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sabato 11 febbraio 2012

ESISTONO GLI SPIRITI?


 Il dubbio intorno all’esistenza degli spiriti ha per causa prima l’ignoranza della loro vera natura. Essi vengono considerati in generale come esseri a parte nella creazione, e dei quali non è dimostrata la necessità. Molti li conoscono solamente per averne sentito parlare nei racconti fantastici in cui furono cullati, pressa poco come si conosce la storia dai romanzi; senza ricercare se questi racconti, sciolti dagli accessori ridicoli, riposano sopra un fondo di verità, il loro lato assurdo solamente li colpisce: non dandosi la pena di toglierne l’amara scorza per scoprire il mandorlo, essi rigettano tutto; come fanno nella religione quelli che, urtati da certi abusi, confondono tutto nella medesima riprovazione.
Qualunque sia l’idea che si faccia degli spiriti, questa credenza è necessariamente fondata sopra l’esistenza d’un principio intelligente all’infuori della materia; essa è incompatibile con la negazione assoluta di questo principio.
Noi prendiamo dunque il nostro punto di partenza nella esistenza, nella sopravvivenza e nella
 individualità dell’anima, di cui lo spiritualismo è la dimostrazione teorica e dogmatica e lo spiritismo la dimostrazione evidente.
Facciamo per un istante astrazione dalle manifestazioni propriamente dette e, ragionando per induzione, vediamo a quali conseguenze arriveremo.
Dal momento che si ammette l’esistenza dell’anima e la sua individualità dopo la morte, bisogna pure
ammettere:
1) che essa è di una natura differente dal corpo, dal momento che una volta separata essa non ne
ha più le proprietà;
2) che essa gode della coscienza di se stessa poiché le si attribuisce la gioia e la sofferenza, altrimenti sarebbe un essere inerte ed altrettanto varrebbe il non averlo. Ciò ammesso, quest’anima va in qualche parte; che cosa diviene essa? E dove va? Secondo la credenza comune, essa va in cielo o all’inferno; ma dov’è il cielo, dove l’inferno? Si diceva che il cielo era in alto e l’inferno al basso; ma che cosa è l’alto ed il basso nell’universo, dal momento che la terra è rotonda e con il movimento degli astri quello che costituiva la parte alta ad una data ora diventa la parte bassa dopo dodici ore? E’ bensì vero che per luoghi bassi s’intende pure le profondità della terra; ma che sono divenute queste profondità, dal momento che esse sono state investigate dalla geologia? Che cosa sono egualmente divenute quelle sfere concentriche chiamate cielo del fuoco, cielo delle stelle, essendo stato provato che la terra non è il centro dei mondi e che il nostro stesso sole è pur esso uno dei milioni di soli che brillano nello spazio, ciascuno dei quali è il centro d’un sistema planetario? Che cosa diviene l’importanza della terra perduta in questa immensità?
Per quale privilegio ingiustificabile questo grano di sabbia impercettibile che non si distingue né per il suo volume,né per la sua posizione, né per un compito particolare, sarebbe il solo popolato di esseri ragionevoli? La ragione si rifiuta di ammettere questa inutilità dell’infinito, e tutto ci dice che quei mondi sono abitati. Se dunque sono popolati, essi forniscono il loro contingente al mondo delle anime. Ma ancora una volta, che cosa diventano queste anime, giacché l’astronomia e la geologia hanno distrutto le stanze che loro erano state assegnate, e soprattutto dal momento che la teoria così razionale della pluralità dei mondi le ha moltiplicate all’infinito?
La dottrina della localizzazione delle anime non potendo accordarsi con i dati della scienza, un’altra dottrina, più logica, assegna loro per dominio non un luogo determinato e circoscritto, ma lo spazio universale: in questo esiste tutto un mondo invisibile nel mezzo del quale noi viviamo, che ci circonda e ci tocca continuamente. Vi è forse in questo un’impossibilità, qualche cosa di ripugnante alla ragione? Nient’affatto; tutto ci dice, al contrario, che ciò non può essere diversamente. Ma allora che cosa diventano le pene e le ricompense future, se togliete loro i luoghi speciali? Tenete conto che l’incredulità per ciò che riguarda queste pene e ricompense, è in generale provocata, poiché vengono presentate in condizioni inammissibili: ma dite invece che le anime ricevono la loro felicità o la loro sciagura in se stesse; che la loro sorte è subordinata al loro stato morale; che la riunione delle anime simpatiche e buone è una sorgente di felicità; che, secondo il loro grado di purezza raggiunta, esse penetrano e vedono cose alle quali non arrivano le anime grossolane, e tutti comprenderanno questa cosa senza fatica; soggiungete che le anime non arrivano al grado supremo se non per gli sforzi che esse fanno per rendersi migliori, e dopo una serie di prove che serve per renderle sempre più pure; che gli angeli sono le anime arrivate al grado superiore, il quale può essere da tutti raggiunto con la buona volontà; che gli angeli sono i messaggeri di Dio, incaricati di sorvegliare l’esecuzione dei suoi disegni in tutto l’universo; che essi sono felici di queste gloriose missioni, e voi date alla loro felicità uno scopo più utile e più attraente di quello consistente in una perpetua contemplazione, la quale altro non sarebbe che un’inutilità perpetua: dite infine che i demoni sono semplicemente le anime dei cattivi non ancora depurate, ma che possono arrivare a diventare come le altre; e ciò sembrerà più conforme alla giustizia ed alla bontà di Dio, che non la dottrina d’esseri creati per il male e perpetuamente dediti al male. Ecco ancora una volta ciò che la ragione più severa, la logica più rigorosa, il buon senso, in una parola, possono ammettere.
Ora, queste anime che popolano lo spazio sono precisamente quelle che si chiamano spiriti. Sono dunque, gli spiriti, le anime degli uomini spogliate del loro inviluppo materiale. Se gli spiriti fossero esseri a parte, la loro esistenza sarebbe più ipotetica; ma ammettendo che vi sono anime, bisogna pur ammettere gli spiriti che non sono altro che le anime; ammettendo inoltre che le anime sono dovunque, bisogna pure ammettere che vi siano dovunque gli spiriti.
Non si potrebbe dunque negare l’esistenza degli spiriti senza negare quella delle anime.
Questa non è che una teoria più razionale dell’altra, ma è già molto l’avere una teoria non contraddetta né dalla ragione né dalla scienza; se poi essa è per soprappiù corroborata dai fatti, avrà la doppia sanzione del ragionamento e della esperienza. Questi fatti noi li troviamo nei fenomeni delle manifestazioni spiritiche, che sono così la prova evidente dell’esistenza e della sopravvivenza dell’anima. Ma per molti, qui si ferma la loro credenza; essi vogliono ben ammettere l’esistenza delle anime e per conseguenza quella degli spiriti, ma negano la possibilità di comunicare con questi, per il motivo, essi dicono, che esseri immateriali non possono agire sulla materia. Questo dubbio è fondato sull’ignoranza della vera natura degli spiriti, di cui esiste generalmente un’idea completamente falsa, giacché essi vengono rappresentati a torto come esseri astratti, vaghi e indefiniti, ciò che non è.
Nella sua unione con il corpo, lo spirito è l’essere principale poiché è l’essere pensante e sopravvivente; il corpo non è dunque che un accessorio dello spirito, una veste, un involucro che egli lascia quando è logoro. Oltre questo involucro materiale, lo spirito ne ha un secondo, semimateriale, che lo unisce al primo; alla morte, lo spirito si spoglia di questo, ma non del secondo, al quale noi diamo il nome di perispirito. Questa coperta semimateriale, che conserva la forma umana, costituisce per lui un corpo fluidico, vaporoso, il quale, peraltro, quantunque sia invisibile a noi nel suo stato normale, possiede tuttavia alcune proprietà della materia. Lo spirito non è dunque un punto,un’astrazione, ma un essere limitato e circoscritto, al quale non manca forse altro che d’essere visibile e palpabile per assomigliare agli esseri umani. Perché, dunque, non agirebbe egli sopra la materia? Forse perché il suo corpo è fluidico? Ma non è forse fra i fluidi più rarefatti, anzi tra quelli che egli ritiene come imponderabili (l’elettricità, per esempio), che l’uomo trova i suoi più potenti motori. Forse che la luce imponderabile non esercita una azione chimica sopra la materia ponderabile? Noi non conosciamo la natura intima del perispirito, ma supponiamolo formato di materia elettrica, o di tutt’altra così sottile: perché non avrebbe egli la medesima proprietà se fosse diretto da una volontà?
 Dal momento che l’esistenza dell’anima e quella di Dio, che sono conseguenza l’una dell’altra, stanno alla base di tutto l’edificio, prima di incominciare una discussione spiritica è necessario assicurarsi se l’interlocutore ammette questa base. Se alle seguenti questioni: Credete voi in Dio? Credete voi di avere un’anima? Credete voi alla sopravvivenza dell’anima dopo la morte? egli risponde negativamente, o soltanto se egli dice semplicemente: Io non so vorrei che fosse così, ma non ne sono sicuro, ciò che, la maggior parte delle volte, equivale ad una cortese negazione presentata sotto una forma meno decisa, sarebbe inutile andare oltre, quanto lo sarebbe il voler convincere delle proprietà della luce il cieco che non ammettesse l’esistenza della luce stessa, giacché, in conclusione, le manifestazioni spiritiche non sono altro che gli effetti delle proprietà dell’anima; con costui converrebbe seguire un tutt’altro ordine d’idee per non perdere tempo.
Se la base è ammessa, non a titolo di probabilità ma come cosa sicura, incontestabile,
l’esistenza degli spiriti ne deriva naturalmente.
 Resta ora a sapersi se lo spirito può entrare in comunicazione con l’uomo, vale a dire se può avere con lui uno scambio di pensieri. E perché no? Che cosa è l’uomo se non uno spirito imprigionato in un corpo? Perché lo spirito libero non dovrebbe poter comunicare con lo spirito schiavo, come l’uomo libero con quello che è incatenato? Se ammettete la sopravvivenza dell’anima, come potete razionalmente negare la sopravvivenza delle affezioni? Dal momento che le anime sono dappertutto, non è naturale il pensare che quella d’un essere il quale ci amò durante la vita, venga vicino a noi, desideri comunicare con noi, e si serva a quest’uopo dei mezzi che sono a sua disposizione?
Durante la vita non agiva egli sulla materia del suo corpo? Non ne dirigeva egli i movimenti? Perché dunque dopo la sua morte, d’accordo con un altro spirito legato al corpo, non dovrebbe servirsi di questo corpo vivente per manifestare il suo pensiero come un muto può servirsi di un uomo parlante per farsi capire?
 Facciamo,per un istante, astrazione dai fatti, i quali, per noi, rendono la cosa incontestabile;
ammettiamo che ciò sia possibile a titolo semplice di ipotesi; noi domandiamo che gli increduli ci provino, non con semplice negazione, poiché la loro opinione personale non può fare legge,
ma con ragioni  perentorie che ciò non può essere.

Noi vogliamo metterci sul loro terreno e giacché vogliono apprezzare i fatti spiritici con
l’aiuto delle leggi della materia, ricavino dunque da questo arsenale qualche dimostrazione
matematica, fisica, chimica, meccanica,
fisiologica, e provino per a più b, sempre partendo dal principio dell’esistenza
e sopravvivenza dell’anima:

1) Che l’essere che pensa in noi durante la vita non deve più pensare dopo morte.
2) Che se egli pensa non deve più pensare a quelli che ha amato.
3) Che se egli pensa a quelli che ha amato non deve più voler comunicare con loro.
4) Che se egli può essere dappertutto, non può essere accanto a noi.
5) Che se egli ci è vicino, non può comunicare con noi.
6) Che per mezzo del suo involucro fluidico egli non può agire sopra la materia inerte.
7) Che se può agire sopra la materia inerte, egli non può agire sopra un essere animato.
8) Che se egli può agire sopra un essere animato, non può dirigere la sua mano per farlo scrivere.
9) Che potendo farlo scrivere, non può rispondere alle sue questioni e trasmettergli il suo pensiero.
Quando gli avversari dello spiritismo ci avranno dimostrato che le cose suddette non sono possibili, con ragioni così chiare come quelle con le quali Galileo dimostrò non essere il sole che gira attorno la terra; allora noi potremo dire che i loro dubbi sono fondati; sfortunatamente, finora tutta la loro argomentazione si riassume in queste parole: Ionon credo, dunque è impossibile. Ci diranno senza dubbio che sta a noi il provare la realtà delle manifestazioni;noi la proviamo loro con i fatti e con il ragionamento; se essi non ammettono né l’uno né l’altro, se negano perfino quello che vedono, sta a loro provare che il nostro ragionamento è falso e che i fatti sono impossibili.

IL LIBRO DEI MEDIUM di Allan Kardec

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