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domenica 8 gennaio 2012

IL PASSAGGIO (dopo la morte)



1 - La fede nell’esistenza futura non esclude i timori per il passaggio da questa
all’altra vita. Molti non temono la morte di per se stessa; ciò che temono è il
momento della transizione. Si soffre o non si soffre nella traversata? E’ questo
ciò che li inquieta; e ciò è tanto più vero in quanto nessuno può sottrarvisi. Si
può rinunciare a un viaggio terreno: ma qui, ricchi e poveri debbono
egualmente compiere questo passo, e se è doloroso, né il rango, né la fortuna
possono addolcirne l’amarezza.
2 - Quando si vede la serenità di certe morti, e le terribili convulsioni Di
agonia di certe altre, si può già comprendere che le sensazioni non sono
sempre le stesse: ma chi può illuminarci a questo proposito? Chi ci descriverà
il fenomeno fisiologico della separazione dell’anima dal corpo? Chi ci dirà le
impressioni di quell’istante supremo? Su questo punto, la scienza e la
religione tacciono.
E perché? Perché ad entrambe manca la conoscenza delle leggi che regolano i
rapporti tra spirito e materia; la prima si arresta sulla soglia della vita
spirituale, la seconda sulla soglia della vita materiale. Lo Spiritismo è l’anello
di congiunzione tra loro; è il solo che può dire come si opera la transizione, sia grazie alle nozioni più positive che esso dà circa la natura dell’anima, sia
grazie al racconto di coloro che hanno lasciato la vita. La conoscenza del
legame fluidico che unisce anima e corpo è la chiave di questo fenomeno,
come pure di molti altri.
3 - La materia inerte è insensibile: questo è un fatto positivo; solo l’anima
prova le sensazioni del piacere e del dolore. In vita, ogni disgregazione della
materia si ripercuote sull’anima, che ne riceve un’impressione più o meno
dolorosa. E’ l’anima che soffre, non il corpo; questo è soltanto lo strumento
del dolore; l’anima è il paziente. Dopo la morte, poiché è separato dall’anima,
il corpo può essere impunemente mutilato, poiché non sente nulla; l’anima,
poiché è isolata, non risente la disorganizzazione del corpo; ha sensazioni
proprie, la cui origine non è nella materia tangibile.
Il perispirito è l’involucro fluidico dell’anima, dalla quale non è separato né
prima né dopo la morte, e con la quale forma, per così dire, un tutto unico,
poiché non è possibile concepire l’uno senza l’altra. Durante la vita, il fluido
perispiritico penetra il corpo in tutte le sue parti, e serve da veicolo alle
sensazioni fisiche dell’anima: è appunto attraverso questo intermediario che
l’anima agisce sul corpo e ne dirige i movimenti.
4 - L’estinzione della vita organica porta alla separazione dell’anima dal corpo
mediante la rottura del legame fluidico che li univa; ma questa separazione
non è mai brusca; il fluido perispiritico si libera a poco a poco da tutti gli
organi, in modo che la separazione non è completa e assoluta finché un solo
atomo del perispirito rimane unito a una molecola del corpo. La sensazione
dolorosa che l’anima prova in quel momento è proporzionale ai
punti di contatto che esistono tra il corpo e il perispirito e alla
difficoltà più o meno grande che la separazione presenta.
Non ci si deve quindi nascondere che, a seconda delle circostanze, la morte
può essere più o meno dolorosa. Sono appunto queste diverse circostanze che
intendiamo esaminare.
5 - Innanzi tutto, prendiamo i quattro casi seguenti, che si possono
considerare come situazioni estreme, tra le quali esistono innumerevoli
sfumature:
1°. Se al momento dell’estinzione della vita organica, il distacco del perispirito
si fosse compiuto completamente, l’anima non sentirebbe assolutamente
nulla;
2°. se in quel momento la coesione dei due elementi si presenta in tutta la sua
forza, si produce una specie di lacerazione forzata, che si ripercuote
dolorosamente sull’anima;
3°. se la coesione è debole, la separazione e facile e si realizza senza scosse;
4°. se, dopo la cessazione completa della vita organica, esistono ancora
numerosi punti di contatto tra il corpo e il perispirito, l’anima potrà risentire
gli effetti della decomposizione del corpo fino a quando il legame non sarà
completamente spezzato.
Ne consegue che la sofferenza che accompagna la morte è subordinata alla
forza di coesione che unisce il corpo e il perispirito; che quanto può
contribuire alla diminuzione di questa forza e alla rapidità del distacco rende
il trapasso meno difficile; infine, che se il distacco si opera senza alcuna
difficoltà, l’anima non prova alcuna sensazione sgradevole.
6 - Nel passaggio dalla vita corporale alla vita spirituale, si produce anche un
altro fenomeno di importanza capitale: quello del turbamento. In
quell’istante, l’anima prova un torpore che paralizza momentaneamente le
sue facoltà e neutralizza, almeno in parte, le sensazioni; l’anima, per così dire,
cade in catalessi, in modo che quasi mai è testimone cosciente dell’ultimo
respiro. Diciamo quasi mai perché vi è un caso in cui può averne coscienza,
come vedremo tra poco. Il turbamento può essere quindi considerato come lo
stato normale all’istante della morte: ha una durata indeterminata, che varia
da poche ore a diversi anni. Via via che si dissipa, l’anima si trova nella
situazione di un uomo che si desta da un sonno profondo; le idee sono
confuse, vaghe e incerte; si vede come attraverso una nebbia; a poco a poco la
vista si schiarisce, la memoria ritorna, secondo gli individui. Negli uni è
serena e procura una sensazione deliziosa, e permette di riconoscersi; ma
questo risveglio è ben diverso in altri: è pieno di terrore e di ansietà, e
produce l’effetto di un incubo spaventoso.
7 - Il momento dell’ultimo respiro non è, quindi, il più doloroso, perché, di
solito, l’anima non ha coscienza di sé; ma prima soffre per la disaggregazione
dalla materia, durante le convulsioni dell’agonia, e dopo per le angosce del
turbamento. Diciamo subito che non si tratta di una situazione generale.
L’intensità e la durata della sofferenza sono, come abbiamo detto, in rapporto
con l’affinità che esiste tra il corpo e il perispirito; più è grande tale affinità, e
più lunghi e dolorosi sono gli sforzi che lo Spirito compie per distaccarsi dai
suoi legami; ma vi sono persone in cui la coesione è così debole che il distacco
si opera da solo, naturalmente. Lo Spirito si separa dal corpo come un frutto
maturo si distacca dal ramo: è il caso delle morti serene e dei lieti risvegli.
8 - Lo stato morale dell’anima è la causa principale che influisce sulla
maggiore o minore facilità del distacco. L’affinità tra il corpo e il perispirito è
proporzionale all’attaccamento che lo Spirito prova per la materia: è massima
nell’uomo che concentra tutte le sue preoccupazioni sulla vita e sulle gioie
materiali; è quasi nulla in colui la cui anima purificata si è identificata,
attraverso l’anticipazione, con la vita spirituale. Poiché la lentezza e la
difficoltà della separazione sono in rapporto diretto con il grado di
purificazione e di dematerializzazione dell’anima, spetta ad ognuno rendere il
trapasso più o meno facile o faticoso, piacevole o doloroso.
Stabilito questo, sia in teoria che come risultato dell’osservazione, ci rimane
da esaminare l’influenza del tipo di morte sulle sensazioni dell’anima
all’ultimo momento.
9 - Nella morte naturale, che risulta dall’estinzione delle forze vitali ad opera
della vecchiaia o della malattia, il distacco si opera gradualmente; nell’uomo
la cui anima è dematerializzata e i cui pensieri sono distaccati dalle cose
terrestri, il distacco è quasi completo prima della morte reale; il corpo vive
ancora della vita organica, ma l’anima è già entrata nella vita spirituale ed è
legata al corpo da un legame così debole che si rompe senza dolore all’ultimo
battito del cuore. In questa situazione, lo Spirito può avere già recuperato la
sua lucidità, ed essere testimone cosciente dell’estinzione della vita del
proprio corpo, del quale è felice di liberarsi; per lui il turbamento è pressoché
nullo; non è che un momento di sonno sereno, dal quale esce con un’indicibile
sensazione di felicità e di speranza.
Nell’uomo materiale e sensuale, che ha vissuto più con il corpo che con lo
spirito, e non dà importanza alla vita spirituale, neppure quale realtà nel suo
pensiero, tutto ha contribuito a stringere i vincoli che lo legano alla materia;nulla li ha allentati nel corso della sua vita.
All’avvicinarsi della morte, il distacco si opera per gradi, ma per mezzo di
sforzi continui. Le convulsioni dell’agonia sono l’indice della lotta che sostiene
lo Spirito, il quale talvolta vuole rompere i legami che gli resistono, e talvolta
si aggrappa al corpo dal quale lo strappa una forza irresistibile.
10 - Lo Spirito si attacca tanto più alla vita corporale se al di là di essa non
vede nulla; sente che gli sfugge e vuole trattenerla; invece di abbandonarsi al
moto che lo trascina, resiste con tutte le sue forze; in questo modo può
prolungare la lotta per giorni, settimane o mesi interi. Senza dubbio, in quel
momento, lo Spirito non possiede tutta la sua lucidità; il turbamento è
incominciato molto tempo prima della morte, ma non per questo egli soffre
meno, e lo stato vago in cui si trova, l’incertezza circa la propria sorte
accrescono le sue angosce. Sopravviene la morte, ma non è tutto finito; il
turbamento continua; lo Spirito sente di vivere, ma non sa se quella è la vita
materiale o la vita spirituale; lotta ancora fino a quando gli ultimi legami del
perispirito si spezzano. La morte pone fine alla malattia effettiva, ma non ne
ha interrotto le conseguenze; finché esistono punti di contatto tra il corpo e il
perispirito, lo Spirito ne avverte le conseguenze e ne soffre.
11 - Ben diversa è la situazione dello Spirito dematerializzato, anche nelle
malattie più crudeli. I legami fluidici che l’uniscono al corpo sono deboli,
perciò si spezzano senza scosse; la sua fiducia nell’avvenire, che già intravede
con il pensiero, e talvolta addirittura nella realtà, lo induce a considerare la
morte come una liberazione dai suoi mali e come una prova; perciò la serenità morale e la rassegnazione gli addolciscono le sofferenze; al risveglio si sente libero, integro, alleggerito da un grande peso, e felice di non soffrire più.
12 - Nei casi di morte violenta, le condizioni non sono le stesse. Non vi è stata
una disaggregazione parziale che ha portato ad una separazione preliminare
tra il corpo e il perispirito; la vita organica, nel pieno della sua forza, si è
interrotta di colpo; il distacco del perispirito non incomincia quindi se non
dopo la morte, e in questo caso, come negli altri, non può compiersi
istantaneamente. Lo Spirito, preso alla sprovvista, è come stordito; ma poiché
si accorge di pensare, si crede ancora vivo, e questa illusione dura fino a
quando non si è reso conto della propria situazione. Questo stato intermedio
tra la vita corporale e la vita spirituale è uno dei più interessanti da studiare,
perché presenta lo spettacolo singolare di uno Spirito che scambia il proprio
corpo fluidico per il corpo materiale, e prova tutte le sensazioni della vita
organica.
Presenta sfumature infinite, a seconda del carattere, delle conoscenze e del
grado di avanzamento morale dello Spirito. E’ di breve durata per coloro la cui anima è purificata, perché in essi vi era già un distacco anticipato che la
morte, anche repentina, si limita a completare più rapidamente; per altri, può prolungarsi anche per anni.
Si tratta di uno stato assai frequente, anche nel caso di morte naturale, e per
alcuni non ha nulla di doloroso, a seconda delle qualità dello Spirito; ma per
altri è una situazione terribile. Si tratta di una posizione particolarmente
dolorosa, soprattutto per il suicida. Il corpo si aggrappa al perispirito con
tutte le sue fibre, tutte le convulsioni del corpo si ripercuotono sull’anima, che
prova allora sofferenze atroci.
13 - Lo stato dello Spirito al momento della morte si può così riassumere:
Lo Spirito soffre tanto più è lento il distacco del perispirito; la rapidità del
distacco è proporzionale al grado di avanzamento morale dello Spirito; per lo
spirito dematerializzato, in cui la coscienza è pura, la morte è un sonno di
pochi attimi, esente da ogni sofferenza, ed il risveglio è pieno di soavità.
14 - Per lavorare alla propria purificazione, per reprimere le proprie tendenze
malvagie, per vincere le proprie passioni, bisogna vederne i vantaggi
futuri; per identificarsi con la vita futura, per dirigervi le proprie aspirazioni,bisogna non soltanto credervi, ma anche comprenderla; bisogna
rappresentarsela sotto un aspetto soddisfacente per la ragione, in completo
accordo con la logica, il buon senso e l’idea che ci si fa della grandezza, della
bontà e della giustizia di Dio. Tra tutte le dottrine filosofiche, lo Spiritismo è
quello che esercita, sotto questo rapporto, l’influenza più potente, grazie alla
fede incrollabile che sa donare.
Lo spiritista serio non si limita a credere; crede perché comprende, e
comprende perché ci si rivolge al suo giudizio; la vita futura è una realtà che si snoda incessantemente sotto ai suoi occhi; la vede e la tocca, per così dire, in ogni istante; il dubbio non può penetrare nella sua anima. La vita corporale,così limitata, si cancella per lui al confronto con la vita spirituale, che è la vera vita; perciò egli non bada molto agli incidenti che accadono lungo la strada, e si rassegna alle vicissitudini, di cui comprende la causa e l’utilità. La sua anima si eleva grazie ai rapporti diretti che intrattiene con il mondo invisibile:
i legami fluidici che lo legano alla materia si indeboliscono, e così si opera un
primo distacco parziale, che facilita il trapasso da questa all’altra vita. Il
turbamento inseparabile dalla transizione è di breve durata perché, non
appena ha compiuto il passo decisivo, si riconosce; per lui non vi è nulla di
estraneo; si rende subito conto della sua situazione.
15 - Lo Spiritismo non è certo indispensabile per giungere a questo risultato,
e non ha affatto la pretesa di essere il solo ad assicurare la salvezza
dell’anima; ma la facilita, grazie alle conoscenze che procura, ai sentimenti
che ispira e alle disposizioni in cui pone lo Spirito, facendogli comprendere la
necessità di migliorarsi. Inoltre dà a ciascuno i mezzi per facilitare il distacco
di altri Spiriti al momento in cui abbandonano l’involucro terreno, e per
abbreviare la durata del turbamento per mezzo della preghiera e
dell’evocazione. Per mezzo della preghiera sincera, che è una magnetizzazione
spirituale, si provoca un più rapido distacco del fluido perispiritico; per mezzo di un’evocazione condotta con saggezza e prudenza, e con parole di
benevolenza e di incoraggiamento, si trae lo Spirito dallo stordimento in cui si
trova, e lo si aiuta a riconoscersi più presto se è sofferente, lo si esorta al

VOLUME II
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pentimento, che può abbreviare le sofferenze (1).
(1) Gli esempi che citiamo qui di seguito presentano gli Spiriti nelle diverse
fasi di felicità e di infelicità della vita spirituale. Non siamo andati a cercarli
tra i personaggi più o meno illustri dell’antichità, la cui posizione ha potuto
cambiare considerevolmente dopo l’esistenza più nota, e che non
offrirebbero, del resto, prove sufficienti di autenticità. Li abbiamo invece
attinti nelle circostanze più comuni della vita contemporanea, perché sono
quelli in cui ognuno può trovare le maggiori somiglianze, e da cui si possono
trarre, per confronto, le istruzioni più utili. Più l’esistenza terrena degli
Spiriti è vicina a noi, per la posizione sociale, per i rapporti o i legami di
parentela, e più ci interessa, e più è facile controllarne l’identità. Le posizioni
comuni sono quelle più numerose, perché ognuno può facilmente fame
l’applicazione a se stesso; le posizioni eccezionali colpiscono meno, perché
escono dalla sfera delle nostre abitudini. Non sono quindi i casi illustri,
quelli che abbiamo ricercato; se, tra questi esempi, si trovano anche alcuni
personaggi conosciuti, in grande maggioranza si tratta di persone del tutto
oscure; i nomi risonanti non avrebbero aggiunto nulla all’istruzione e
avrebbero potuto urtare molte suscettibilità. Noi non ci rivolgiamo né ai
curiosi né agli amatori di scandali, ma a coloro che vogliono seriamente
istruirsi.
Questi esempi potrebbero moltiplicarsi all’infinito; ma costretti a limitarne il numero, abbiamo fatto una scelta di quelli che potevano gettare maggior
luce sullo stato del mondo spirituale, sia per la posizione dello Spirito, sia
per le spiegazioni che questi è stato in grado di dare. In maggioranza sono
inediti; solo alcuni sono già stati pubblicati sulla Revue Spirite; di questi
ultimi, abbiamo soppresso i particolari superflui, conservando solo le parti
essenziali per il fine che qui ci proponiamo, e abbiamo aggiunto le istruzioni
complementari alle quali hanno eventualmente dato luogo in seguito



LE RIVELAZIONI DEGLI SPIRITI (Allan Kardec )

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