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martedì 10 aprile 2012

SULLA DANNAZIONE ETERNA







Allan Kardec risponde a un sacerdote cattolico che gli chiede se gli Spiriti contestano la dannazione eterna, le fiamme dell'Inferno, l'esistenza dell'uomo sulla Terra prima di Adamo, la reincarnazione.


Questi punti furono già da lungo tempo discussi, e non è lo Spiritismo che li mise in questione. Credete, se volete, alle fiamme ed alle torture materiali, se una tal cosa può impedirvi d'operare il male: ciò non le renderà più reali, se esse non esistono. Credete pure, se così vi piace, che noi non abbiamo che un'esistenza corporale: questo non v'impedirà di rinascere qui od altrove, se così deve essere, e malgrado voi; credete, se è vostra opinione, che il mondo sia stato creato tutto completo, in sei giorni: ciò non impedirà alla Terra di portare scritta nei suoi strati geologici la prova contraria; credete, se così volete, che Giosuè fermò il sole: questo non impedirà alla terra di girare; credete pure che l'uomo non è sulla Terra che da seimila anni: ciò non impedirà che i fatti ne dimostrino l'impossibilità. E che direte voi, se un bel giorno questa inesorabile geologia viene a dimostrare, con tracce patenti, l'anteriorità dell'uomo, come ha dimostrato tante altre cose? Credete dunque a tutto ciò che vorrete, anche al diavolo, se questa credenza può rendervi buono, umano e caritatevole verso il vostro simile. Lo Spiritismo come dottrina morale non impone che una cosa: la necessità di far il bene e di non far punto il male. E', lo ripeto, una scienza d'osservazione che ha delle conseguenze morali, e queste conseguenze sono la conferma e la prova dei grandi principi della religione; quanto alle questioni secondarie, egli le lascia alla coscienza di ognuno. Osservate bene, Signore, che lo Spiritismo non contesta come principi alcuni dei punti divergenti, dei quali avete parlato. Se voi aveste letto quanto ho scritto su questo proposito, voi avreste veduto che egli si limita a dar loro un'interpretazione più logica e più razionale di quella che volgarmente loro si dà. Così, per esempio, egli non nega punto il purgatorio; ne dimostra, al contrario, la necessità e la giustizia; e fa ancor di più, lo definisce. L'inferno è stato descritto come un'immensa fornace; ma è forse così che lo intende l'alta teologia? No, evidentemente; essa dice benissimo che è una figura; che il fuoco che ci brucia è un fuoco morale, simbolo dei più forti dolori.



Quanto all'eternità delle pene, se fosse possibile andare ai voti per conoscere l'opinione intima di tutti gli uomini in istato di ragionare o di comprendere, anche fra i più religiosi, si vedrebbe da qual parte è la maggioranza, poichè l'idea d'una eternità di supplizio è la negazione della infinita misericordia di Dio.

Ecco, del resto, ciò che dice la dottrina spiritica su questo soggetto: La durata della punizione è subordinata al miglioramento dello Spirito colpevole. Nessuna condanna per un tempo determinato è pronunciata contro di lui. Ciò che DIO esige per porre un termine alle sofferenze, è il pentimento, l'espiazione e la riparazione: in una parola, un miglioramento serio, effettivo, ed un ritorno sincero al bene. Lo Spirito è così l'arbitro della sua sorte; egli può prolungare le sue sofferenze colla sua ostinazione nel male, addolcirle od abbreviarle cogli sforzi per operare il bene. La durata del castigo essendo subordinata al pentimento, ne risulta che lo Spirito colpevole, il quale non si pentisse e non migliorasse mai, soffrirebbe sempre, e che, per lui, la pena sarebbe eterna. L'eternità delle pene deve dunque intendersi nel senso relativo e non nel senso assoluto. Una condizione inerente all'inferiorità degli Spiriti è di non veder punto il termine della loro situazione, e di credere che soffriranno sempre; ciò è per loro un castigo. Ma, appena la loro anima si apre al pentimento, Dio fa loro intravedere un raggio di speranza.
Questa dottrina è evidentemente più conforme alla giustizia di Dio, il quale punisce fino a che si persiste nel male, e fa grazia non appena si entra nella buona via. Chi l'ha inventata? Forse noi? No; sono gli Spiriti che la insegnano e la provano cogli esempi che pongono giornalmente sotto i nostri occhi. Gli Spiriti non negano quindi le pene future, giacché descrivono le loro proprie sofferenze; e questo quadro ci commuove più di quello delle fiamme eterne, perché tutto v'è perfettamente logico. Si capisce che questo è possibile, che deve essere così, che questa situazione è una conseguenza naturalissima delle cose; esso può essere accettato dal pensatore filosofo, perché nulla vi è che ripugni alla ragione. Ecco perché le credenze spiritiche hanno ricondotto al bene una folla di persone, fra gli stessi materialisti, che il timore dell'inferno, quale ci è dipinto, non aveva punto frenato.

da Allan Kardec, Che cos'è lo Spiritismo

La parabola del figliol prodigo, che tutti conoscono, raccontata da Gesù nel Vangelo insegna esattamente questo. Qual è il buon padre che non perdona il figlio nonostante tutti i peccati, tutti gli eccessi, tutti gli errori, non appena egli si ravvede e con buona volontà vuole tornare sulla strada giusta? Per chiarire al di là di ogni dubbio l'infinita misericordia di Dio, Gesù aggiunge:

"E chi è quel padre fra di voi che, se il figlio gli chiede un pane, gli dia una pietra? O se gli chiede un pesce, gli dia invece un serpente? Oppure se gli chiede un uovo, gli dia uno scorpione? Se voi, dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre celeste donerà la salvezza a coloro che gliela chiedono!" (Luca 11:11-13)

Il significato delle parole di Gesù è di immediata comprensione: Mandereste i vostri figli o vostra madre alle torture più terrificanti per l'eternità per degli errori? E se mostrassero pentimento e buona volontà di riparare? Sareste senza pietà? E se voi stessi che siete imperfetti e malvagi non sareste capaci di tanta crudeltà, come potete pensare che lo sia Dio che è infinitamente buono e ama tutti i suoi figli di un amore immenso? La dannazione eterna è la negazione della bontà di Dio ed è esattamente la conseguenza della piccolezza di amore di cui si è capaci, è un attribuire a Dio difetti e imperfezioni tipicamente umani. Dio è superiore a tutte queste bassezze e vuole la salvezza di tutti i suoi figli, come il buon padre del figliol prodigo, perdona, perdona, perdona, proprio come Gesù ci ha insegnato di fare. Come si può pensare che Dio non perdoni chi si pente?
Chiedetevelo in buona fede e la logica elementare vi risponderà.


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