(DOMANDE E RISPOSTE)
- Si può dire che ci sia una fatalità negli eventi della vita,cioè che gli avvenimenti ne siano prestabiliti? E in tal caso dove sta il libero arbitrio?
«Fatalità non esiste se non per la scelta che lo Spirito ha fatto, incarnandosi,
di subire questa o quella prova, poiché, scegliendo, egli si crea una specie di destino, che è la conseguenza stessa della condizione in cui si è posto. Ben inteso, però, che parlo delle prove fisiche; poiché, per quanto riguarda le prove morali e le tentazioni, lo Spirito, il quale conserva il suo libero arbitrio per il bene e per il male, è sempre padrone di cedere, o di resistere. Uno Spirito buono, vedendolo vacillare, può muoversi in suo
soccorso, ma non imporglisi in maniera da minare la volontà; uno Spirito
cattivo, vale a dire basso, facendogli vedere una cosa per un’altra, o
esagerandogli un pericolo, può impressionarlo e spaventarlo; ma, nondimeno, la volontà
dello Spirito incarnato resta libera da ogni coazione».
852 - Ci sono persone, le quali sembrano perseguitate da una fatalità indipendente dal loro modo di agire, di cui si possa dire che abbiano per destino la sventura?
«Può darsi che queste siano prove, che devono subire e che hanno scelto esse stesse; ma lasciate che io ve lo ripeta: voi mettete in conto del destino ciò che il più delle volte non è se non la conseguenza delle vostre proprie colpe. Nei mali che vi affliggono, procurate di aver pura la coscienza, e sarete già mezzon consolati».
Le idee giuste o false, che ci formiamo delle cose, ci fanno riuscire, o non riuscire secondo il nostro concetto e la nostra condizione sociale; ma noi troviamo più semplice e meno umiliante per il nostro amor proprio attribuire i nostri insuccessi alla sorte o al
destino, anziché alla nostra colpa. Se l’opera degli Spiriti vi contribuisce talvolta, noi ce ne possiamo sempre sottrarre, respingendo, se sono cattive, le idee che ci suggeriscono.
853 - Alcuni non sfuggono ad un mortale pericolo che per cadere in un altro; sembra che non possano evitare la morte: non è questa una fatalità?
«Di fatale, nel vero senso della parola, non c’è che l’istante della morte: quando esso è venuto, sia in un modo, sia in un altro, non ve ne potete esimere».
- Ciò posto, qualunque sia il pericolo che ne minaccia, non moriamo, se l’ora nostra non è suonata?
«Proprio così. Dio sa già prima di quale genere morrete, e spesso lo sa anche il vostro Spirito, giacché lo conobbe, quando fece la scelta della sua esistenza».
854 - Dalla irremovibilità dell’ora della morte ne segue, che le precauzioni che si prendono per evitarla siano inutili?
«No; quelle precauzioni vi si suggeriscono, affinché la evitiate, e sono uno dei
mezzi a conseguire che non si compia, se il vostro tempo non è ancora venuto».
855 - A che fine la Provvidenza ci fa correre pericoli, che nonn devono avere conseguenze?
«Per distogliervi dal male e rendervi migliori. Quando,scampati dal pericolo, ne siate però ancora sotto l’impressione, pensate, più o meno seriamente, a migliorarvi, secondo la maggiore o minore influenza che i buoni Spiriti esercitano su di voi. Coi pericoli, che correte, Dio vi fa ricordare della vostra debolezza e della fragilità della vostra esistenza. Se poi esaminate la causa e la natura del pericolo, vedrete per lo più, che le sue conseguenze sarebbero state la punizione di una colpa commessa, o di un dovere inadempiuto. Dio vi avverte così di rientrare in voi stessi, e di emendarvi».
856 - Lo Spirito conosce con precedenza il genere di morte, a cui dovrà soccombere il suo corpo?
«Egli sa che il genere di vita da lui scelto lo esporrà a un modo piuttosto che in un altro; ma conosce anche le lotte che dovrà sostenere per evitare, con l’aiuto di Dio, di soccombere prima del tempo».
857 - Alcuni affrontano i pericoli delle battaglie con la persuasione che la loro ora non è ancora venuta: tale fiducia ha qualche fondamento?
«Come l’uomo ha spessissimo il presentimento della sua fine, così può avere quello della sua incolumità. Questo presentimento gli viene dai suoi Spiriti protettori, che lo avvertono di tenersi pronto alla dipartita, o ne rianimano il coraggio ne momenti più difficili; ma può averlo anche egli stesso dall’intuito dell’esistenza che ha scelto, o della missione che accettò e sa di dover compiere». (Vedi numeri 411 - 522).
858 - Da dove viene che coloro i quali presentono la propria morte la temono, in generale, meno degli altri?
«E’ l’uomo, che teme la morte, non lo Spirito; ora chi ha questo presentimento pensa più come Spirito che come uomo: comprende la sua liberazione, ed aspetta».
859 - Se la morte non può evitarsi quando deve venire, è lo stesso di tutti gli accidenti che accadono nel corso della vita?
«Essi sono normalmente cose troppo lievi, sicché non vi è alcuna ragione di avvertirvene con precedenza; qualche volta però, facciamo in
modo che li evitiate, dirigendo il vostro pensiero, poiché a noi ripugna la sofferenza
materiale; ma, in ogni modo, essi importano poco per rispetto all’esistenza che avete scelto. Di veramente fatale non c’è che l’ora in cui dovete nascere e morire».
- Vi sono fatti che devono assolutamente avverarsi, e che la volontà degli Spiriti non può scongiurare?
«Sì; e voi, allo stato di Spiriti, li avete veduti e presentiti quando faceste la vostra scelta. Non crediate peraltro, che tutto ciò che accade sia scritto, come dice il volgo: un avvenimento è spesso la conseguenza di cosa che avete fatto di vostra spontanea volontà, di modo che, se non l’aveste fatta l’avvenimento non sarebbe accaduto. Se vi bruciate un dito, è vostra imprudenza, e il dolore è la conseguenza della materia: solo i grandi affanni, gli avvenimenti di rilievo, che possono influire sul morale, sono preveduti da Dio, perché utili alla vostra purificazione ed istruzione».
860 - L’uomo, con la sua volontà e con le sue azioni, può far che avvenimenti, i quali dovrebbero accadere, non accadano, e viceversa?
«Sì, se questo mutamento può combinarsi con la vita che ha scelto. Inoltre,può impedire il male, specialmente quello che può condurre ad un male maggiore, per fare, come deve essere fatto, il bene, che è l’unico scopo della vita».
861 - L’uomo che commette un omicidio, sa, nello scegliere la sua esistenza,che diverrà assassino?
«No; egli sa che, scegliendo una vita di lotte, corre il rischio di uccidere un suo simile; ma ignora se lo farà, perché quasi sempre prima vi è esitazione e poi decisione in chi sta per commettere un delitto: ora, chi esita e poi decide intorno ad una cosa, è sempre libero di farla o non farla. Se lo Spirito sapesse anticipatamente che, come uomo, dovrà commettere un omicidio, vi sarebbe predestinato, mentre nessuno è predestinato al male, e ogni delitto, come ogni altra azione, dipende sempre dalla volontà e dal libero
arbitrio. Del resto, voi confondete sempre due cose diverse: gli avvenimenti materiali della vita e gli atti della vita morale. Se talora può esservi una certa fatalità, è negli
avvenimenti materiali, la cui cagione è fuori di voi, e che non dipendono dalla vostra volontà; ma gli atti della vita morale emanano sempre dall’uomo stesso, che per conseguenza ha sempre la libertà della scelta: per questi dunque non vi è mai fatalità».
862 - Ci sono alcuni ai quali non riesce mai nulla e che sembrano perseguitati da un genio malefico in ogni impresa. Non si può questa chiamarla fatalità?
«Sì, se volete darle un tal nome; ma tutto dipende dalla scelta del genere di esistenza, poiché quei perseguitati hanno voluto una vita di delusioni per esercitare la pazienza e la rassegnazione. Tuttavia, non crediate assoluta quella fatalità, poiché spesso non e che il risultato della falsa strada che hanno preso, inadeguata alla loro intelligenza e alle loro attitudini. Chi vuole attraversare un fiume a nuoto senza saper nuotare, corre
grande pericolo di annegarvi: è così per lo più negli avvenimenti della vita. Se l’uomo si
occupasse solamente di cose adeguate alle sue facoltà, vi riuscirebbe quasi sempre, mentre lo prendono l’amor proprio e l’ambizione, che lo fanno traviare e prendere per vocazione il desiderio di soddisfare le sue passioni.Egli non riesce per propria colpa; ma, piuttosto che incolpare se stesso,preferisce darne la colpa alla sua cattiva stella. Un tale che sarebbe stato un buon operaio, e si sarebbe guadagnato onestamente la vita,
sarà un meschino poeta, e morrà di fame. Al mondo ci sarebbe posto per tutti, se ognuno si contentasse di quello che gli è stato assegnato».
863 - E i costumi sociali non costringono spesso l’uomo a seguire questa
anziché quella via? Ed egli più volte non deve inchinarsi alla volontà di altri
nella scelta della sua carriera? Ciò che si chiama rispetto umano, non è forse un ostacolo all’esercizio del libero arbitrio?
«Non Id dio, ma gli uomini fanno i costumi sociali, se vi si assoggettano, vuol dire che piace loro così. Questo è un atto del loro libero arbitrio, poiché, se volessero, potrebbero scuotere il giogo; ma allora perché se ne lagnano? Non i costumi sociali devono accusare, ma il loro sciocco amor proprio, per cui preferiscono morire di fame piuttosto che, come dicono, derogare alla propria dignità. Intanto, a loro nessuno resta grato di quel sacrificio fatto all’opinione altrui: mentre Id dio, ascriverebbe loro a merito il
sacrificio della loro vanità. Né vuol dire con questo che si debba sfidare quella opinione senza necessità, come fanno alcuni vanitosi, più originali che veri filosofi, poiché vi è
tanta stoltezza nel farsi segnare a dito, o riguardare come una bestia curiosa,quanta vi è saggezza nel discendere volontariamente e senza rimpianto in una condizione più umile, quando un uomo non si può mantenere sull’alto della scala».
864 - Se ci sono di quelli ai quali non ne va bene una, altri sembrano in modo speciale favoriti, poiché loro va tutto bene: da che deriva?
«Spesso dal fatto che questi sanno aiutarsi meglio; ma può essere anche un genere di prova: il buon successo li inebria, si affidano al proprio destino e sovente pagano più tardi quei successi medesimi con crudeli infortuni, che avrebbero potuto evitare con la prudenza».
865 - Come spiegare la sorte che favorisce qualcuno in cose nelle quali non c’entra né la volontà, né l’intelligenza, come sarebbe, per esempio, nel gioco?
«Certi Spiriti hanno scelto spontaneamente quei generi di piaceri la sorte che li favorisce è una tentazione. Colui che guadagna come uomo, perde come Spirito: è una prova per il suo orgoglio e la sua cupidigia».
866 - Dunque la fatalità, che sembra domini sui destini materiali della nostra vita, sarebbe anch’essa l’effetto del nostro libero arbitrio?
«Voi stessi avete scelto le vostre prove: quanto più sono rudi, quanto meglio le superate, tanto più vi innalzerete. Quelli che passano la vita nell’abbondanza e nella umana felicità, sono Spiriti vili, che non progrediscono di un passo. Per conseguenza, il numero degli sfortunati sorpassa di assai quello dei felici in questo mondo, giacché la
maggior parte degli Spiriti cerca la prova, che sarà per essere loro più fruttuosa. Essi vedono troppo bene la vanità delle vostre grandezze e dei vostri piaceri. Del resto,
anche la vita più felice è sempre agitata o turbata, non fosse altro, dalla mancanza del dolore». (Vedi numero 525 e seguenti).
867 - Su che si fonda l’espressione: essere nato sotto una buona stella?
«Sull’antica superstizione, che attribuiva agli astri il destino dell’uomo:allegoria che gli sciocchi prendono alla lettera».
Fonte il Libro degli Spiriti (Allan Kardec)
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