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venerdì 11 febbraio 2011

LO SPAZIO E IL TEMPO


- Sono state date diverse definizioni dello spazio, e la principale è la seguente: lo spazio è ciò che separa due corpi. Da questo, certi sofisti hanno dedotto che, là dove non vi sono corpi, non vi è neppure lo spazio; su questo si sono basati alcuni dottori in teologia per stabilire che lo spazio era necessariamente finito, in quanto un certo numero di corpi limitati non può costituire una serie infinita; e là dove si arrestavano i corpi, si arrestava anche lo spazio. Lo spazio è stato anche definito così: il luogo in cui si muovono i mondi, il vuoto in cui agisce la materia, ecc. Lasciamo nei trattati in cui si trovano tutte queste definizioni che in realtà non definiscono nulla.
Spazio è una di quelle parole che rappresentano un’idea primitiva e assiomatica, evidente già di per sé, e che le diverse definizioni servono soltanto ad oscurare. Tutti noi sappiamo che cosa è lo spazio, e io non voglio fare altro che stabilirne l’infinità, perché i nostri studi ulteriori non incontrino barriere che vengano a frapporsi tra noi e le nostre indagini.
Ora, io dico che lo spazio è infinito per questa ragione: è impossibile attribuirgli un limite, e nonostante ci sia estremamente difficile concepire l’infinito, è pur sempre più facile vagare eternamente nello spazio, con il
pensiero, piuttosto che arrestarci in un luogo qualunque, dopo il quale non troveremmo più nulla da percorrere.
Per raffigurarci l’infinità dello spazio, per quanto possono permettercelo le nostre facoltà limitate, supponiamo che, partendo dalla terra, sperduta in mezzo all’infinito, ci dirigiamo verso un punto qualunque dell’universo, con la prodigiosa rapidità dell’elettricità che percorre migliaia di chilometri ogni secondo; appena lasciato il nostro globo, abbiamo già percorso milioni di chilometri, e ci troviamo in un luogo dal quale la terra ci appare soltanto sotto l’aspetto di una stellina pallidissima. Un attimo più tardi, sempre seguendo la stessa direzione, ci dirigiamo verso le stelle lontane, che dalla terra riusciamo a malapena a distinguere; e di là, non soltanto la terra è completamente perduta per il nostro sguardo, nella profondità del cielo, ma persino il nostro sole, con tutto il suo splendore, è eclissato dalla distanza che ci separa da lui.
Sempre animati dalla stessa velocità del lampo, superiamo sistemi di mondi ad ogni passo che muoviamo nella distesa di isole di luce eterna, di vie stellari, di paraggi sontuosi in cui Dio ha seminato i mondi con la stessa profusione con cui ha seminato le piante nelle praterie della terra.
Ora, noi procediamo soltanto da pochi minuti, e già centinaia di milioni e milioni di miglia ci separano dalla terra; miliardi di mondi sono passati davanti al nostro sguardo, eppure, ricordatelo, in realtà non siamo avanzati di un solo passo nell’universo.Se continuiamo per anni, secoli, migliaia di secoli, milioni di periodi più volte secolari, e sempre, incessantemente, alla velocità del lampo, non saremo avanzati di molto: da qualunque parte ci dirigiamo, verso qualsiasi punto ci muoviamo, dopo esserci lasciati alle spalle quel granellino invisibile
che si chiama terra.Ecco, questo è lo spazio!
2 - Il tempo, come lo spazio, è una parola che si definisce da sola; e del tempo ci si fa un’idea più giusta stabilendo la sua relazione con il tutto infinito. Il tempo è la successione delle cose; è legato all’eternità nello stesso modo in cui le cose sono legate all’infinito. Supponiamo di trovarci all’origine del nostro mondo, in quell’epoca primordiale in cui la terra non si teneva ancora in equilibrio sotto l’impulso divino; per dirla in breve, all’inizio della Genesi.
Là, il tempo non è ancora uscito dalla culla misteriosa della natura; e nessuno può dirci in quale epoca ci troviamo, poiché il bilanciere dei secoli non è ancora in movimento.Ma, silenzio! La prima ora di una terra isolata scocca, il pianeta si muove nello spazio, e da quel momento vi è sera e mattina. Al di là della terra, l’eternità resta impassibile ed immobile, sebbene il tempo avanzi per molti altri mondi. Sulla terra, all’eternità si sostituisce il tempo, e durante una serie determinata di generazioni si conteranno gli anni ed i secoli.
Trasportiamoci ora all’ultimo giorno di questo mondo, all’ora in cui, curva sotto il peso della vecchiaia, la terra si cancellerà dal libro della vita per non riapparirvi mai più: qui la successione, evidentemente, si è arrestata; i movimenti terrestri che misuravano il tempo si interrompono, e con essi finisce il tempo.
Questa semplice esposizione delle realtà naturali che danno origine al tempo, lo nutrono e lo lasciano estinguere, basta a dimostrare che, considerato dal punto in cui dobbiamo porci per i nostri studi, il tempo è soltanto una goccia d’acqua che cade dalle nuvole nel mare, e della quale viene misurata la
caduta. Tanti sono i mondi nell’estensione immane, altrettanti sono i tempi, diversi e incompatibili. Al di fuori dei mondi, soltanto l’eternità sostituisce queste successioni effimere, e riempie serenamente della sua luce immobile l’immensità dei cieli. Immensità senza confini ed eternità senza limiti: queste sono le due grandi proprietà della natura universale.
L’occhio dell’osservatore che attraversa, senza mai incontrare ostacoli, le distanze incommensurabili dello spazio, e l’occhio del geologo che risale al di là dei limiti delle epoche, o che discende nel profondo dell’eternità spalancata in cui si perderanno un giorno agiscono di concerto, ognuno lungo la propria strada, per acquisire questa duplice nozione dell’infinito: estensione e durata.Ora, conservando quest’ordine di idee, ci sarà facile concepire il tempo in rapporto con le sole cose transitorie, e dipendente unicamente da cose
misurabili; se, prendendo per unità di misura i secoli terrestri, li accatastassimo migliaia a migliaia e fino a formare un numero colossale, questo numero non rappresenterà mai altro che un punto nell’eternità:
esattamente come migliaia di miglia unite a migliaia di miglia non sono altro che un punto nell’infinito.
Così, per esempio, poiché i secoli stanno al di fuori della vita eterna dell’anima, noi potremmo scrivere un numero lungo quanto l’equatore terrestre, e supporre di essere invecchiati per quel numero di secoli, senza che in realtà la nostra anima sia invecchiata di un solo giorno; aggiungendo a questo numero indefinibile di secoli una serie lunga da qui al sole, formata di numeri simili, o ancora più considerevoli, e immaginando di vivere durante la successione prodigiosa di periodi secolari rappresentati dall’addizione di tali numeri, quando giungessimo al suo termine, l’incomprensibile ammasso di secoli che peserebbe sulla nostra testa sarebbe come se non esistesse: davanti a noi resterebbe sempre l’eternità intera.
Il tempo non è altro che una misura relativa della successione delle cose transitorie; l’eternità non è suscettibile di alcuna misura, dal punto di vista della durata: per l’eternità non vi è né inizio né fine: per essa, tutto è presente. Se i secoli dei secoli sono meno di un secondo, in rapporto all’eternità, che cos’è, allora, la durata della vita umana?

Fonte : Le Rivelazioni degli spiriti ( Allan Kardec ) 

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