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domenica 16 settembre 2012

IDENTITA' DEGLI SPIRITI - Prove possibili d’identità


 - La questione dell’identità degli spiriti è una di quelle che danno luogo a
maggiori controversie anche fra gli adepti dello spiritismo. Infatti, gli spiriti
non ci portano un documento di identità, e si sa con quale facilità alcuni fra
loro prendono nomi in prestito; così, dopo l’ossessione, è questa una delle più
grandi difficoltà dello spiritismo pratico; del resto, in molti casi, l’identità
assoluta è una questione secondaria e senza reale importanza.
L’identità dello spirito dei personaggi antichi è la più difficile a constatare, e
spesse volte è completamente impossibile, e si è ridotti ad un giudizio
puramente morale. Si giudicano gli spiriti, come gli uomini, dal loro
linguaggio. Se uno spirito si presenta sotto il nome di Fénelon, per esempio, e
dice trivialità o puerilità, è certo che non può essere lui; ma se dice soltanto
cose degne del carattere di Fénelon e che egli non rinnegherebbe, vi è, se non
una prova materiale, almeno la probabilità morale che sia lui. E’ soprattutto
in questo caso che la identità reale è una questione accessoria. Dal momento
che lo spirito dice soltanto delle cose buone, poco importa il nome sotto il
quale esse sono espresse.
Si obbietterà, senza dubbio, che uno spirito che prendesse un nome falso,
anche per dire soltanto del bene, per questo commetterebbe comunque una
frode, e che allora non potrebbe essere un buono spirito. Ma qui vi sono
sfumature di gradazioni difficili a capirsi e che noi tenteremo di svolgere.
 - A mano a mano che gli spiriti si purificano e si elevano nella gerarchia
spiritica, i caratteri distintivi della loro personalità si cancellano, per così dire,
nella uniformità della perfezione, e tuttavia essi non conservano meno, per
questo, la loro individualità. Ciò ha luogo per gli spiriti superiori ed i puri
spiriti. In questa posizione il nome che essi avevano sulla terra, in una delle
mille esistenze corporali effimere, per le quali sono passati, è una cosa
affatto insignificante. Osserviamo ancora che gli spiriti sono attirati gli uni
verso gli altri per la somiglianza delle loro qualità, e che essi formano così dei
gruppi o famiglie simpatiche. D’altra parte, se si considera il numero
immenso di spiriti che, dall’origine dei tempi, deve essere pervenuto ai primi
gradi, e se vogliamo paragonarlo al numero così piccolo degli uomini che
hanno lasciato un gran nome sulla terra, si capirà che, fra gli spiriti superiori
che possono comunicare, la maggior parte di essi non può avere per noi un
nome noto; ma dal momento che ci occorrono dei nomi per fissare le nostre
idee, essi possono prendere quello del personaggio conosciuto, la cui natura si
identifica meglio con la loro. E’ per questo motivo che i nostri angeli custodi si
fanno il più spesso conoscere sotto il nome di uno dei santi che noi
veneriamo, e generalmente sotto il nome di quello per il quale noi abbiamo
maggior simpatia. Da ciò ne segue che se l’angelo custode di una persona si
qualifica per San Pietro, per esempio, non abbiamo alcuna prova materiale
che si tratti precisamente dell’apostolo di questo nome; può essere lui, come
può essere uno spirito completamente sconosciuto, appartenente alla famiglia
di spiriti di cui San Pietro fa parte; ne segue ancora che, qualunque sia il
nome sotto il quale invochiamo il nostro angelo custode, egli verrà alla
chiamata che gli viene fatta, perché è attirato dal pensiero, ma il nome gli è
indifferente.
Lo stesso si dica ogni volta che uno spirito superiore si comunica
spontaneamente sotto il nome di un personaggio conosciuto; veramente, noi
non abbiamo prove che sia precisamente lo spirito di questo personaggio; ma
se nulla dice che smentisca l’elevazione del carattere di quest’ultimo, si può
presumere che sia lui, e in tutti i casi si può dire che se non è lui, deve essere
uno spirito dello stesso grado, oppure anche inviato da lui. Riassumendo, la
questione del nome è secondaria, potendo il nome essere considerato come
un semplice indizio del posto che occupa lo spirito nella scala spiritica.
La posizione è del tutto diversa allorché uno spirito di un ordine inferiore si
riveste di un nome rispettabile per dar credito alle sue parole, e questo caso è
talmente frequente, che non sarà mai abbastanza ripetuto di tenersi in
guardia contro queste sostituzioni; perché è con il favore di questi falsi nomi,
e soprattutto con l’aiuto della fascinazione, che certi spiriti sistematici, più
orgogliosi che sapienti, cercano di accreditare le idee più ridicole.
La questione dell’identità è dunque, come abbiamo detto, quasi indifferente
quando si tratta di istruzioni generali, poiché i migliori spiriti possono
sostituirsi gli uni agli altri senza che ciò possa avere cattive conseguenze. Gli
spiriti superiori formano, per così dire, un tutto collettivo, le cui individualità
ci sono, salvo poche eccezioni, completamente sconosciute. Ciò che ci
interessa non è la loro persona, ma il loro insegnamento; ora, dal momento
che questo insegnamento è buono, poco importa che colui il quale lo
impartisce, si chiami Pietro o Paolo; si giudica dalla sua qualità e non dal
nome. Se un vino è cattivo, non è certo ciò che è scritto sull’etichetta che lo
renderà migliore. Ben altrimenti avviene nelle comunicazioni intime, perché è
l’individuo, la sua stessa persona che ci interessa, ed è con ragione, che in
questa circostanza noi teniamo ad assicurarci se lo spirito che viene alle
nostre chiamate è in realtà quello che si desidera.
 - L’identità è molto più facile a constatare quando si tratta di spiriti
contemporanei, di cui si conoscono il carattere e le abitudini, poiché sono
precisamente queste abitudini, di cui non hanno ancora avuto il tempo di
spogliarsi, che ce li fanno riconoscere; e questo è uno dei segni più sicuri di
identità. Lo spirito può, senza dubbio, dar delle prove, dietro domanda che gli
vien fatta, ma lo fa solamente se ciò gli aggrada, e generalmente questa
domanda lo ferisce; bisogna dunque evitarla. Lasciando il suo corpo, lo spirito
non ha spogliata la sua suscettibilità; si irrita di ogni domanda avente per
scopo di metterlo, alla prova. Vi sono delle domande che non si
oserebbe fargli qualora si presentasse vivente, per timore di mancare
alle convenienze; perché, dunque, si dovrebbero avere per lui minori riguardi
dopo la sua morte? Forse che, a un uomo che si presenti in una sala
declinando il suo nome, gli si potrà chiedere di provare che egli è in realtà il
tale, invitandolo ad esibire i suoi titoli, sotto il pretesto che vi sono degli
impostori? Quest’uomo certamente avrebbe il diritto di richiamare
l’interrogante alle regole del saper vivere. Ciò fanno infatti gli spiriti, o non
rispondendo, oppure ritirandosi. Citiamo un esempio. Supponiamo che
l’astronomo Arago, allorché era fra i viventi, si fosse presentato in una casa
ove la sua persona non fosse stata conosciuta e che lo si fosse apostrofato così:
“Voi dite di essere Arago, ma noi non vi conosciamo, vogliate dunque provarlo
rispondendo alle nostre domande; risolvete il tale problema d’astronomia;
diteci il vostro nome e prenome, quello dei vostri figli, e ciò che facevate nel
tal giorno, alla tale ora, ecc.”. Che cosa avrebbe egli risposto? Ebbene, come
spirito egli farà quello che avrebbe fatto da vivo, e gli altri spiriti seguono la
stessa strada.
- Pur rifiutandosi gli spiriti di rispondere alle domande puerili e ridicole
che noi ci faremmo scrupolo di indirizzare ad una persona vivente, danno poi
spesso essi stessi, e spontaneamente, prove sicure della loro identità, per
mezzo del loro carattere che si rivela nel loro linguaggio, usando parole che
erano loro familiari, citando certi fatti e particolarità della loro vita qualche
volta sconosciute agli astanti, e la cui esattezza può essere verificata.
Le prove d’identità risultano inoltre da una quantità di circostanze
impreviste,
che non si presentano sempre a prima vista, ma che risultano nel seguito dei
colloqui. Conviene dunque aspettarle senza provocarle, osservando con cura
tutte quelle che possono derivare dalla natura delle comunicazioni (si veda il
fatto riferito al n. 70).
- Un mezzo che si impiega qualche volta con successo per assicurarsi
dell’identità, allorché lo spirito che comunica è sospetto, consiste nel fargli
affermare in nome di Dio Onnipotente, che egli è veramente colui che
dice di essere. Succede spesso che colui il quale prende un nome usurpato
indietreggi davanti ad un sacrilegio, e che dopo avere incominciato a scrivere:
Affermo in nome di... si arresti tracciando con collera delle righe
insignificanti, o rompa il lapis. Ma se egli è più ipocrita, elude la questione
con una restrizione mentale, scrivendo per esempio: Vi assicuro che dico
la verità; oppure anche: Vi attesto in nome di Dio che sono proprio io
che vi parlo, ecc. Ma ve ne sono di quelli che non sono così scrupolosi, e che
giurano tutto quello che si vuole. Uno di essi, comunicando con un medium,
aveva detto di essere Dio; e il medium, onoratissimo di un così alto favore,
non aveva esitato a crederlo. Evocato da noi, non osò sostenere la sua
menzogna, e disse: “Io non sono Dio, ma sono suo figlio”. “Sei dunque
Gesù? Ciò non è probabile poiché Gesù è troppo in alto per ricorrere ad un
sotterfugio! Osi dunque affermare in nome di Dio che sei il Cristo?”. “Non.
dico che io sia Gesù; dico che sono il figlio di Dio, poiché sono una delle sue
creature”.
Si deve concludere da ciò, che il rifiuto da parte di uno spirito di affermare la
sua identità in nome di Dio, è sempre una prova manifesta che il nome da lui
dichiarato era un’impostura; ma che d’altra parte l’affermazione non è che
una congettura e non una prova certa.
- Si possono anche considerare fra le prove di identità, le somiglianze
della scrittura e della firma, ma, a parte il fatto che non è dato a tutti i
medium di ottenere questo risultato, non è sempre una sufficiente garanzia;
vi sono falsificatori anche nel mondo degli spiriti. Esso dunque non sarebbe che
una presunzione d’identità che acquista valore solamente per le circostanze
che l’accompagnano.
Lo stesso è di tutti i segni materiali che alcuni danno come talismani
inimitabili dagli spiriti bugiardi. Per quelli che osano spergiurare in nome di
Dio, o contraffare una firma, un segno materiale qualunque non può essere
un ostacolo maggiore. La migliore di tutte le prove di identità sta nel
linguaggio e nelle circostanze fortuite.
- Si dirà senza dubbio che se uno spirito può imitare una firma, può
anche imitare il linguaggio. Ciò è vero; e ne abbiamo visti di quelli che
sfrontatamente assumevano il nome di Cristo, e che per illudere simulavano
lo stile evangelico e prodigavano le parole ben conosciute: In verità, in
verità, vi dico; ma quando si studiava l’assieme senza prevenzione;
quando si scrutava il fondo dei loro pensieri e la portata delle loro
espressioni;
quando accanto alle belle massime di carità, si vedevano raccomandazioni
puerili e ridicole, si sarebbe dovuti essere fascinati per lasciarsi ingannare!
Certe parti della forma materiale del linguaggio possono essere imitate,
questo è vero, ma non il pensiero; mai l’ignoranza potrà imitare il vero sapere,
e giammai il vizio potrà imitare la vera virtù; da qualche parte spunterà
sempre una estremità d’orecchio; è specialmente allora che tanto il medium
quanto l’evocatore hanno bisogno di tutta la loro perspicacia e di tutto il loro
giudizio, per distinguere la verità dalla menzogna. Essi debbono persuadersi
che gli spiriti perversi sono capaci di ogni malizia, e che quanto più è elevato il
nome sotto il quale si annunzia lo spirito, tanto più egli deve ispirare
diffidenza. Quanti medium hanno avuto comunicazioni apocrife firmate
Gesù, Maria, o con il nome d’un santo venerato!

Tratto dal Libro dei Medium di Allan kardec

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