazioni dell’anima
all’ultimo momento.
9 - Nella morte naturale, che risulta dall’estinzione delle forze vitali ad opera
della vecchiaia o della malattia, il distacco si opera gradualmente; nell’uomo
la cui anima è dematerializzata e i cui pensieri sono distaccati dalle cose
terrestri, il distacco è quasi completo prima della morte reale; il corpo vive
ancora della vita organica, ma l’anima è già entrata nella vita spirituale ed è
legata al corpo da un legame così debole che si rompe senza dolore all’ultimo
battito del cuore. In questa situazione, lo Spirito può avere già recuperato la
sua lucidità, ed essere testimone cosciente dell’estinzione della vita del
proprio corpo, del quale è felice di liberarsi; per lui il turbamento è pressoché
nullo; non è che un momento di sonno sereno, dal quale esce con un’indicibile
sensazione di felicità e di speranza.
Nell’uomo materiale e sensuale, che ha vissuto più con il corpo che con lo
spirito, e non dà importanza alla vita spirituale, neppure quale realtà nel suo
pensiero, tutto ha contribuito a stringere i vincoli che lo legano alla materia;nulla li ha allentati nel corso della sua vita.
All’avvicinarsi della morte, il distacco si opera per gradi, ma per mezzo di
sforzi continui. Le convulsioni dell’agonia sono l’indice della lotta che sostiene
lo Spirito, il quale talvolta vuole rompere i legami che gli resistono, e talvolta
si aggrappa al corpo dal quale lo strappa una forza irresistibile.
10 - Lo Spirito si attacca tanto più alla vita corporale se al di là di essa non
vede nulla; sente che gli sfugge e vuole trattenerla; invece di abbandonarsi al
moto che lo trascina, resiste con tutte le sue forze; in questo modo può
prolungare la lotta per giorni, settimane o mesi interi. Senza dubbio, in quel
momento, lo Spirito non possiede tutta la sua lucidità; il turbamento è
incominciato molto tempo prima della morte, ma non per questo egli soffre
meno, e lo stato vago in cui si trova, l’incertezza circa la propria sorte
accrescono le sue angosce. Sopravviene la morte, ma non è tutto finito; il
turbamento continua; lo Spirito sente di vivere, ma non sa se quella è la vita
materiale o la vita spirituale; lotta ancora fino a quando gli ultimi legami del
perispirito si spezzano. La morte pone fine alla malattia effettiva, ma non ne
ha interrotto le conseguenze; finché esistono punti di contatto tra il corpo e il
perispirito, lo Spirito ne avverte le conseguenze e ne soffre.
11 - Ben diversa è la situazione dello Spirito dematerializzato, anche nelle
malattie più crudeli. I legami fluidici che l’uniscono al corpo sono deboli,
perciò si spezzano senza scosse; la sua fiducia nell’avvenire, che già intravede
con il pensiero, e talvolta addirittura nella realtà, lo induce a considerare la
morte come una liberazione dai suoi mali e come una prova; perciò la serenità morale e la rassegnazione gli addolciscono le sofferenze; al risveglio si sente libero, integro, alleggerito da un grande peso, e felice di non soffrire più.
12 - Nei casi di morte violenta, le condizioni non sono le stesse. Non vi è stata
una disaggregazione parziale che ha portato ad una separazione preliminare
tra il corpo e il perispirito; la vita organica, nel pieno della sua forza, si è
interrotta di colpo; il distacco del perispirito non incomincia quindi se non
dopo la morte, e in questo caso, come negli altri, non può compiersi
istantaneamente. Lo Spirito, preso alla sprovvista, è come stordito; ma poiché
si accorge di pensare, si crede ancora vivo, e questa illusione dura fino a
quando non si è reso conto della propria situazione. Questo stato intermedio
tra la vita corporale e la vita spirituale è uno dei più interessanti da studiare,
perché presenta lo spettacolo singolare di uno Spirito che scambia il proprio
corpo fluidico per il corpo materiale, e prova tutte le sensazioni della vita
organica.
Presenta sfumature infinite, a seconda del carattere, delle conoscenze e del
grado di avanzamento morale dello Spirito. E’ di breve durata per coloro la cui anima è purificata, perché in essi vi era già un distacco anticipato che la
morte, anche repentina, si limita a completare più rapidamente; per altri, può prolungarsi anche per anni.
Si tratta di uno stato assai frequente, anche nel caso di morte naturale, e per
alcuni non ha nulla di doloroso, a seconda delle qualità dello Spirito; ma per
altri è una situazione terribile. Si tratta di una posizione particolarmente
dolorosa, soprattutto per il suicida. Il corpo si aggrappa al perispirito con
tutte le sue fibre, tutte le convulsioni del corpo si ripercuotono sull’anima, che
prova allora sofferenze atroci.
13 - Lo stato dello Spirito al momento della morte si può così riassumere:
Lo Spirito soffre tanto più è lento il distacco del perispirito; la rapidità del
distacco è proporzionale al grado di avanzamento morale dello Spirito; per lo
spirito dematerializzato, in cui la coscienza è pura, la morte è un sonno di
pochi attimi, esente da ogni sofferenza, ed il risveglio è pieno di soavità.
14 - Per lavorare alla propria purificazione, per reprimere le proprie tendenze
malvagie, per vincere le proprie passioni, bisogna vederne i vantaggi
futuri; per identificarsi con la vita futura, per dirigervi le proprie aspirazioni,bisogna non soltanto credervi, ma anche comprenderla; bisogna
rappresentarsela sotto un aspetto soddisfacente per la ragione, in completo
accordo con la logica, il buon senso e l’idea che ci si fa della grandezza, della
bontà e della giustizia di Dio. Tra tutte le dottrine filosofiche, lo Spiritismo è
quello che esercita, sotto questo rapporto, l’influenza più potente, grazie alla
fede incrollabile che sa donare.
Lo spiritista serio non si limita a credere; crede perché comprende, e
comprende perché ci si rivolge al suo giudizio; la vita futura è una realtà che si snoda incessantemente sotto ai suoi occhi; la vede e la tocca, per così dire, in ogni istante; il dubbio non può penetrare nella sua anima. La vita corporale,così limitata, si cancella per lui al confronto con la vita spirituale, che è la vera vita; perciò egli non bada molto agli incidenti che accadono lungo la strada, e si rassegna alle vicissitudini, di cui comprende la causa e l’utilità. La sua anima si eleva grazie ai rapporti diretti che intrattiene con il mondo invisibile:
i legami fluidici che lo legano alla materia si indeboliscono, e così si opera un
primo distacco parziale, che facilita il trapasso da questa all’altra vita. Il
turbamento inseparabile dalla transizione è di breve durata perché, non
appena ha compiuto il passo decisivo, si riconosce; per lui non vi è nulla di
estraneo; si rende subito conto della sua situazione.
15 - Lo Spiritismo non è certo indispensabile per giungere a questo risultato,
e non ha affatto la pretesa di essere il solo ad assicurare la salvezza
dell’anima; ma la facilita, grazie alle conoscenze che procura, ai sentimenti
che ispira e alle disposizioni in cui pone lo Spirito, facendogli comprendere la
necessità di migliorarsi. Inoltre dà a ciascuno i mezzi per facilitare il distacco
di altri Spiriti al momento in cui abbandonano l’involucro terreno, e per
abbreviare la durata del turbamento per mezzo della preghiera e
dell’evocazione. Per mezzo della preghiera sincera, che è una magnetizzazione
spirituale, si provoca un più rapido distacco del fluido perispiritico; per mezzo di un’evocazione condotta con saggezza e prudenza, e con parole di
benevolenza e di incoraggiamento, si trae lo Spirito dallo stordimento in cui si
trova, e lo si aiuta a riconoscersi più presto se è sofferente, lo si esorta al

VOLUME II
130
pentimento, che può abbreviare le sofferenze (1).
(1) Gli esempi che citiamo qui di seguito presentano gli Spiriti nelle diverse
fasi di felicità e di infelicità della vita spirituale. Non siamo andati a cercarli
tra i personaggi più o meno illustri dell’antichità, la cui posizione ha potuto
cambiare considerevolmente dopo l’esistenza più nota, e che non
offrirebbero, del resto, prove sufficienti di autenticità. Li abbiamo invece
attinti nelle circostanze più comuni della vita contemporanea, perché sono
quelli in cui ognuno può trovare le maggiori somiglianze, e da cui si possono
trarre, per confronto, le istruzioni più utili. Più l’esistenza terrena degli
Spiriti è vicina a noi, per la posizione sociale, per i rapporti o i legami di
parentela, e più ci interessa, e più è facile controllarne l’identità. Le posizioni
comuni sono quelle più numerose, perché ognuno può facilmente fame
l’applicazione a se stesso; le posizioni eccezionali colpiscono meno, perché
escono dalla sfera delle nostre abitudini. Non sono quindi i casi illustri,
quelli che abbiamo ricercato; se, tra questi esempi, si trovano anche alcuni
personaggi conosciuti, in grande maggioranza si tratta di persone del tutto
oscure; i nomi risonanti non avrebbero aggiunto nulla all’istruzione e
avrebbero potuto urtare molte suscettibilità. Noi non ci rivolgiamo né ai
curiosi né agli amatori di scandali, ma a coloro che vogliono seriamente
istruirsi.
Questi esempi potrebbero moltiplicarsi all’infinito; ma costretti a limitarne il numero, abbiamo fatto una scelta di quelli che potevano gettare maggior
luce sullo stato del mondo spirituale, sia per la posizione dello Spirito, sia
per le spiegazioni che questi è stato in grado di dare. In maggioranza sono
inediti; solo alcuni sono già stati pubblicati sulla Revue Spirite; di questi
ultimi, abbiamo soppresso i particolari superflui, conservando solo le parti
essenziali per il fine che qui ci proponiamo, e abbiamo aggiunto le istruzioni
complementari alle quali hanno eventualmente dato luogo in seguito



LE RIVELAZIONI DEGLI SPIRITI (Allan Kardec )

MOLTIPLICAZIONE DEI PANI



48 - La moltiplicazione dei pani è uno dei miracoli che ha reso più perplessi i
commentatori, e che ha dato più corda agli increduli. Senza darsi la pena di
sondarne il senso allegorico, questi ultimi vi scorgono soltanto un racconto
puerile; ma in maggioranza le persone serie hanno visto in questo episodio,
benché sotto una forma diversa da quella ordinaria, una parabola che
paragona il nutrimento spirituale dell’anima al nutrimento del corpo.
Vi si può scorgere, tuttavia, più di una immagine, e ammettere, da un certo
punto di vista, la realtà di un fatto materiale senza dover per questo ricorrere
al prodigio. Si sa che una grande preoccupazione spirituale, l’attenzione
concentrata su di una data cosa fanno dimenticare la fame. Orbene, coloro
che seguivano Gesù erano individui ansiosi di ascoltarlo: non vi è quindi nulla
di sorprendente se, affascinati dalle sue parole e forse anche dalla potente
azione magnetica che egli esercitava su di loro, non provassero il bisogno
materiale di mangiare.
Gesù, che prevedeva tale risultato, ha potuto quindi tranquillizzare i suoi
discepoli dicendo loro, con il linguaggio figurato a lui abituale, e ammettendo
che fossero stati portati veramente alcuni pani, che questi sarebbero bastati
per sfamare la folla. Nello stesso tempo, dava loro una lezione: «Datevi voi
stessi in pasto a loro», diceva: e insegnava in tal modo che anch’essi potevano
nutrire per mezzo della parola.
Così, accanto al senso allegorico morale, egli ha potuto produrre un effetto
fisiologico naturale assai noto. Il prodigio, in questo caso, consiste
nell’ascendente delle parole di Gesù, potente al punto di catturare l’attenzione
di una folla immensa e di renderla dimentica del cibo. Questa potenza morale
testimonia della superiorità di Gesù, assai più del fatto puramente materiale
della moltiplicazione dei pani, che deve essere considerata come un’allegoria.
Questa spiegazione si trova comunque confermata dallo stesso Gesù, nei due
passi seguenti:

Il lievito dei farisei
49 - Ora i suoi discepoli erano passati al di là dell’acqua, e avevano
dimenticato di prendere del pane. - Gesù disse loro: Guardatevi dal lievito dei
farisei e dei saducei. - Ma essi pensavano e dicevano tra loro: E’ perché non
abbiamo preso del pane.
Gesù sapeva questo, e disse loro: Uomini di poca fede, perché parlate tra voi
del fatto che non avete preso del pane? Non comprendete ancora, e non vi
ricordate che cinque pani sono bastati per cinquemila uomini, e che voi ne
avete portato via interi panieri? Perché non comprendete che non è del pane
che io vi ho parlato, quando vi ho detto di guardarvi dal lievito dei farisei e dei
saducei?
Allora quelli compresero che egli non aveva detto loro di guardarsi dal lievito
che si mette nel pane, ma della dottrina dei farisei e dei saducei (Matteo, cap.
XVI, vs. 5-12).

Il pane del cielo
50 - L’indomani la folla, che era rimasta sull’altra sponda del mare, si accorse
che là non vi era altra barca, e che Gesù non vi era salito con i suoi discepoli,
ma che soltanto i discepoli erano andati, - e poiché erano arrivate altre barche di Tiberiade, presso il luogo in cui il Signore, dopo aver reso grazie, li aveva nutriti con cinque pani; - e compresero finalmente che Gesù non era là, come non vi erano i suoi discepoli; salirono su queste barche ed andarono a
Cafarnao per cercare Gesù. - E quando lo trovarono sull’altra sponda del
mare, gli dissero: Maestro, quando sei venuto qui?
Gesù rispose loro: In verità, in verità vi dico, voi mi cercate, non già per i
miracoli che avete veduto, ma perché vi ho dato da mangiare del pane, e voi
ve ne siete saziati.
Lavorate per avere non il nutrimento che perisce, ma quello che resta per la
vita eterna, e che il Figliol dell’uomo vi darà perché è in lui che Dio Padre ha
impresso il suo sigillo e il suo carattere.
Essi gli dissero: Come potremo fare le opere di Dio? Gesù rispose: L’opera di
Dio è che voi crediate in colui che egli vi ha mandato.
Essi gli dissero: Quale miracolo fai tu, perché vedendolo noi crediamo? Che
fai di straordinario? - I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto,
secondo ciò che è scritto: Egli diede loro da mangiare il pane del cielo.
Gesù rispose loro: In verità, in verità vi dico, Mosè non vi ha dato il pane del
cielo; ma è mio Padre che vi dà il vero pane del cielo. - Perché il pane di Dio è
quello che è disceso dal cielo, e che dà la vita al mondo.
Allora essi gli dissero: Signore, dacci sempre di quel pane. Gesù rispose: Io
sono il pane di vita; colui che viene a me non avrà fame, e colui che
crede in me non avrà mai sete. - Ma io ve l’ho già detto: voi mi avete
veduto e non credete.
In verità, in verità vi dico, colui che crede in me ha la vita eterna. - Io sono il
pane di vita. - I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, e sono
morti. - Ma ecco il pane che è disceso dal cielo, affinché colui che ne mangia
non muoia (Giovanni, cap. VI, vs. 22-36 e 47-50).
51 - Nel primo passo, Gesù ricorda l’effetto prodotto in precedenza, e in tal
modo fa capire chiaramente che non s’era trattato di pani materiali;
altrimenti, il confronto che egli stabilisce con il lievito dei farisei sarebbe
senza scopo. «Non comprendete dunque ancora», egli dice, «e non
ricordate che cinque pani sono stati sufficienti per cinquemila uomini, e che
sette pani sono bastati per quattromila uomini? Come non comprendete che
non è del pane che voglio parlarvi, quando vi dico di guardarvi dal lievito dei
farisei?». Questo accostamento non avrebbe alcuna ragione d’essere, se è vera
l’ipotesi di una moltiplicazione materiale. Il fatto sarebbe stato tanto
straordinario in se stesso da colpire l’immaginazione dei discepoli i quali,
invece, sembrano non ricordarsene affatto.
Tutto ciò risulta non meno chiaramente dal discorso di Gesù sul pane del
cielo, in cui egli si sforza di fare comprendere il vero significato del
nutrimento spirituale. «Lavorate», egli dice «non per avere il nutrimento che
perisce, ma quello che rimane per la vita eterna, e che il Figliol dell’uomo vi
darà». Questo nutrimento è la sua parola, che è il pane disceso dal cielo e che
dà la vita al mondo. «Io sono», egli dice, «il pane di vita; colui che viene a
me non avrà fame, e colui che crede in me non avrà mai sete».
Ma queste distinzioni erano troppo sottili per quelle nature brute, che
comprendevano esclusivamente le cose tangibili. La manna che aveva nutrito
il corpo dei loro antenati era per loro il vero pane del cielo; quello era il
miracolo. Se, quindi, la moltiplicazione dei pani aveva avuto luogo
materialmente, come era possibile che quegli uomini, per il cui vantaggio era
avvenuta pochi giorni prima, ne fossero rimasti così poco colpiti da dire a
Gesù: «Quale miracolo fai dunque tu, perché vedendolo noi ti crediamo? Che
fai di straordinario?». Essi, infatti, intendevano come miracoli i prodigi
richiesti anche da farisei, cioè segni nel cielo operati a comando, come con la
bacchetta magica di un incantatore. Ciò che faceva Gesù era troppo semplice,
e non si discostava a sufficienza dalle leggi della natura; persino le guarigioni
non avevano un carattere abbastanza strano e abbastanza straordinario: i
miracoli spirituali, per loro, non avevano sufficiente sostanza.


 LE RIVELAZIONI DEGLI SPIRITI ( Allan Kardec )