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domenica 16 gennaio 2011

DISUGUAGLIANZA DELLE RICCHEZZE


La disuguaglianza delle ricchezze è uno di quei problemi che invano si cerca di risolvere se non si prende in considerazione che la vita attuale.
Il primo problema che si presenta è questo: perché tutti gli uomini non possiedono eguali ricchezze? Non le possiedono per una ragione molto semplice: che non sono ugualmente intelligenti, attivi e laboriosi per acquisirla, né abbastanza sobri e previdenti per conservarla.
D'altronde vi è un fatto dimostrato matematicamente, che tutti i beni, divisi egualmente fra tutti gli uomini, non darebbero ad ognuno che una quota minima ed insufficiente. Anche supponendo realizzata questa divisione, in poco tempo l'equilibrio sarebbe rotto a causa della diversità dei caratteri e delle attitudini; e, si esaminasse supponendola possibile e durevole, ogni uomo avendo appena di che vivere, si arriverebbe all'annientamento di tutti quei grandi lavori che contribuiscono al progresso ed al benessere dell'umanità; inoltre, se si suppone che essa basterebbe a dare ad ognuno il necessario, scomparirebbe il pungolo che incita alle grandi scoperte ed alle utili imprese.
Se Dio permette che la ricchezza sia concentrata in alcuni punti, è perché così può diffondersi e distribuirsi in quantità sufficiente ai diversi bisogni.

Ammesso questo, ci si può domandare perché Dio conceda la ricchezza a degli uomini incapaci di farla fruttare per il bene di tutti.
Anche questa è una prova della saggezza e della bontà di Dio. Concedendo all'uomo il libero arbitrio, ha voluto che arrivasse, con la sua stessa esperienza, a rendersi conto della differenza che esiste fra il bene e il male, e che praticare il bene fosse il risultato dei suoi sforzi e della sua propria volontà.
Non deve essere portato fatalmente né al bene né al male, altrimenti non sarebbe che uno strumento passivo ed irresponsabile, come gli animali.
La ricchezza è un mezzo per provarlo moralmente, ma siccome essa è nello stesso tempo un potente mezzo d'azione per il progresso, Dio non vuole che resti per molto tempo improduttiva, ed è per questo che la trasferisce continuamente dall'uno all'altro.
Ognuno deve possederla per cercare di servirsene e per dar prova dell'uso che ne sa fare. Ma poiché vi è l'impossibilità materiale di farla avere a tutti in pari tempo, e poiché se tutti la possedessero nessuno lavorerebbe più e il progresso che deve migliorare il globo ne soffrirebbe, così ognuno la possiede a sua volta.
Chi non l'ha oggi l'ha già avuta o l'avrà in un'altra esistenza, e chi l'ha oggi potrà non averla più domani.
Ci sono ricchi e poveri, perché Dio, essendo giusto, la permette a tutti in tempi diversi, e ognuno a sua volta deve lavorare. La povertà mette alla prova per gli uni la pazienza e la rassegnazione; la ricchezza, per gli altri, mette a prova la loro carità e la loro abnegazione.

Ci si duole, a ragione, di vedere il pessimo uso che certuni fanno della loro ricchezza e le passioni ignobili provocate dalla cupidigia, e ci si domanda se Dio è giusto nel dare la ricchezza a simili persone. È certo che se l'uomo avesse una sola esistenza, nulla giustificherebbe questo genere di divisione dei beni sulla terra, ma se, invece di limitare lo sguardo alla vita presente, si esamina l'insieme delle esistenze, ci si accorge che tutto si equilibra con giustizia.

Il povero, dunque, non ha più ragioni di accusare la Provvidenza né di invidiare i ricchi, né i ricchi hanno ragioni di gloriarsi di ciò che possiedono.
Se ne abusano, non sarà con i decreti né con le leggi che si porrà rimedio al male: le leggi possono cambiare momentaneamente i fatti esterni, ma non possono cambiare i cuori.
Perciò hanno una durata soltanto temporanea e sono seguite da una reazione sfrenata. L'origine del male risiede nell'egoismo e nell'orgoglio: tutti gli abusi, di ogni genere, cesseranno da soli quando gli uomini si regoleranno sulla legge di carità.

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