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mercoledì 28 novembre 2012

AUTENTICITÀ DEI VANGELI



Nei tempi remoti, molto prima della venuta di Gesù,
la parola dei profeti, come un raggio velato della verità, 
preparava gli uomini agli insegnamenti più profondi del Vangelo.
Ma, già travestito dalla versione dei Settanta traduttori in greco della Bibbia,
l’antico  testamento non dava più, negli ultimi secoli prima di Cristo,
che una vaga intuizione delle verità superiori 
«Le verità eterne, che sono i pensieri di Dio,
- ci dice un’eminente entità dello spazio
- sono state comunicate al mondo in tutte le epoche,
portate in tutti gli ambienti,messe alla portata delle intelligenze
con una bontà paterna. Ma l’uomo le ha spesso
misconosciute. Disdegnando i principi insegnati,
trasportato dalle sue passioni, egli è passato vicino in tutti i tempi
alle cose grandi senza vederle. Questa noncuranza del
bello morale, causa di decadenza e di corruzione,
spingerebbe le nazioni a perdersi,se la mano delle avversità
e i grandi moti della storia, scuotendo profondamente le
anime, non le riportassero verso queste verità».
Gesù venne, spirito potente, missionario divino, medium ispirato.
Egli venne, incarnandosi in mezzo agli umili,
per dare a tutti l’esempio di una vita semplice e tuttavia piena di grandezza,
vita di abnegazione e di sacrificio, che doveva lasciare sulla terra
tracce incancellabili.
La grande figura di Gesù oltrepassa tutti i concetti del pensiero.
Ecco perché non ha potuto essere creata dall’immaginazione.
In quell’anima di una serenità celeste,non si vede nessuna macchia,
nessuna ombra. Tutte le perfezioni si fondono in essa con
un’armonia così perfetta che essa ci appare come l’ideale realizzato.
La sua dottrina tutta di amore e di luce,
si rivolge soprattutto ai poveri e agli afflitti, a quelle donne,
a quegli uomini del popolo che ricurvi lavorano la terra,
a quelle intelligenze schiacciate sotto il peso della materia e che attendono,
 nella prova e nella sofferenza, la parola di vita che deve consolarli e riscaldarli.
E questa parola, è donata loro con una dolcezza così penetrante,
essa esprime una fede così comunicativa, che fuga tutti i loro dubbi
e li trascina sui passi del Cristo.
Ciò che Gesù chiamava predicare ai semplici
«il vangelo del regno dei cieli»,
era mettere alla portata di tutti la conoscenza dell’immortalità e del Padre comune,
del Padre di cui si ode la voce nella pace del cuore,
nella calma della coscienza.
A poco a poco questa dottrina trasmessa verbalmente nei primi tempi del
cristianesimo, si altera e si complica, sotto l’influenza delle correnti contrarie
che agitano la società cristiana.
Gli apostoli scelti da Gesù per continuare la sua missione,
avevano ben saputo comprenderlo; essi avevano ricevuto
l’impulso della sua volontà e della sua fede.
Ma le loro conoscenze erano ristrette e non poterono che
conservare piamente, attraverso
la memoria del cuore, le tradizioni, i pensieri morali
e il desiderio di rigenerazione interiore che egli aveva deposto in loro.
Nella loro corsa attraverso il mondo gli apostoli si limitano dunque a creare,
di città in città, dei gruppi di cristiani, ai quali essi rivelano i principi essenziali,
poi, frettolosamente, vanno a portare la «buona novella» ad altre contrade.
I Vangeli, scritti in mezzo alle convulsioni che caratterizzano
l’agonia del mondo giudeo, subiscono poi l’influenza delle discussioni
che distinguono i primi tempi del cristianesimo e risentono delle passioni,
dei pregiudizi dell’epoca e dei turbamenti
degli spiriti. Ogni gruppo di fedeli, ogni comunità ha i suoi vangeli,
che differiscono più o meno gli uni dagli altri (2).
(2) Vedere nota complementare n. 3.
Grandi liti dogmatiche agitano il mondo cristiano e
provocano discordie sanguinose nell’Impero, finché Teodosio,
 dando la supremazia al papato, impone l’opinione del
vescovo di Roma alla cristianità. Da allora, il pensiero,
 creatore troppo fecondo di sistemi diversi, sarà compresso.
Per mettere un termine a queste divergenze di vedute,
al momento stesso che parecchi concili hanno appena
discusso sulla natura di Gesù, gli uni ammettendo gli altri
rifiutando la sua divinità, il papa Damaso affida a San Girolamo
nel 384 la missione di redigere una traduzione latina del nuovo e
 dell’antico testamento.
Questa traduzione dovrà, ormai, essere essa sola considerata
come ortodossa e diverrà la regola delle dottrine della Chiesa;
è essa che porta il nome di Volgata. Questo lavoro
solleverà grandi difficoltà. San Girolamo si trovava, lo dice lui stesso,
 in presenza di tanti esemplari quante erano le copie.
Questa varietà infinita di testi l’obbligava a una scelta e a
dei rimaneggiamenti profondi. E’ di questo che, spaventato dalle
responsabilità in cui era incorso, egli parla nelle prefazioni della sua opera,
prefazioni riunite in un famoso libro. Ecco, ad esempio,
quella che egli rivolge al papa Damaso,
in testa alla sua traduzione latina dei Vangeli:
«Di un’opera antica, mi obbligate a farne una nuova.
Volete che io mi erga in qualche modo ad arbitro all’interno degli esemplari
delle Scritture che sono dispersi per il mondo e, poiché differiscono fra loro,
che io individui quelli che sono d’accordo col vero testo greco.
E’ un’opera di devozione, ma anche un pericoloso ardire da parte di colui che dovrebbe essere giudicato da tutti, di giudicare lui stesso gli altri,
 di voler cambiare il linguaggio di un vegliardo e di riportare a un’infanzia
il mondo già vecchio.
Qual è in effetti lo scienziato e perfino l’ignorante che,
con in mano un esemplare nuovo, dopo averlo scorso solo una volta e
vedendo che è in disaccordo con quello che è abituato a leggere,
non si metterebbe ben presto a emettere grida, pretendendo che
io sono un sacrilego, un falsario che avrebbe osato aggiungere,
cambiare, correggere qualcosa nei libri antichi?
(Me clamitans esse sacrilegumqui audeam aliquid in veteribus
libris addere, mutare, corrigere) (3).
(3) L’opera di San Girolamo fu, in effetti, fin da quando era vivente,
l’oggetto di vivissime critiche; fra lui e i suoi detrattori vi furono polemiche ingiuriose.
Un doppio motivo mi consola di questa accusa. Il primo è che voi,
che siete il sovrano pontefice, mi ordinate di farlo; il secondo è che
la verità non potrebbe esistere in cose che differiscono fra loro,
 anche se fosse loro concessa l’approvazione dei cattivi».
San Girolamo così termina:
«Questa breve prefazione si applica solamente ai quattro Vangeli,
il cui ordine è il seguente:
Matteo, Marco, Luca, Giovanni. Dopo aver confrontato un certo
numero di esemplari greci, ma di quelli antichi che non si allontanano
troppo dalla versione italica, noi li abbiamo combinati in modo tale
(ita calamo temperavimus) che, correggendo solamente quello che
ci sembrava alterare il senso, abbiamo mantenuto il resto così com’era».
(Oeuvres de Saint Jérome,
Édition des Bénédictins, 1963, t. I Col. 1425).
Cosicché è secondo una prima traduzione dall’ebraico in greco,
che ci si riferisce alle copie che portano il nome di Marco e di Matteo ed è,
da un punto di vista più generale, da numerosi testi, ogni copia dei quali
differisce dall’altra (tot sunt enim exemplaria quot codices),
che si costituisce la Volgata, traduzione corretta,
aumentata, modificata come dice l’autore, di antichi manoscritti.
Questa traduzione ufficiale, che doveva essere definitiva nel pensiero
di colui che ne aveva ordinata l’esecuzione, fu comunque rimaneggiata
essa stessa in epoche differenti su ordine dei pontefici romani.
Ciò che era sembrato buono dall’anno 386 all’anno 1586, ciò che era stato
approvato nell’anno 1546 dal concilio ecumenico di
Trento, fu dichiarato insufficiente ed erroneo da Sisto V nel 1590.
Una nuova revisione fu fatta su ordine suo; l’edizione che ne risultò e
che portava il suo nome fu essa stessa modificata da Clemente VIII.
E’ l’edizione in uso oggi, dalla quale sono
state fatte le traduzioni francesi dei libri canonici sottomessi a tanti
rimaneggiamenti attraverso i secoli.
Tuttavia, malgrado queste vicissitudini, noi non esitiamo ad ammettere
l’autenticità dei vangeli nei loro testi primitivi. La parola del Cristo
vi esplode con potenza; ogni dubbio svanisce sotto l’irradiazione della
sua sublime personalità.
Al di sotto del senso alterato o nascosto, si vede spuntare la forza
dell’idea primaria.  Vi si rivela la mano del grande seminatore; nella
profondità di questi insegnamenti, insieme alla bontà morale e all’amore,
si sente l’opera di un inviato celeste.
Ma, accanto a questa mano potente, è penetrata in queste pagine la
debole mano dell’uomo, introducendovi dei concetti fiacchi,
mal collegati ai pensieri primi e che,accanto ai voli dell’anima,
provocano l’incredulità.
Se i vangeli si impongono su molti punti, conviene tuttavia sottomettere
l’insieme al controllo della ragione. Tutte le parole, tutti i fatti che si
trovano depositati non potrebbero essere attribuiti al Cristo.
Attraverso i tempi che separano la morte di Gesù dalla redazione definitiva
dei Vangeli, molti pensieri sublimi sono stati dimenticati, e molti precetti
male interpretati hanno snaturato l’insegnamento primitivo.
Per le necessità di una causa umana, i rami più belli e più forti di questo albero
di vita sono stati sfrondati.
Si sono soffocati prima del loro sbocciare i principi fortificanti che
avrebbero condotto i popoli alla vera fede, quella che essi cercano
ancora oggi.
Il pensiero del Cristo sussiste nell’insegnamento della Chiesa e nei testi
sacri, ma esso vi si trova mescolato con ulteriori vedute, con elementi diversi,
introdotti dai papi e dai concili, il cui scopo era di assicurare, di fortificare,
di rendere incrollabile l’autorità della Chiesa. E’ là l’obiettivo perseguito
attraverso i secoli, il pensiero che
ha ispirato tutti i rimaneggiamenti fatti ai documenti primitivi.
Malgrado tutto, ciò che resta nella Chiesa di spirito evangelico,
veramente cristiano, è bastato a generare opere ammirevoli, opere di carità
che hanno fatto la gloria delle chiese cristiane e che
si ribellano al fatto di trovarsi associate a tante iniziative ambiziose,
ispirate al desiderio di dominio e di beni materiali.
Un gran lavoro sarebbe necessario per separare il vero pensiero del
Cristo dagli elementi estranei contenuti nei vangeli, lavoro possibile,
anche se arduo, per degli ispirati guidati da un’intuizione sicura,
ma fatica impossibile per chi si orienti con l’unico aiuto delle proprie
facoltà in questo dedalo, dove le finzioni si mescolano alle
realtà, il profano al sacro, la verità all’errore.
In tutti i secoli alcuni uomini, spinti da una forza superiore,
si sono consacrati a questo compito, cercando di liberare il pensiero
supremo dalle ombre accumulatesi intorno ad esso.
Sostenuti, illuminati da quella scintilla divina che brilla solo a
intermittenze per l’uomo, ma il cui fuoco non si spegne mai,
essi hanno affrontato tutte le accuse, tutti i supplizi, per affermare
ciò che essi pensavano essere la verità. Tali furono gli apostoli
della Riforma. Essi sono morti condannati e, dallo spazio, sostengono
ancora e ispirano quelli che lottano per l’emancipazione delle anime.
Grazie a tanti sforzi, la notte comincia a dissiparsi davanti all’aurora di una
rivelazione più potente.
E’ con l’aiuto delle luci portate da questa nuova rivelazione,
sia scientifica che filosofica, già diffusa nel mondo intero sotto il nome
di spiritismo o spiritualismo moderno,
che cercheremo di liberare la dottrina di Gesù dalle oscurità di cui l’ha
avviluppata il lavorio dei secoli. Arriveremo così a concludere che questa
dottrina e quella degli spiriti sono identiche, che lo spiritismo è
semplicemente il ritorno al cristianesimo primitivo, sotto delle forme
più precise,  con un imponente corteo di prove sperimentali che
impedirà ogni  ulteriore monopolio, ogni ritorno delle cause che hanno
snaturato  il pensiero del Cristo.


 Tratto dal libro : CRISTIANESIMO E SPIRITISMO di Léon Denis


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