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domenica 20 marzo 2011

LA BENEFICENZA


11. La beneficenza, amici miei, vi darà in questo mondo le gioie più dolci e più
pure, le gioie del cuore che non sono turbate né dai rimorsi né dall’indifferenza. Che
possiate comprendere tutto ciò che assomma di grande e di dolce la generosità delle
anime belle, questo sentimento che fa sí che si guardino gli altri con lo stesso occhio
con cui guardiamo noi stessi, che ci si spogli con gioia per coprire il fratello. Che voi
possiate, amici miei, non avere un impegno più dolce di quello di fare intorno a voi
delle persone felici! Quali feste del mondo potrete mai paragonare a quelle feste
lietissime in cui voi, rappresentanti della Divinità, rendete la gioia a quelle povere
famiglie che della vita non conoscono che le vicissitudini e le amarezze; quando voi
vedete quei volti avvizziti, d’un tratto raggianti di speranza, perché non avevano un po’
di pane, quegli sventurati, e i loro bambini, ignorando che vivere è soffrire, gridavano,
piangevano e ripetevano queste parole che ferivano come un pugnale acuto il cuore
materno: “Ho fame!”. Pensate quanto siano soavi le impressioni di chi vede rinascere la
gioia là dove, un momento prima, non vi era che disperazione! Capite quali siano i
vostri obblighi verso i vostri fratelli! Andate, andate incontro alla sfortuna, andate a
soccorrere le miserie, soprattutto quelle nascoste, che sono le più dolorose. Andate, miei
carissimi, e ricordate queste parole del Salvatore: “Se voi vestirete uno di questi
bambini, vestirete me!”.
Carità! Parola sublime che assomma tutte le virtù, sei tu che devi condurre i
popoli alla felicità. Esercitandoti si prepareranno delle gioie infinite per il domani, e
durante il loro esilio sulla terra, tu sarai la loro consolazione, farai pregusta-te loro le
gioie che godranno quando più tardi si abbracceranno uniti nel seno del Dio d’amore.
Sei tu, virtù divina, che mi hai procurato i soli momenti di felicità che ho goduto sulla
terra. Che i miei fratelli incarnati possano credere alla voce dell’amico che parla loro
per dire: è nella carità che voi dovete cercare la pace del cuore, la gioia dell’anima, il
ristoro a tutte le afflizioni della vita. Quando siete giunti sul punto di accusare Dio,
gettate uno sguardo verso il basso: guardate quante miserie ci sono da sollevare, quanti
poveri bambini senza famiglia, quanti vegliardi che non hanno una mano amica per
soccorrerli e per chiudere i loro occhi quando sarà l’ora della morte! Quanto bene c’è da
fare! Non lamentatevi, ma, al contrario, ringraziate Dio e prodigate a piene mani la
vostra simpatia, il vostro amore, il vostro denaro a tutti coloro che, diseredati dei beni di
questo mondo, languono nella sofferenza e nella solitudine. Raccoglierete quaggiù delle
gioie dolcissime, e più tardi... Dio solo lo sa! ... (ADOLPHE, vescovo di Algeri,
Bordeaux, 1861).
12. Siate buoni e caritatevoli: è questa la chiave dei cieli che voi avete nelle
vostre mani. Tutta la felicità eterna è racchiusa in questa massima: “Amatevi gli uni con
gli altri”. L’anima non può innalzarsi nelle regioni spirituali che grazie all’abnegazione
per il prossimo; non trova felicità e consolazione che negli slanci della carità. Siate
buoni, aiutate i vostri fratelli, dimenticate l’orribile piaga dell’egoismo: questo dovere
compiuto vi aprirà il cammino della felicità eterna. D’altronde, chi di voi non ha sentito
balzare il suo cuore e infiammarsi di gioia interiore al racconto di un eroico sacrificio, di
un’azione veramente caritatevole? Se ricercate le gioie che procura una buona azione,
resterete sempre sulla via del progresso spirituale. Gli esempi non mancano: solo le
buone volontà sono rare. Rammentate la folla di uomini dabbene di cui la vostra storia
vi tramanda il pio ricordo.
Cristo non vi ha forse detto tutto ciò che esalta queste virtù dell’amore e della
carità? Perché dimenticare i suoi divini insegnamenti? Perché chiudere l’orecchio alle
sue divine parole, il cuore alle sue dolci massime? Io vorrei che si seguissero con
maggiore interesse, con maggiore fede, le letture evangeliche. Si abbandona questo
libro, si considera come una parola chimerica, come una lettura incomprensibile; si
lascia nell’oblio questo codice ammirevole. I vostri mali sorgono dal volontario
abbandono di questa sintesi delle leggi divine. Leggete, dunque, queste pagine brucianti
della devozione di Gesù, e meditatele.
Uomini forti, cingetevi della vostra forza; uomini deboli, fatevi delle armi della
vostra dolcezza, della vostra fede; siate più persuasivi, abbiate più costanza nella
propaganda della vostra nuova dottrina. Non è che un incoraggiamento che siamo venuti
a darvi, non è che per stimolare il vostro zelo e le vostre virtù che Dio ci permette di
manifestarci a voi: ma se si volesse, non si avrebbe bisogno che dell’aiuto di Dio e della
propria volontà: le manifestazioni degli Spiriti non sono fatte che per gli occhi chiusi e i
cuori indocili.
La carità è la virtù fondamentale che deve sostenere tutto l’edificio delle virtù
terrene: senza di essa, le altre non esistono. Senza la carità non vi è speranza di una
sorte migliore, non vi è interesse morale che ci possa guidare: senza la carità non vi è
nemmeno la fede, perché la fede non è che un puro raggio che fa brillare un’anima
caritatevole.
La carità è l’eterna ancora di salute in tutte le sfere: è la più pura emanazione
dello stesso Creatore, è la sua virtù che trasmette alle creature. Come si potrebbe
diconoscere questa suprema bontà? Dove sarebbe, con questo pensiero, un cuore tanto
perverso da respingere e scacciare questo sentimento cosí divino? Quale sarebbe il
bambino tanto cattivo da ribellarsi a questa dolce carezza: la carità?
Non oso parlare di ciò che io ho fatto, perché anche gli Spiriti hanno il pudore
delle loro opere, ma credo che questa da me iniziata sia una di quelle che deve
contribuire di più a consolare i vostri simili. Vedo sovente Spiriti che domandano per
missione di continuare il mio compito; le vedo le mie dolci e care sorelle nel loro pio e
divino ministero; le vedo esercitare la virtù che vi raccomando, con tutta la gioia che
procura questa esistenza di abnegazione e di sacrificio. Per me è una grande felicità
vedere quanto tutti onorano il loro agire, quanto è amata e dolcemente protetta la loro
missione.
Uomini dabbene, uomini di buona volontà forte e decisa, unitevi per continuare
ampiamente l’opera di propaganda della carità. Troverete la ricompensa di questa virtù
nel suo stesso esercizio: non esiste gioia spirituale che essa non dia già nella vita
terrena. Siate uniti, nell’amore reciproco, secondo i precetti di Cristo. E cosí via. (SAN
VINCENZO DE PAOLI, Parigi, 1858).
13. Io mi chiamo la carità, sono la via maestra che conduce a Dio: seguitemi,
perché io sono lo scopo cui tutti dovete mirare.
Ho fatto stamani il mio giro solito, e col cuore dilaniato vengo a dirvi: “Oh,
amici miei! quante miserie, quante lagrime, e quante avrete da fare per asciugarle tutte!
Ho cercato inutilmente di consolare delle povere madri. Dicevo loro al-l’orecchio:
“Coraggio! Ci sono dei cuori buoni che vegliano su voi, non sarete abbandonate.
Pazienza! Dio è là, voi siete le sue più care, le sue elette”. Sembrava che mi sentissero e
guardavano verso di me con i loro grandi occhi smarriti: leggevo sui loro poveri volti
che il corpo, questo tiranno dello Spirito, aveva fame e che se le mie parole
rasserenavano un po’ il loro cuore, non potevano riempire il loro stomaco. Ripetevo
ancora: Coraggio! Coraggio! Allora una povera madre giovanissima che allattava un
fanciullino, l’ha preso in braccio tendendolo verso lo spazio vuoto, come se mi pregasse
di proteggere quel povero esserino che non prendeva che un nu-trimento insufficiente da
un seno sterile.
Altrove, amici miei, ho veduto dei poveri vecchi senza lavoro, e, presto, senza
asilo, in preda a tutte le sofferenze del bisogno, vergognosi della loro miseria, incapaci
anche di osare, loro che non avevano mai mendicato, d’implorare la pietà dei passanti. Il
cuore vinto dalla compassione, io che non possiedo nulla, mi sono fatta mendicante per
loro, e vado ovunque a stimolare la beneficenza, ispirando pensieri buoni ai cuori
generosi e compassionevoli. È per questo che vengo da voi, amici miei, e vi dico: laggiù
ci sono degli sventurati nella cui madia non c’è pane, il cui focolare è privo di fuoco il
cui letto non ha coperte. Non vi dico ciò che dovete fare: lascio l’iniziativa al vostro
buon cuore: se vi dettassi la vostra linea di condotta non avreste più il merito delle
vostre buone azioni. Vi dico soltanto; io sono la carità e vi stendo la mano per i vostri fratelli sofferenti.
Ma se io domando, do anche, e do molto: ecco, vi invito ad un grande banchetto
e questo è l’albero al quale vi sazie rete tutti! Vedete come è bello, come è carico di
fiori e di frutti! Avanti, andate, cogliete, prendete tutti i frutti di questo bell’albero che si
chiama la beneficenza. Al posto dei rami che avrete colto, lo porrò le buone azioni che
farete e riporterò quest’albero a Dio perché lo rivesta di nuovo, perché la beneficenza è
inesauribile. Seguitemi, dunque, amici miei, perché io vi annoveri fra quanti si
arruolano sotto la mia bandiera: non temete, io vi condurrò sulla via della salute.
Per-ché io sono la Carità. (CARITA, martirizzata a Roma, Lyon, 1861).
14. Ci sono molti modi di fare la carità; parecchi fra voi la confondono con
l’elemosina che, tuttavia, è molto diver-sa. L’elemosina, amici miei, è talvolta utile,
perché dà un aiuto ai poveri, ma è quasi sempre umiliante, cosí per chi la fa come per
chi la riceve. La carità, invece, affratela il benefattore al beneficato, e, per di più, può
travestirsi in tante maniere! Si può essere caritatevoli anche con i congiunti o con gli
amici, dimostrandosi indulgenti gli uni con gli altri, perdonandosi reciprocamente le
debolezze, stando attenti a non urtare l’amor proprio di nessuno; voi, spiritisti, potrete
esserlo col sapervi comportare di fronte a coloro che non condividono le vostre idee;
inducendo coloro che vedono meno chiaramente di voi a credere, ma senza offenderli,
senza attaccare di fronte le loro convinzioni, conducendoli pian piano alle nostre
riunioni ove potranno ascoltarci; e allora noi sapremo trovare il passaggio per penetrare
nel loro cuore. E questo è uno degli aspetti della carità.
Adesso ascoltate ciò che vi debbo dire circa la carità per i poveri, questi
diseredati di quaggiù, ma ricompensati da Dio, se sanno accettare le loro miserie senza
lagnarsene, ciò che dipende da voi. Mi farò capire con un esempio.
Diverse volte alla settimana, io vado ad una riunione di signore. Persone di tutte
le età, che per noi, come voi sapete, sono tutte sorelle. Che cosa fanno? Lavorano svelte
svelte, le loro dita sono agili, i loro volti sono radiosi, e i loro cuori battono all’unisono!
Ma qual è il loro scopo? Esse vedono avvicinarsi l’inverno, che sarà aspro per le
famiglie povere. Le formiche non hanno potuto riunire durante l’estate i grani necessari
alle provviste, e in gran parte gli oggetti di vestiario sono in pegno; le povere madri si
tormentano e piangono pensando ai loro bambini che, in inverno, avranno fame e
freddo! Ma, pazienza, mie povere donne! Dio ha ispirato persone più fortunate di voi,
che si sono riunite e confezionano per voi dei vestitini. Poi, un giorno di questi, quando
la neve avrà coperto la terra e voi vi ribellerete dicendo: “Dio non è giu-sto” (perché
questa è la protesta abituale di voi che soffri-te), vedrete presentarsi uno dei figli di
queste buone lavoratrici che si son fatte le operaie dei poveri. Sí, è per voi che esse
lavorano tanto, e le vostre lagnanze si muteranno in benedizioni, perché nel cuore degli
infelici l’amore è cosí vicino all’odio!
E siccome è necessario incoraggiare l’attività di queste lavoratrici, io vedo che
ad esse giungono da ogni parte le comunicazioni degli Spiriti buoni. Gli uomini che
fanno parte di questa società, anche essi offrono il loro concorso con qualcuna di quelle
conferenze che piacciono tanto. E noi, per ricompensare lo zelo di tutte e di ognuna, a
queste operaie laboriose promettiamo una buona clientela che le pagherà in denaro
liquido, con quelle benedizioni che sono la sola moneta che ha corso in cielo, e
assicuriamo, senza timore di promettere troppo, che questo pagamento non mancherà
mai a loro. (CARITA, Lyon, 1861).
15. Miei cari amici, ogni giorno io odo alcuni fra voi che dicono: “Sono povero
e non posso fare la carità”. E ogni giorno vi vedo mancare di indulgenza per i vostri
simili; non perdonate nulla ad essi, e vi erigete a giudici, spesso severi, senza chiedervi
se sareste contenti che altri facesse lo stesso nei vostri confronti. L’indulgenza non è
forse anch’essa della carità? Voi, che non potete fare che la carità indulgente, fate
almeno questa, ma fatela a piene mani. E circa la carità materiale, voglio raccontarvi
una storia del mondo di là.
Erano da poco morti due uomini, e Dio aveva detto: Fi-no a che questi uomini
vivranno, ciascuna delle loro buone azioni sarà posta in un sacco, e quando moriranno,
questi sacchi saranno pesati. Quando questi due uomini giunsero all’ul-tima ora, Dio si
fece portare i due sacchi: uno era grande e grosso, era gonfio e risuonava per le monete
che lo riempivano; l’altro era piccolissimo, tanto leggero che si vedevano attraverso i
pochi soldi che conteneva. Ciascuno dei due uomini riconobbe il suo sacco. Il primo
disse: Ecco il mio sacco, lo riconosco, ero ricco e ho dato molto. Ecco il mio, disse il
secondo, purtroppo sono sempre stato povero e non avevo nulla da distribuire. I due
sacchi furono messi sulla bilancia e con grande sorpresa il più grosso si alleggerí, e il
più piccolo si appesantí, tanto che la bilancia pendeva tutta dalla parte di questo. Allora
Dio disse al ricco: Tu hai dato molto, è vero; ma tu hai dato per ostentazione e per
vedere il tuo nome scritto in tutti i templi dell’orgoglio, e per di più, dando non ti sei
privato di nulla. Va’ a sinistra, e reputati contento che le tue elemosine ti siano ancora
contate per qualcosa. Poi, disse al povero: Tu hai dato poco, amico mio; ma ognuno dei
soldi che sono su questa bilancia è stato per te una privazione. Se non hai fatto
l’elemosina, tu hai fatto la carità, e, ciò che è ancora meglio, l’hai fatta spontaneamente,
senza pensare che te ne sarebbe stato tenuto conto. Sei stato indulgente, non hai
giudicato il tuo prossimo, ma, al contrario, l’hai scusato di tutte le sue azioni. Va’ a
destra e ricevi la tua ricompensa. (UNO SPIRITO PROTETTORE, Lyon, 1861).
16. La donna ricca, felice, che non ha bisogno di utilizzare il suo tempo nei
lavori familiari, non potrebbe dedicare qualche ora a lavorare per i suoi simili? Che ella,
col superfluo delle sue gioie, acquisti qualche cosa per coprire lo sventurato che trema
dal freddo; che, con le sue mani delicate, faccia dei vestiti, grossolani ma caldi; aiuti la
madre a coprire il bambino che sta per nascere; se il figlio di lei avrà qual-che ricamo di
meno, quello della povera avrà più caldo. Lavorare per i poveri è lavorare alla vigna del Signore.
E tu, povera operaia, che non hai del superfluo, ma che, nel tuo amore per i tuoi
fratelli, vuoi dare anche quel poco che possiedi, tu che hai un solo tesoro, il tuo tempo,
regala loro qualche ora della tua giornata. Confeziona qualcuno di quei lavori eleganti
che sono una tentazione per i fortunati, vendi il lavoro frutto delle tue veglie e potrai,
cosí, procurare qualche conforto ai tuoi fratelli. Avrai forse qualche nastro di meno, ma
darai scarpe a chi va a pichi nudi.
E voi, donne devote a Dio, lavorate anche voi alla sua opera, ma che i vostri
lavori delicati e costosi non siano buoni soltanto ad adornare le sue cappelle e ad attirare
l’attenzione sulla vostra abilità e la vostra pazienza. Lavorate, figlie mie, e fate che il
prezzo del vostro lavoro vada a sollievo dei vostri fratelli in Dio. I poveri sono i suoi
figli prediletti: lavorare per loro è glorificarlo. Siate per essi come la Provvidenza che
dice: Agli uccellini del cielo, Dio offre il cibo. Che l’oro e l’argento che le vostre dita
sanno tessere, si trasmutino in abiti e nutrimento per coloro che ne mancano. Fatelo, e il
vostro lavoro sarà benedetto.
E tutti voi che potete produrre, date; date il vostro genio, le vostre ispirazioni, il
vostro cuore che Dio benedirà. Poeti, letterati, che non siete letti che dalla gente del bel
mondo, allietate i loro ozi, ma dedicate il prodotto delle vostre opere a sollievo degli
sventurati. Pittori, scultori, artisti di ogni genere, fate che la vostra intelligenza sia
d’aiuto ai vostri fratelli: non ne trarrete meno gloria, e vi sarà qualche soffe-renza di meno.
Tutti potete dare: a qualsiasi classe apparteniate, vi sarà sempre qualcosa che
potete dividere coi vostri fratelli. Quale che sia ciò che Dio vi ha dato, ne dovete una
parte a chi manca del necessario, perchè al suo posto voi sareste ben felici che qualcuno
dividesse con voi. I vostri tesori terreni saranno un po’ minori, ma i vostri tesori in cieio
più abbondanti, perché avrete cento volte quanto avrete seminato quaggiù in benefizi.
(JEAN, Bordeaux, 1861).

IL VANGELO SECONDO GLI SPIRITI (Allan Kardec)

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